Volontariato
Ma grazie a noi il mondo riflette
Amnesty e Nessuno tocchi Caino scommettono sul cambiamento: «La nostra mobilitazione non è stata una sconfitta. E non molliamo»
Dopo l?esecuzione di Joseph O?Dell si è aperto un varco nella lotta per l?abolizione della pena di morte. Per la prima volta la B.a. r. association, l?equivalente americana dell?Unione delle camere penali, ha chiesto alla Corte Suprema la moratoria delle esecuzioni, mentre la Corte d?appello federale della California ha salvato Thomas Martin Thompson dalla morte 24 ore prima dell?esecuzione. E anche in Italia le cose sembrano cambiate: oltre all?impegno del nostro governo aumentano sempre di più i cittadini che vorrebbero fare qualcosa per impedire le prossime esecuzioni.
«Voglio il cuore per colpire la testa». Così il presidente di Amnesty International, Daniele Scaglione, aveva commentato il giorno dopo l?esecuzione di Joseph O?Dell, giustiziato nel carcere di Greensville in Virginia il 24 luglio scorso. Il cuore l?aveva avuto, sicuramente. L?Italia di fine luglio infatti è stata scossa da un fremito. Dai parlamentari mobilitati per chiedere la moratoria delle esecuzioni sino al 2000, anno del Giubileo, agli accorati appelli del nostro presidente del Consiglio; dalle richieste di clemenza da parte del Papa e di madre Teresa di Calcutta fino alla spettacolare cerimonia organizzata dal sindaco palermitano, Leoluca Orlando, e al macabro conto alla rovescia in diretta da Campo dei Fiori, il cuore di molti italiani ha pulsato dalla parte dei condannati a morte.
Ma la testa no: alle tre della mattina del 24 luglio quando Joseph O?Dell è stato giustiziato, il fiume di inchiostro si è interrotto. I curiosi e gli ultimi arrivati sono tornati a casa, la sete di giustizia si è acquietata ed è rimasta solo l?immagine di una lettiga vuota, ma implacabile. O?Dell è stato ammazzato e 10 giorni dopo la macchina si è rimessa in moto: quattro giapponesi sono stati impiccati fra cui un minorenne all?epoca del reato e la notizia è passata in secondo piano.
Sembrava proprio che il cuore si fosse messo a guardare altrove e la testa fosse destinata a rimanere immobile, eppure qualcosa è cambiato. Secondo Sergio D?Elia dell?associazione Nessuno tocchi Caino il caso O? Dell rappresenta uno spartiacque nella battaglia contro la pena di morte: «In Italia sono tantissimi i cittadini che chiamano per sapere come fare a impedire le prossime esecuzioni» ha detto D?Elia a Vita, «senza il sacrificio di O?Dell non sarebbe successo. La macchina propagandistica si è diversificata. Questa volta non ci siamo limitati agli appelli al governatore o alla raccolta di firme. I mass-media si sono mobilitati, abbiamo fatto sit-in davanti all?ambasciata americana, ci sono state mozioni parlamentari, appelli governativi, decine di conferenze stampa e una risoluzione del Parlamento europeo». Ma per D?Elia la battaglia è solo all?inizio: «Ora bisogna battere la pista internazionale ed ottenere la moratoria di tutte le esecuzioni alle Nazioni Unite per portare tutti i paesi giustizialisti gradualmente verso l?abolizione. Non è un caso che tutti gli ex paesi socialisti stiano cedendo di fronte alla pressione internazionale. L?Ucraina, che si è impegnata davanti al Consiglio d?Europa ad abolire la pena di morte entro tre anni e dall?inizio dell?anno non ha mandato al patibolo più nessuno, è un esempio».
Non così trionfalista è invece il presidente di Amnesty International, Scaglione: «Per considerare un paese salvo dal tarlo del giustizialismo devono passare almeno 10 anni senza condannati a morte. Il caso O?Dell è servito a sensibilizzare l?opinione pubblica ma si tratta sempre di una vicenda conclusasi con una morte, quindi una sconfitta. In futuro la nostra strategia principale sarà quella delle ?azioni urgenti?, raggiungere in tempo reale le autorità dei paesi che stanno mandando a morire un detenuto per subissarle di proteste. In passato siamo riusciti a salvare qualche vita in questo modo. Certo dobbiamo lavorare sull?onda dell?emotività per l?uccisione di O?Dell».
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