Famiglia

Ma il bimbo, ci azzecca?

Don Gino Rigoldi, da 26 anni cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, i problemi dei ragazzini a rischio li conosce bene. Per questo s’indigna di fronte a tanto bla bla. «Alla gente piace p

di Giampaolo Cerri

Bambinismo, vedi alla voce ipocrisia. In Italia ormai il politicamente corretto fa rima con l?infanzia. Dopo anni di indifferenza e di oblio, i bambini sembrano essere diventati una moda. Rubriche a loro dedicate spuntano ormai su tutti i periodici femminili, mentre dilagano i convegni e i seminari che enti e amministrazioni, dalle Alpi al Lilibeo, dedicano all?argomento. Per non parlare della pedofilia, bellamente ignorata fino a un paio di anni or sono. Una nouvelle vague che spesso non entusiasma chi a questi problemi ha dedicato e dedica la vita. Come don Gino Rigoldi, da ventisei anni cappellano del Cesare Beccaria, il carcere minorile di Milano. Un sacerdote che di ragazzini ne ha conosciuti tanti: li ha visti entrare in prigione a 14 anni, per poi tornare, una, due, tre volte. Finché, per alcuni di loro, è arrivato il momento di San Vittore. Di giovani a rischio, don Gino si occupa anche fuori dalle mura della prigione: nel quartiere milanese della Barona, con un gruppo di volontari, dalle rovine di una fabbrica ha fatto nascere il Barrio?s, formidabile centro di aggregazione per gli adolescenti del quartiere. Con l?aiuto di Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, del regista Ermanno Olmi e di tanti altri amici ha costruito uno spazio teatrale, un bar, una biblioteca, aule per corsi di formazione. Don Gino è uno di quelli che quando sente parlare di manifestazioni di piazza contro la pedofilia si inquieta. «Ma sì, perché penso al numero dei minori segnalati ai servizi sociali e a quanto pochi siano gli assistenti sociali che li possano seguire», spiega. «Sono situazioni per le quali nessuno si indigna, nessuno manifesta Il disadattamento grave, quello che poi porta alla devianza, alla tossicodipendenza, spesso ha una storia lunga», ricorda don Rigoldi. «È già evidente quando i bambini frequentano la scuola dell?obbligo». Perché allora, si domanda il sacerdote, nessuno alza mai la voce per chiedere di rinforzare la presenza degli insegnanti nelle scuole di quelle zone a più alto degrado sociale? Si facciano, insiste, i cortei per ottenere maestri e professori in grado di riconoscere e gestire il disagio, in modo che «non diventi distruttività». Ma per questo, ripete il cappellano del ?Beccaria?, nessuno ha voglia di mobilitarsi. Le ragioni? Don Gino parla di disinformazione, ma anche di ipocrisia: «Se vai a chiedere a queste persone: ?Ho un bambino di quattro anni, non so dove metterlo, me lo prendi a casa tua??, ti rispondono che hanno la nonna anziana, che devono fare il weekend, ecc… Non voglio fare lo psicologo da quattro soldi», dice don Gino, «ma credo che la gente ami lo spettacolo, in particolare la protesta, perché l?idea che ci sia qualcuno peggiore fa star bene: si criticano volentieri gli altri, almeno ci si sente un gradino sopra». Quanto alle ?città a misura di bambino? e all?enfasi di certi amministratori, don Gino ha le idee chiare: «Son tutte balle», sbotta Rigoldi. «Ormai non si progetta più una casa che abbia un cortile, uno spazio per giocare. In certi quartieri non si trova più un giardino e, se c?è, è appannaggio dei cani (altro che tossicomani!). I nostri amministratori», conclude, «prima di dirle le cose dovrebbero farle!». La stampa ha le sue colpe. «È purtroppo molto sensibile ai drammi e poco ai percorsi di normalità», osserva. «Per la violenza ci sono sempre sui giornali tante colonne a disposizione, mentre di un progetto educativo di strada, che ci fa recuperare i ragazzini che si fanno le ?canne? in piazza, non riusciamo a darne notizia. È una tendenza che va invertita. Magari trovando linguaggi nuovi, rendendo questi fatti interessanti».


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