C’è da restare increduli a conteggiare le risorse pubbliche via via rese disponibili per salvare il mercato finanziario e quello interbancario. In Europa siamo già oltre i 2.000 miliardi di euro (il Pil italiano ammonta a 1.600 miliardi di euro, per avere un termine di paragone). Ma come? Da anni si diceva che gli Stati erano senza risorse e che le casse erano vuote. Non c’erano soldi per il Welfare, per la scuola, per la lotta alle povertà, per la cooperazione allo sviluppo. E invece.
Invece, le misure nazionali previste dall’accordo annunciato domenica scorsa a Parigi nel vertice dei capi di Stato e di governo dei 15 Paesi della zona euro (Eurogruppo) sono di dimensioni abnormi. Vari Stati hanno ufficializzato aiuti pubblici per garantire i prestiti e per le ricapitalizzazioni delle banche per 1.260 miliardi di euro, che portano la somma complessiva finora destinata a frenare la crisi dei mercati in Europa a oltre 2 mila miliardi di euro.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato garanzie sui prestiti interbancari e per la ricapitalizzazione delle banche in difficoltà pari a 480 miliardi di euro. Sarkozy ha messo a disposizione 360 miliardi. 100 miliardi di euro hanno previsto Spagna e Austria, l’Olanda 200, il Portogallo 20, l’Italia 20. E ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha garantito che l’Italia stanzierà «quanto necessario». Le somme annunciate ieri si aggiungono ai 380 miliardi del piano del premier britannico Gordon Brown, ai 400 miliardi impegnati dall’Irlanda e a quelli sborsati dai governi del Benelux per salvare Fortis e Dexia.
Non siamo così ingenui da non capire che un intervento era dovuto affinchè gli effetti della tempesta finanziaria non si scaricassero sull’economia reale con conseguenze difficilmente preventivabili, ma resta tutto il nostro stupore. I soldi, quindi, c’erano, ed erano tanti.
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