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Ma il mondo non è fatto di mondi blindati

Perché ha torto

di Redazione

Contro tutti gli estremismi, bisogna affermare che un essere umano non è determinato integralmente dalle sue appartenenze. Personalmente considero le mie origini come un punto di partenza, non un’essenza che mi definisce. E quindi tanto meno una prigione…di Ouejdane Mejri
La riconquista della Spagna con la caduta di Granada nel 1492 ha segnato una grande svolta nella storia europea. Per i vincenti, non si trattava unicamente di una vittoria politica, ma anche religiosa e culturale. Concludere tale vittoria significava sradicare dalla memoria tutta una storia comune, nella quale l’Oriente e l’Occidente, islam, giudaismo e cristianesimo appartenevano al medesimo mondo. Cinque secoli più tardi, questa rottura fondata sull’amnesia, continua a funzionare e a nutrire odio e xenofobia.

Nuova ideologia. Nuovo nemico
«Uno spettro si aggira per l’Occidente, lo spettro dell’islamismo. Tutte le potenze del vecchio e del nuovo mondo si sono alleate in una santa caccia spietata a questo spettro». Parafrasando il Manifesto del partito comunista di Karl Marx, scritto nel 1848, potremmo riassumere in poche righe il sentimento che si è impossessato delle classi dirigenti del Nord, accostati da qualche intellettuale preoccupato di difendere i valori del “mondo civile” da quello dei “barbari”. Nemico “ideale” per l’Occidente, l’islam combina la minaccia esterna – rappresentata dalla nebulosa di al-Qaeda – e la minaccia interna che costituiscono i milioni di musulmani ormai installati in Europa e negli Stati Uniti.
Lo “scontro delle civiltà” teorizzato da Samuel Huntington sembra avere avuto funzione di nuova ideologia, sostenuta prima dall’amministrazione dell’ex presidente americano Bush e sviluppata poi in modo esponenziale dai mass-media e da alcuni intellettuali occidentali. Questa teoria afferma che esiste una differenza irreducibile tra le civiltà: i loro principi sono eterogenei e inassimilabili tra una civiltà e un’altra. In un futuro prossimo, prediceva Huntington nel 1996, uno scontro opporrà fatalmente l’Occidente, che domina il mondo, e le civiltà cinesi e arabo-musulmane. Perché l’Occidente rappresenta una certa idea di libertà che non può essere condivisa dalle altre due.
Sussiste però una strana contraddizione. La nozione di libertà ha senso, in effetti, solo se un essere umano non è completamente determinato dalle sue origini e dalla sua appartenenza a una civiltà. Infatti l’Occidente afferma (attraverso i diritti dell’uomo) che nessuna civiltà potrebbe determinare totalmente gli individui che la compongono, perché un individuo prima di appartenere ad una civiltà è un essere umano. Invece Huntington, per affermare che lo scontro delle civiltà è ineluttabile, è costretto ad affermare un determinismo totale delle civiltà: un musulmano, per definizione, non può che opporsi a un occidentale, perché i valori delle loro rispettive civiltà sono incompatibili.
Gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 hanno liberato la parola, autorizzato a dire ciò che non si osava neanche pensare. L’orrore ha permesso di nominare l’altro, il nemico, la minaccia, di dargli un viso nell’icona di Bin Laden, alla quale si riportano le bande delle banlieue come i clandestini del Ponte Vecchio, nella confusione generale dei sentimenti. La tesi che Huntington condivide con gli estremisti islamici presuppone che gli individui che compongono una civiltà le siano attaccati organicamente a tal punto da rinnegare l’idea di libertà.
La realtà però contraddice sia i terroristi sia Huntington. L’intera storia lo dimostra: le civiltà si incontrano, si influenzano e si “inter-fecondano”. Senza questo nessuna civiltà evolverebbe, senza questo non ci sarebbe stata Storia.

Alleanza di civiltà?
In un discorso fatto a Istanbul per la presentazione del Rapporto sull’alleanza delle civiltà, nel novembre del 2006, Kofi Annan ha sottolineato che la fusione delle differenze – che siano di opinioni, di cultura, di credenze o di modo di vivere – è stato da sempre il motore del progresso umano.
Bisognerebbe quindi sostituire alla visione delirante di Huntington un appello al “dialogo delle civiltà”, promuovendo un dibattito tra islam e Occidente? Il rischio non sarebbe quello di accreditare l’idea di una coerenza interna che fa dell’Occidente e dell’islam degli oggetti identificabili, chiusi, chiaramente definiti? L’islam non è né pacifico né violento. Pesa ben poco nelle realtà del mondo musulmano, anche se gli attori tendono ad esprimere le proprie rivendicazioni in termini islamici. Bisogna a questo punto prenderli in parola?
Nessun filo rosso lega l’insicurezza nelle banlieue britanniche o francesi, il conflitto israelo-palestinese, la guerra in Iraq, le tensioni nel Kashmir, nello Xinjiang e le lotte in Indonesia. Paradossalmente, il discorso sul monolitismo o l’unicità dell’islam è una semplice ripresa, a specchio, di quanto affermano gli islamisti più radicali. Anch’essi vedono spesso l’Occidente come un nemico globale e non misurano i conflitti d’interesse e i dibattiti contradditori che lo attraversano.

Reciproca contaminazione
In realtà, l’islam ha portato il suo contributo alla civiltà occidentale, malgrado tutti gli sforzi spesi oggi per dimenticarlo. La presenza di milioni di musulmani in Occidente rende le sovrapposizioni ancora più dense. Esiste oggi, “qui” e “lì”, un’affluenza di correnti, di forze, di tendenze anche se dall’altra parte si esprimono spesso attraverso il linguaggio religioso – l’attaccamento culturale alla religione è una caratteristica dell'”area musulmana”. Il dialogo – o il confronto – potranno avere luogo sia nelle alleanze sia negli scontri tra le forze di qui e di là. Contro tutti gli estremismi, bisogna affermare che un essere umano non è determinato integralmente dalle sue appartenenze, ed è la ragione per la quale può incontrare l’altro, arricchire l’altro e arricchirsi di seguito. Bisognerebbe ricordare che ogni uomo ha la possibilità di allargare i propri spazi di libertà imparando a oltrepassare le diverse identificazioni che creano un “io” fittizio. Personalmente considero le mie origini come un punto di partenza, non un’essenza che mi definisce. La civiltà da cui provengo è una sorgente alla quale guardo per capire di più di me stessa. Non è certo una prigione.

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