Formazione

Ma Dio non vuole! Cronaca dall’aldilà

Basta guerra. In un racconto di Enzo Fontana tre personaggi morti per Gerusalemme si incontrano nell’altra vita e continuano a litigare

di Enzo Fontana

Comincia con la visione di due anime scagliate a migliaia di chilometri di altitudine questo microdramma. Mentre volano in cielo (forse in virtù dei meriti, oltre che per certe cause balistiche) guardano di sotto e vedono la Terrasanta e gli altri luoghi della storia cari al cuore di milioni di discendenti di Abramo. Vedono l?Egitto, il mar Rosso, la penisola del Sinai, il golfo di Aqaba, l?Araba, il mar Morto, la Palestina, il lago di Genesaret, la costa dei Filistei?
«Ecco la terra promessa per cui sono morto», dice una delle anime che appare molto malridotta, a brandelli, bruciacchiata.
«Scusi, ma di quale terra parla?», chiede l?altra anima, non meno melanconica.
«Israele».
«Palestina».
La prima anima ad aver parlato tentenna il capo.
«In effetti, comunque la si chiami, considerata da questa altezza è un po? deludente».
L?altra annuisce.
«Sembra una crosta di pane. Vista da quassù la Palestina sembra arida e brulla».
«Posso chiederle come ci è arrivato quassù?»
«Missile israeliano. E lei?!
«Bomba di Hamas».
«Capisco».
«Anch?io la capisco».
«Un tizio mi si è avvicinato e mi ha detto: ?Scusi, ha da accendere??».
«Era di Hamas?».
«Sì, era un terrorista suicida».
«Un martire».
«Io sono un martire, guardi come sono ridotto».
«Lei era ebreo?».
L?anima si tasta il sommo del cranio.
«Come ha fatto a capirlo, dal momento che ho perso lo zuccotto?».
«è vero, la morte ci ha stravolti».
«Invece lei era arabo?».
«Di Palestina, ma cosa conta ormai?».
«Non so risponderle».
«Valeva la pena di morire per Gerusalemme?».
«Morire? Per la verità non ci pensavo affatto».
«Anch?io volevo vivere».
A questo punto dell?ascensione si vede arrivare una specie di fantasma. Accompagnato da un gran rumore di ferraglia. è uno spirito con l?armatura tutta arrugginita, in groppa allo scheletro di un cavallo lanciato al galoppo.
«Scansatevi», grida, «altrimenti vi infilzo e vi travolgo!».
Le due anime fanno appena a tempo a scansarsi e a gridargli dietro.
«Maleducato!».
«Cretino!».
Il cavaliere tira le redini e punta i piedi nelle staffe. Il cavallo, pardon lo scheletro, si imbizzarisce perdendo due o tre costole. Il cavaliere fatica a riprenderne il controllo.
«Cosa avete detto?» dice ritornando indietro al passo, a fatica, come se un vento siderale gli soffiasse contro.

«Con tutto lo spazio che c?è, lei deve orbitare proprio qui?», dice l?arabo.
«Che sia il fantasma di don Chisciotte», dice l?ebreo tra sé e sé, ma non abbastanza per non farsi sentire.
«Ma quale don Chisciotte! Chi era questo don Chisciotte?».
«Una triste figura, proprio come lei».
Il cavaliere guarda ora l?uno e ora l?altro.
«Ma vi siete visti allo specchio?». L?ebreo e l?arabo si guardano in faccia, e devono ammettere che appaiono tristissimi.
«Chi siete, signor cavaliere?», chiedono all?unisono.
«Uno che è morto per Gerusalemme!».
«Anche lei?», dice l?arabo.
Si ode un coro nell?alto dei cieli:
«Ha fatto più morti Gerusalemme della peste nera!».
L?arabo e l?ebreo si guardano allibiti, inquieti, per non dire spaventati, ma vedendo che il cavaliere non si è scomposto, anzi che sorride colla bocca sdentata, un po? si tranquillizzano.
«Erano angeli?», gli chiede l?arabo.
«O forse erano diavoli?!», gli chiede l?ebreo.
«Né gli uni né gli altri», risponde il cavaliere scendendo di sella. «Era l?eco dei morti in battaglia, dei morti di fame, dei morti di peste. Anch?io ero del coro, cavaliere di Goffredo di Buglione, il conquistatore di Gerusalemme».
«Ahi, Saladino, aiutami tu!», si lamenta l?arabo.
«Mamma li crociati!», dice l?ebreo.
Si ode, per la seconda volta, il coro dall?alto dei cieli.
«Dio non lo voleva!».
«Disfattisti!», risponde il cavaliere. E rivolto alle due anime:
«Detesto chi si ricrede solo dopo la morte».
Intanto il terzetto è giunto in vista di un?incredibile città a pianta quadrangolare, sospesa in cielo. L?ebreo e l?arabo restano a bocca aperta, mentre il cavallo del crociato scalpita.
«Che sia?? Possibile che sia?».
«Non oso pronunziare il suo nome», dice l?ebreo. «Mi tremano le gambe dall?emozione».
«è lei«, dice il cavaliere con voce commossa. «è Gerusalemme , la celeste…».
Mentre si avvicinano, l?ebreo scruta se sulle torri sventoli la bandiera di Israele, l?arabo cerca la bandiera palestinese, ma non si vedono bandiere, nemmeno quella crociata. Le mura appaiono sguarnite di angeli e alle porte, spalancate, non sono di guardia i cherubini. Il cavaliere, l?ebreo e l?arabo si fermano e si mettono a pregare, non insieme, ma ciascuno secondo la propria religione. Il momento è solenne, ma dura poco, perché ognuno spia gli altri, e ha in mente di innalzare il proprio vessillo.
«Rivendico la Città santa al popolo di Israele», dice a un tratto l?ebreo.
«Prendo possesso di questa città in nome dell?Islam», dice l?arabo.
«Erano quasi mille anni che la cercavo nell?infinito, e intendo piantarci il mio cuore crociato», dice il cavaliere.
I tre sono molto tesi, quando odono una voce che viene dalla celeste Gerusalemme:
«Oh anime perse», dice, «cosa vi prende?».
Con voce di uno che si fa forza, il cavaliere dice: «Ci prende la smania di sapere quale vessillo sventoli su questa città. Io son cavaliere, non ci ho dubbi teologici, e pongo questa domanda più che altro per questo giudeo e per quell?altro saraceno».
«Non ho bisogno che un crociato analfabeta parli in vece mia», si risente l?ebreo.
«Sei forse l?angelo Gabriele?», osa chiedere l?arabo alla voce, la quale dopo un po? risponde:
«Chi sia colui che vi sta parlando non ha importanza, ma sappiate che nessun vessillo sventola su questa città che è deserta, anzi è rimasta incompiuta nella mente del Creatore. Per chi concepire la Città celeste, visto il sangue che è scorso per la Gerusalemme terrena?».
«Se non per noi che certo non lo meritiamo», dice l?ebreo, «non dimenticare quei pochi giusti che in ogni epoca giustificano l?esistenza del mondo davanti agli occhi di Dio».
«Per loro c?è l?infinito cielo stellato, per voi i rimpianti per una briciola dell?universo», dice la voce. «Considerate la maestosità dei cieli, l?ineffabile, e poi guardate, se vi riesce, la meschinità delle vostre pretese su quella santa briciola di terra per cui da millenni vi scannate».
«Forse che Dio non vuole la guerra santa contro gli infedeli?», dice l?arabo.
«Dio non lo vuole, veramente Dio non ha mai voluto che per quella terra fosse versata anche una sola goccia di sangue».
«E per cosa partimmo noi?», dice allora il cavaliere. «Per cosa patimmo la sete e la fame, le febbri e le spade? Per cosa conquistammo Gerusalemme, e nell?impresa lasciammo la giovinezza e la vita?».
«E l?innocenza, non dimenticarlo», dice la voce, «che fu la prima a cadere. Patiste e moriste per niente, o forse per vanità, o per l?oro, o per il sapore dell?avventura, per i vostri vent?anni. Certo è che persino i migliori tra voi presero lucciole per lanterne».

E detto questo, la voce tace e la città scompare d?incanto, com?è apparsa. Il cavaliere, l?ebreo e l?arabo cominciano a ricadere dalle porte della Gerusalemme celeste alla Gerusalemme terrestre, magari per reincarnarsi in altrettanti fantolini, per altri mille anni di guerre e di lacrime e sangue.

Enzo Fontana 28 maggio 2001

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