Mondo

Ma il pacifismo sta nei cuori non nelle piazze

Intervista a Grazia Bellini. "Non misuro il pacifismo dalle manifestazioni, ma da quanto educa i giovani".

di Ettore Colombo

«Non si manifesta la partecipazione e la passione solo con i cortei. Il movimento per la pace, la Tavola quanto meno, c?è e si preoccupa anche del rapimento di Clementina Cantoni ma il contesto e la genesi del suo rapimento in Afghanistan sono diversi da quelli già visti in Iraq. Bisogna lasciar lavorare il governo, che ha attivato i suoi canali. Noi comunque ci siamo attivati». Le critiche di chi parla di pacifismo inerte e silente, di fronte al rapimento Cantoni, Grazia Bellini le rifiuta. Piuttosto, preferisce spendersi perché «Si cominci a ragionare anche su quell?intervento militare, sul piano pragmatico prima ancora che dell?etica. Servirebbero meno trionfalismi e più capacità di capire cosa succede lì. L?efficacia dell?azione militare in Afghanistan mi sembra tornata in discussione: doveva garantire la libertà ed esportare la democrazia. Mi sembra un fallimento in entrambi i casi. Dopo essersi chiesti se andare, quando c?è di mezzo un intervento armato, bisogna anche chiedersi quali risultati si raggiungono, una volta partiti. A oggi mi sembra che si sia reso solo più complicato il lavoro degli umanitari». La professoressa Bellini, che da qualche tempo si è affiancata a Flavio Lotti come coordinatore della Tavola della pace, un metodo ce l?avrebbe, per tornare a far vincere la pace. Quello, neanche a dirlo, dell?educazione. Non a caso la intercettiamo mentre sta andando a Rovereto a un meeting di scuole per la pace. L?ex presidente nazionale dell?Agesci ha un compito non facile: preparare e organizzare la prossima Perugia-Assisi. Non sono tempi di grandi mobilitazioni, per i pacifisti, ma la preparazione per la marcia è già partita e la Bellini ne anticipa a Vita i momenti salienti: la marcia vera e propria, che sarà l?11 settembre («Ma è un caso: è la domenica precedente a una cruciale sessione dell?Assemblea generale Onu»), mentre le manifestazioni pacifiste del mondo si terranno il 10, ma anche l?assemblea dell?Onu dei Popoli, che si svolgerà a Perugia nei giorni precedenti, e l?Assemblea dell?Onu dei giovani, che sarà a Terni, una semi-novità «a cui tengo molto», dice la Bellini, «perché i giovani si faranno domande fondamentali per loro: la vita, il lavoro, la giustizia». La Bellini? Una vera ?prof?. Vita: Come mai la Tavola ha deciso di passare da un coordinatore unico, Flavio Lotti, a due? Grazia Bellini: L?idea di sdoppiare la carica tra un uomo e una donna è una pratica cara a un?associazione come l?Agesci, cui appartengo, che la Tavola della pace ha adottato per una maggiore condivisione delle responsabilità. Flavio resta una figura insostituibile ma c?è molto lavoro da fare, ad esempio nel rapporto con le associazioni, con le scuole, con gli enti locali e le associazioni. Vita: Aprite le vostre dinamiche all?interno della Tavola. Il dialogo si allargherà anche all?esterno? Bellini: Lo spirito della Tavola è sempre stato quello del dialogo perché crediamo che la questione della pace riguardi tutti. La ricerca, al nostro interno, è sempre di cercare la condivisione delle scelte, senza appiattirsi sulle decisioni ma approfittando di un dibattito vivo, reale. Tengo particolarmente ai rapporti con il movimento dei Familiari delle vittime dell?11 settembre, che testimonia una volontà di ricerca della pace diverso dal nostro e molto importante. Vita: In Italia, però, il rischio della politicizzazione del pacifismo è sempre dietro l?angolo? Bellini: Non misuro il pacifismo sulla base dei suoi rapporti con la politica ma dalla sua capacità di partire dal cuore, dai comportamenti personali. Non vorrei che si misurasse la vitalità del movimento pacifista dal numero di manifestazioni che organizza ma dalla sua capacità di riflessione, anche politica, che cerca di articolare discorsi di pace in modo profondo e complesso. Riflessione e proposta li ritengo strumenti più validi della capacità di mobilitazione per rappresentare al meglio il movimento. Poi, certo, molte risposte alle domande che facciamo dipendono anche dalla corretta interlocuzione con il mondo politico. Vita: Spesso si dice che i pacifisti sanno solo fare proteste, non proposte? Sull?Iraq, ad esempio. Bellini: Sull?Iraq abbiamo chiesto un segnale di discontinuità forte alla politica attraverso una presenza e una guida internazionale Onu che fosse letta in questo modo anche dagli iracheni. Continuiamo a farlo, anche se la cronaca quotidiana degli avvenimenti di laggiù non fa ben sperare. Solo una forza internazionale di pace può accompagnare il processo di democratizzazione dell?Iraq. In ogni caso spetta alla politica tradurre le indicazioni delle persone e della Costituzione in scelta. Vita: Farete delle richieste precise alla classe politica italiana e ai suoi schieramenti? Bellini: L?approssimarsi delle elezioni può rappresentare una scadenza importante per verificare quali impegni intendono prendere nei confronti del movimento pacifista. Chiederemo impegni concreti, in politica estera, non generiche dichiarazioni di essere desiderosi di pace. Una politica estera di pace è collegata a una politica economica di pace. Il quadro europeo in ogni caso resta fondamentale: l?Europa deve parlare con una voce sola, in politica estera, e noi vogliamo favorirla. Vita: Lei insiste sul tema dell?educazione dei giovani alla pace. Perché? Bellini: Perché credo molto in quello che c?è scritto nella costituzione dell?Unesco: le guerre nascono nei cuori degli uomini ed è lì che bisogna costruire difese di pace. Dobbiamo spiegare ai nostri ragazzi che, in questo mondo, non è possibile solo la guerra, ma che anche la pace è possibile, e ci sarà, ma dobbiamo continuare a chiederla e a costruirla. Su questo sì, mi sento davvero di parte. Delirio antimperialista-Clementina serie b «La Cantoni? Ci auguriamo che si presto liberata, certo. Ma lasciateci dire due parole sulla sua ong, Care…» Comincia così un comunicato diffuso da tale Moreno Pasquinelli del Campo Antimperialista. Secondo lo scrivente, Care è l?organizzazione «più sbagliata che mai», non perché non faccia del bene, ma perché è «collusa con le potenze capitalistiche, Usa in testa» e gode di finanziamenti di malvage «multinazionali» quale «filiale del pensiero unico neoliberista». A parte il linguaggio vetero-becero e l?assoluta assenza di prove per ?accuse? così fantasiose, la perla è la conclusione logica della tiritera: la Cantoni lavora per una ong «sbagliata», quindi noi non ci spendiamo due parole di più. A mobilitarci non ci pensiamo neanche. Scegliamo noi gli ostaggi per cui vale la pena. Gli altri, si arrangino.


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