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Luttwak: «Bisogna proibire l’azzardo perché è contro l’interesse pubblico e la sicurezza»

L'azzardo è un disvalore, non va incentivato ma represso. Lo spiega il politologo americano che ricorda: «Negli Usa i casinò li costruiamo nel deserto», in Italia c'è invece chi li vuole aprire nel cuore dei quartieri di ogni città

di Marco Dotti

«Il gioco d'azzardo è una attività economica ed è normale che si faccia lobbing, come avviene in qualsiasi altro settore». Ma l'azzardo legale è «un tipico caso in cui l'interesse pubblico è subordinato a un interesse privato». Quindi, secondo Edward Luttwak, intervistato da Sara Michelucci per Gioconews, non conviene girarci troppo attorno. Il problema, per il politologo già consulente strategico del Governo degli Stati Uniti, è soprattutto di contesto. E quello italiano, «a causa del suo sistema giudiziario» è un contesto particolarmente fragile e problematico. Tre i temi che Luttwak invita a considerare con attenzione.

Lobby: chi teme la trasparenza?

Primo tema: la lobby. «Negli Usa la cosa è molto semplice; per fare lobbing devi registrarti come agente di un interesse esterno. Se non ti registri, vai in prigione». L'attività di lobbing non è predefinita legalmente però, spiega Luttwak, «chi fa questa attività deve rendere pubblico il nome dei suoi clienti. Un lobbista che vuole nascondere i propri clienti non sarebbe accettato e sarebbe denunciato negli Usa». Se l'azione di lobbing è fatta in trasparenza può anche essere positiva positiva, perché rappresenta pubblicamente un interesse. L'oscurità, al contrario, non si addice al confronto, ma al conflitto. Quindi, prosegue Luttwak, «da un lato ci sono i lobbisti, dall'altro ci sono i sindacati, che rappresentano interessi contrapposti in totale trasparenza. Il lobbista genera proposte, si presenta con argomenti e analisi». Ma tutto questo in un sistema dove vigono regole e le sanzioni per i trasgressori sono certe. In Italia, il sospetto è che i primi a non volere un sistema del genere siano proprio i lobbisti.

Il gioco dovrebbe essere affidato nelle mani della criminalità organizzata, così da essere un'attività nascosta, ghettizzata e a cui si avvicinano in pochi

Edward N. Luttwak

Non-luoghi dell'azzardo

La questione dei luoghi e dei territori si è riaperta di recente, con la bozza prima annunciata poi non presentata dal Governo in Conferenza unificata Stato-Regioni. Nella bozza – la discussione è stata rinviata a dopo il Referendum del 4 dicembre – prevedeva sì la riduzione di un cospicuo numero di slot machine presenti sul nostro territorio, ma in contropartita all'apertura di almeno 10mila casinò di quartiere. Un'aberrazione. Che ne pensa Luttwak? «Parliamo di un settore che tradizionalmente è sempre esistito, ma in forma molto circoscritta e limitata. Per esempio, i casinò, in Italia sorgono solo in poche città italiane. In America, abbiamo Las Vegas ma Las Vegas è nel deserto. Poi ci sono le riserve indiane, ma queste sono viste come eccezioni, come qualcosa di reprensibile e non come una cosa positiva». Insomma, la Luttwak ricorda che la logica che ha retto per decenni il sistema italiano – prima che l'azzardo sfondasse gli argini della vita quotidiana -, al pari di quello statunitense era un sistema di contenimento e controllo. I "luoghi" dell'azzardo erano e sono eccezioni che non possono diventare regola. Altrimenti…



Buone cause per gli interessi privati

Un'altro pseudo-dibattito, in Italia, riguarda presunti modelli da importare dall'Inghilterra per finanziare il welfare con l'azzardo, costituendo un fondo (che qualcuno si è spinto a chiamare "Fondo Buone cause") o con tasse di scopo. Cosa pensa di una tassa di scopo per il gioco in Italia? Luttwak è categorico: «Partendo dal presupposto che sono formule che vogliono recuperare qualcosa di buono da qualcosa che non lo è e che il gioco d'azzardo deve essere limitato a piccoli gruppi e non essere così esteso, vorrei sottolineare il fatto che l'Italia è diversa dalla Gran Bretagna. I soldi che derivano dal gioco vanno usati bene. Devi mettere in piedi un sistema di trasferimento sicuro, in cui chi devia il denaro verso altre attività, deve finire in galera. In un Paese come l'Italia, dove la giustizia è arbitraria, è irregolare e funziona malissimo, questo sistema risulta più difficile da applicare. In un paese così bisogna evitare di creare strutture che dipendono dalla legalità. In Inghilterra il sistema di giustizia è diverso da quello italiano. Lì abbiamo la certezza della pena».

Prendere i soldi dal gioco a livello statale vuol dire aumentare la mal distribuzione. Le lotterie nazionali sono un ulteriore meccanismo per l'impoverimento della popolazione

Edward N. Luttwak

Probire per non colludere

L'azzardo non deve «creare meccanismi che possano creare ulteriori problemi». Ed è inevitabile che nessun modello possa essere importato, in un contesto dove corruzione, concussione, collusione tra poteri opachi è all'ordine del giorno. «Bisognerebbe prima modificare il sistema della giustizia italiana. In paesi come l'America o l'Inghilterra la gente ha molto rispetto della legge, perché se si sbaglia si va in galera, senza nessuno sconto». Quando Sara Michelucci gli chiede se opta per un modello proibizionista, Luttwak non esita un istante:«Proibizionismo di certo. Prendere i soldi dal gioco a livello statale vuol dire aumentare la mal distribuzione. Le lotterie nazionali sono un ulteriore meccanismo per l'impoverimento della popolazione». E la malavita? La criminalità? L'illegalità? «Il gioco dovrebbe essere affidato nelle mani della criminalità organizzata, così da essere un'attività nascosta, ghettizzata e a cui si avvicinano in pochi». Una visione realista del problema, lontana dai troppi idealismi che stanno trasformando l'Italia in un inferno lastricato da "buone cause" e pessime intenzioni.

Immagini: Getty archives

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