Cultura

Ma il cielo delle Fiandre ci salverà dall’orrore?

Il grande scrittore tedesco era pacifista.E con le parole rende tutta l'ntollerabilità della guerra, più di ogni immagine

di Guido Conti

Alla guerra associo sempre l’idea del cielo. Il cielo è ciò che continuamente guardavano i prigionieri ad Auschiwtz. Quei prigionieri avevano sempre gli occhi verso il cielo. Il cielo è la bellezza immobile, è l’indifferenza del mondo e della natura al dramma degli uomini. Lo aveva capito bene Hitchcock quando montò un documentario sui campi di concentramento: giustappose alle immagini dell’orrore dei campi girate dai primi soldati americani, quelle idilliche di una natura incontaminata. Il cielo è la grazia dell’infinito, del silenzio che contrasta l’orizzonte basso dell’orrore e della guerra. Il Novecento ci ha lasciato in eredità questa nuova idea della guerra, questa nuova idea della memoria e dell’orrore.
Alla fine di questo secolo ci si chiede sempre cosa ci porteremo nel nuovo tempo e ciò che abbandoneremo alla polvere del tempo. In verità il Novecento lascia in eredità alle generazioni future un secolo di sangue. Alla fine di questo secolo siamo condannati a non dimenticare più. Siamo prigionieri dell’ossessione della memoria, di quelle immagini che vediamo scorrere sul teleschermo, che vediamo mentre siamo seduti a tavola. È la Storia, sono i fantasmi della storia che entrano nelle nostre case, quotidianamente. Non possiamo dimenticarli. I fantasmi ci guardano dal teleschemo dal pozzo del tempo e interrogano i nostri occhi. Così capita che oggi, rileggere questo famoso romanzo di Eric Maria Remarque, voglia dire leggerlo in maniera molto diversa. Perché le immagini del Novecento, questa memoria infranta di orrori e di morte, non possiamo più dimenticarla, non possiamo più cancellarla dagli archivi: ha cambiato anche il nostro modo di leggere quel libro. Niente di nuovo sul fronte Occidentale esce nel 1929 insieme ad un’altra importante opera come Addio alle armi di Heminguay. Due grandi romanzi sulla generazione perduta, quella che ha vissuto la giovinezza nel dramma della prima guerra mondiale: la grande guerra che ha aperto il Novecento e gli ha dato una svolta senza ritorno. Ci tenevo a parlare di questo libro e ho ritagliato tre pezzi che portano a fare delle riflessioni. Fanno pensare o offrono al lettore alcune chiavi di lettura. Come nel terzo brano che proponiamo, dove il ferito colpito alla schiena o al bacino, costretto a morire nel dolore atroce, è una voce che arriva dentro di noi. Quando leggiamo in silenzio, la voce dell’autore scende dentro di noi e diventa la nostra voce, risuona nella nostra anima. Restano nella nostra memoria. Le immagini non potranno mai restituirci quelle voci. Eppure mentre rileggevo quelle pagine, pensavo ai contadini morti dentro le case del Kosovo, alle intere famiglie sterminate, alla gente che si teneva la mano col fazzoletto davanti alla bocca. L’esperienza della lettura è qualcosa di molto più complesso rispetto al passato. La memoria delle immagini ha cambiato il nostro modo di leggere e di rileggere, di fare esperienza sul presente e sul passato. È diventata qualcosa di difficile, che non si stacca dall’orrore quotidiano che si vive oltre il mare, nelle terre della discordia, in faccia agli stabilimenti balneari della costa adriatica.

Guido Conti:
un ricercatore del Novecento

Guido Conti (è nato a Parma nel 1965) quest’anno con I cieli di vetro (Guanda) è stato finalista al premio Campiello e al premio Alassio. Ha fondato e dirige la rivista letteraria Palazzo San Vitale per il recupero delle tradizioni letterarie del Novecento e la pubblicazione di inediti. Ha pubblicato (Guaraldi) una raccolta di racconti, Della pianura e del sangue (1995) cui è seguito, l’anno dopo, Sotto la terra il cielo. Tra i suoi libri, Il coccodrillo sull’altare (Guanda, 1998) è stato selezionato al Premio Comisso e al Premio Chiara.

Erich Maria Remarque:
testimone dal fronte della guerra

Erich Maria Remarque nasce in Germania nel 1898 ed è uno dei più rappresentativi scrittori tedeschi di questo secolo. Combattente durante la prima guerra mondiale, venne più volte ferito. È conosciuto dal grande pubblico soprattutto per il suo romanzo pacifista Niente di nuovo sul fronte occidentale, pubblicato nel 1929 (da cui sono tratti i tre brani scelti da Conti). Un’altra sua opera da ricordare è Arco di Trionfo, edito nel 1946. Muore nel 1970. Da Niente di nuovo… è stato tratto un film nel 1979 premiato con tre nomination agli Emmy Awards.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.