Famiglia

Ma è un trampolino unico

Il 13 e 14 dicembre la manifestazione di Amnesty

di Redazione

«Il futuro? Sono ottimista: a partire dalla moratoria sulla pena di morte» di Paolo Pobbiati*
S i doveva fare di più. L’osservazione viene spontanea se facciamo un bilancio relativo all’attuazione della Dichiarazione universale dei diritti umani in questi primi sei decenni di vita. Il 2008 avrebbe dovuto essere l’Anno dei diritti umani, ma forse rimarrà nel nostro ricordo per le tante occasioni andate perdute. È deludente il bilancio dell’impatto su un Paese grande e fondamentale negli equilibri del mondo come la Cina, che non ha saputo cogliere l’opportunità rappresentata dai Giochi olimpici per dare un segnale concreto di miglioramento in tema di diritti umani. La breve ma tragica guerra in Abkhazia e in Ossezia del Sud, oltre al suo carico di lutti e di devastazione, riapre il mondo a una serie di scenari di contrapposizione e di paura che speravamo fossero definitivamente relegati al passato. Dopo quasi sei anni, la situazione di centinaia di migliaia di persone in Darfur non accenna ancora a migliorare a causa della mancanza di volontà delle grandi potenze, più interessate a trarne qualche vantaggio che a trovare soluzioni. I recenti combattimenti nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo allontanano il continente africano dalla realizzazione dei diritti riconosciuti dalla Dichiarazione universale.
Ma se guardiamo in prospettiva, molto è cambiato: tanti segnali che arrivano dalla comunità internazionale, dalla società civile e dall’opinione pubblica lasciano ben sperare per il futuro. Prende corpo il tentativo di affermare l’idea di una giustizia internazionale che abbia un ruolo sempre maggiore; alcuni passi realizzati dalle Nazioni Unite, come il via ai lavori per un trattato che regolamenti il commercio di armi o la moratoria sulla pena di morte, vanno nella giusta direzione. Forse, più di ogni altra cosa, ciò che lascia sperare in un futuro migliore è la sempre maggiore consapevolezza che i diritti umani non sono una categoria a se stante, ma lo strumento e il presupposto per permettere a ogni persona di poter condurre una vita dignitosa.
Ma per creare le condizioni perché tutto ciò non vada perduto, affinché tanti passi in avanti compiuti sinora non diventino nella sostanza promesse mancate, occorre un impegno che possa portare i contenuti e i valori della Dichiarazione universale in un mondo in rapida trasformazione, che presenta nuove sfide ma anche nuove, grandissime opportunità, che non devono essere lasciate cadere. E il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale rappresenta un’occasione unica per rilanciare questo impegno, per testimoniare la sua importanza e per chiederne l’applicazione.
Amnesty International scenderà in piazza, il 13 e 14 dicembre, a pochissimi giorni dall’anniversario, per le Giornate Amnesty, l’iniziativa nazionale di autofinanziamento: chiunque condivide questo ideale potrà partecipare con un piccolo ma significativo gesto, acquistando la candela, simbolo di Amnesty International da 47 anni, e il bellissimo cd che raccoglie 17 brani di altrettanti musicisti italiani dedicato proprio a questa ricorrenza.
Buon anniversario a tutti e a tutte voi.


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