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M.O: l’appello di una ex deportata: «Fate la pace»

Le accorate parole di Elisa Springer, ebrea di 84 anni, sopravvissuta a tre lager nazisti

di Mara Mundi

?C?era una volta la vita che avrei voluto vivere, poi Hitler l?ha spazzata via?. Ha scelto queste parole Elisa Springer, per cominciare il suo racconto di dolore e di morte nei campi di sterminio nazisti.

L?autrice del libro autobiografico ?Il silenzio dei vivi? è intervenuta, ieri sera a Foggia, al terzo appuntamento del ciclo di incontri ?Uno spazio per la pace?, promosso dall?Amministrazione provinciale, a partire da lunedì 8 fino a sabato 13 aprile.

Silenzio e commozione del pubblico hanno accompagnato il racconto di questa donna viennese, di religione ebraica, 84 anni, sopravvissuta agli orrori dei lager. Deportata il 2 agosto 1944, liberata dalle truppe russe nell?aprile del 1945: in mezzo tre lager, Auschwitz Birkenau, in Polonia, Bergen-Belsen, vicino al confine olandese, e Raghun, a cinquanta chilometri da Lipsia.

?In quei luoghi di sofferenza e di ingiustizia, ogni sentimento era bandito: l?uomo si trasformava in bestia. Ognuno di noi, veniva sottoposto a torture inaudite, a cominciare dall?appello che poteva durare dodici ore sotto la neve, oppure sotto un impietoso sole cocente?. Ha la voce ferma e decisa, Elisa Springer, che per quasi mezzo secolo ha preferito tacere, offesa ?dall?indifferenza e dalla vigliaccheria di coloro che, ancora adesso, negano l?evidenza dello sterminio?.

La decisione di mettere nero su bianco la sua triste esperienza, affidandola alle pagine di un libro, è stata presa su invito del figlio Silvio, un medico che ha dedicato tempo ed energia alla ricerca della verità. Il suo obiettivo era quello di svelare abusi ed esperimenti compiuti dai medici nei campi di concentramento e di sterminio. Portò all?attenzione pubblica anche i 68 lager del nostro Paese, fra cui quelli di Fossoli (Modena), Ferramonti di Tarsia, in Calabria, e Alberobello, in Puglia.

Dal coraggio e dalla determinazione di questo figlio, tanto desiderato e prematuramente scomparso, Elisa trae la forza di portare la sua testimonianza in giro per l?Italia. Un impegno che, ormai, mantiene da oltre sette anni. ?Non basta il rito del ricordo, come la giornata del 27 gennaio che omaggia le vittime della Shoà? ha detto la signora Springer, rivolgendosi al numeroso pubblico presente. ?Dobbiamo puntare alla cultura della memoria, per non dimenticare crimini e persecuzioni, che ancora si ripetono?.

Quando ritrovò la libertà, Elisa pesava 28 chili, sul corpo portava i segni delle torture subite: il numero A-24020, tatuato con un ago rovente sull?avambraccio sinistro; la cicatrice di una bruciatura sulla coscia destra, punizione ricevuta per aver sorretto un?amica sul punto di svenire.

?Le ferite dell?anima sono le più difficili da sopportare, soprattutto quando i venti di guerra, molti anni più tardi, spirano con immutata forza?. Così parla, una donna che ha visto altre donne con i loro bambini ?passare per il cammino?, ridotte in cenere dal forno crematorio numero 2 di Birkenau. Una donna che ha sepolto le ceneri di suo padre, spedite nell?urna con un pacco posta dal lager di Buchenwald, e che in nome della razza ariana ha perso la mamma e quattro zii. ?A guardare quello che sta succedendo in Medio Oriente? ha aggiunto la Springer ?sembra che l?uomo non abbia imparato il principio di base dell?esistenza: noi, apparteniamo tutti alla stessa razza?.

Poi, sul conflitto Israele-Palestina, ha detto: ?Chi vuole la pace deve tendere la mano al nemico. Spero lo facciano presto anche Arafat e Sharon. L?uomo, da qualunque parte del mondo provenga, vive, ride e soffre allo stesso modo. Non si qualifica un essere umano per il colore della pelle?. Lungo l?applauso della platea, che ha arricchito il dibattito con domande, riflessioni e considerazioni.

In conclusione, un invito ai più giovani: ?Ragazzi, accontentatevi di quello che avete: il mio domani, adesso, è nei vostri occhi?.

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