Politica
Lusi, il prestigiatore
Il caso dei 13 milioni spariti dal bilancio della Margherita
Il caso dell’ex tesoriere della Margherita sta forse dando il colpo di grazia alla credibilità del sistema di finanziamento pubblico dei partiti. I giornali raccontano i particolari della vicenda e le reazioni politiche.
- In rassegna stampa anche:
- EXPO 2015
- SOCIAL CARD
- CLIMA
- EGITTO
- GERMANIA
“Scudo fiscale per i fondi del partito” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA, per il pezzo di Fiorenza Sarzanini che prosegue a pagina 11, con un particolare inquietante che emerge dall’inchiesta: “Faceva affari in Italia Luigi Lusi, ma negli ultimi anni aveva deciso di concentrarsi anche sull’estero. E alla fine aveva ritenuto che la strada più semplice da seguire fosse quella di trasferire in Canada gran parte dei soldi accumulati sul conto corrente intestato a «Democrazia è Libertà» e poi finiti nella disponibilità della «TTT srl», la società della quale risulta unico proprietario. In tutto 13 milioni di euro utilizzati per acquistare immobili di pregio e per alimentare il suo bilancio personale. Nel 2009, qualcosa lo ha però convinto sull’opportunità di far rientrare almeno in parte il denaro nel nostro Paese. E così ha deciso di accedere allo scudo fiscale. La clamorosa novità emerge dagli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza su delega della magistratura romana. E rafforza il vero interrogativo che ruota intorno a questa storia: possibile che l’ex tesoriere della Margherita poi diventato senatore del Partito democratico, abbia fatto tutto da solo? Possibile che nessuno si sia accorto di questa continua movimentazione di denaro?”. Già. Alessandro Trocino, a pagina 10: “Espulso dal gruppo del Pd il tesoriere dei 13 milioni spariti”. Scrive: “Comunque stiano le cose, sotto accusa non è solo Lusi ma la gestione personalistica e privatistica di denaro pubblico, affluito nelle casse di partiti in sonno dal 2008. La Margherita, ma anche i Ds. Ugo Sposetti, omologo di Lusi per i democratici di sinistra, è una sfinge e risponde a monosillabi: «In questi casi si applicano le virtù teologali». Solidale con Lusi? «Il tesoriere — risponde citando se stesso, in relazione a una vecchia polemica con l’ex tesoriere Pd Mauro Agostini — non si discute, si ama». Alcuni, non tantissimi, chiedono ora l’espulsione di Lusi anche dal partito (tra loro Ignazio Marino). Non sarà facile, visto che è prevista per statuto solo per reati gravissimi. Stefano Fassina chiede le sue dimissioni da senatore: proprio per sentirsi libero di chiederle, sostiene, rinuncerà a subentrare a Lusi. Dopo di lui, in lista, c’è Brunella Ricci”. E questo è il commento di Sergio Rizzo, che inizia in prima e si sviluppa a pagina 40: “Non si può non notare la concomitanza di un fatto tanto grave, che dovrebbe indurre i responsabili dei partiti a una riflessione profonda sull’inquinamento di cui è ormai preda la politica a causa del troppo denaro che gira e del clima di impunità generale, magari preceduta da una profondissima autocritica, con altre notizie. Per esempio quella che un senatore dello schieramento opposto ha acquistato da un fondo facente capo a enti previdenziali un immobile per rivenderlo soltanto qualche ora dopo a un altro ente previdenziale. Intascando molti milioni di euro senza aver neppure tirato fuori un solo centesimo, facendo la cresta su un bene che dovrebbe garantire il pagamento delle pensioni. Semplicemente orribile, da ogni punto di vista. Qualcuno potrà liquidare le due faccende appellandosi alla teoria delle mele marce. Ce ne sono purtroppo ovunque. E se ad essere marce non fossero soltanto due mele, ma parti dell’intero sistema?”.
LA REPUBBLICA apre sul premier-pensiero (“Monti: il posto fisso non esiste più”) e di spalla riferisce: “Margherita il mistero dei 13 milioni”. Cosa ci sia di misterioso lo precisa a pagina 2: “Lusi, dubbi sulla Margherita nel 2010 spesi 7 milioni dopo avere chiuso i battenti”. Riferisce Carlo Bonini che parte dall’espulsione dal gruppo Pd del senatore che si è dimesso da vicepresidente della Commissione Bilancio, ma vedi caso non da componente della giunta per le immunità. Non si sa mai, visto che la trattativa con i pm non va benissimo (aveva proposto di patteggiare, restituendo 5 dei 13 milioni) e visto che c’è il rischio che rimanga da solo in questa vicenda. «Nessuno sapeva», «nessuno poteva immaginare», dicono i maggiorenti di quella che fu la Margherita, preparandosi appunto a scaricare il senatore birichino. Ma non sarà così facile: le spese anche recenti non possono essere state fatte da solo, visto che sono in bilanci discussi e approvati. Per di più emergono interessanti convergenze. Lusi ha acquistato ad esempio un immobile (pagandolo due milioni) da Giuseppe L’Abbate. Rutelli dice di non conoscerlo, eppure è nel cda del quotidiano “L’Europa”, house-organ. Curioso, no? In effetti nel partito sale un clima avvelenato. Rutelli dice «Faccio il politico, non il ragioniere». Saper fare di conti però aiuta, specie se si dimostrerà vera l’ipotesi che Lusi abbia finanziato campagne di ex dirigenti. Rosy Bindi, intervistata da Giovanna Casadio, parla di «vicenda dolorosa, in cui sono evidenti le responsabilità di una persona che peraltro le ha ammesse», per il futuro occorre «varare una nuoa legge elettorale e una legge che regoli la vita dei partiti senza toccarne l’autonomia statutaria…. Sostengo il finanziamento pubblico dei partiti, perché l’alternativa dei finanziamenti privati, anche nelle forme più lecite, espone a condizionamenti»… In appoggio Il dossier sul rapporto, opaco opacissimo, fra politica e soldi pubblici. Cinquecento milioni in cinque anni a partiti che non esistono più: Ds, Margherita, An, Forza Italia. Chi gestisce queste risorse? Non è chiarissimo. Chiarissimo invece è il fatto che la Corte dei Conti ha definito «finanziamento occulto» questo meccanismo dei rimborsi inventato dopo il referendum e che garantisce i versamenti anche a Camere sciolte. Una vera manna.
IL GIORNALE apre sulla vicenda del “tesoro della Margherita. Caccia a 223 milioni. A sinistra si sbranano” e dedica 5 pagine. Al di là della cronaca, il quotidiano di via Verdi ricorda che «già nel 2003 Arturo Parisi chiedeva spiegazioni sulla contabilità interna, ma l’ex segretario Rutelli sembra venire da un altro pianeta. Perché non è intervenuto e non si è dissociato per i ripetuti no di Lusi alle richieste degli ex Margherita di presa visione e copia dei bilanci?». «223milioni di euro in buona parte andati a un partito che non c’è più dal 2007. Uno zombie affamato, la Margherita sciolta nel dicembre di oltre 4 anni fa per confluire nel Pd ma ancora viva come partito fittizio percettore di rimborsi pubblici. Tutti gestiti sino all’altro ieri da senatore avvocato Luigi Lusi quello dei 13milioni sottratti dalle casse del partito senza che nessuno si fosse accorto, da Rutelli in giù». Il GIORNALE pubblica la memoria presentata il 26 gennaio scorso dai deputati Udc Carra, Lusetti, Piscitello, contro l’associazione Dl –Margherita in cui si affronta un’escamotage utilizzato per escluderli dall’assemblea federale convocata per prendere visione dei bilanci e approvati. La motivazione adottata da Lusi è stata che Lusetti e Carra non dovevano partecipare perchè erano ormai reduci in quanto lontano dal Centrosinistra. Peccato che anche Rutelli, con l’Api, si era posizionato al Centro ma era presente». Infine il quotidiano definisce “il caso” il fatto che “Bersani ride e abbraccia i suoi indagati. Ma se scoppia il caos cade dalle nuvole” e pubblica una galleria fotografica di foto con Lusi, Penati e Pronzato.
In una prima pagina che continua ad aprire sui temi della crisi il titolo di apertura oggi è “Cassa continua” sull’assenza di un accordo tra Confindustria e sindacati alla vigilia dell’incontro con il governo sulla riforma del lavoro, al caso Lusi è dedicato un piccolo richiamo in fondo alla prima pagina del MANIFESTO sotto l’occhiello “Democrack” e un articolo a pagina 7 “Lusi, che fretta di chiudere” e nell’articolo si solleva più di un dubbio. Dopo l’espulsione lampo dal gruppo Pd del Senato, votata all’unanimità e l’attesa sospensione dal partito si legge «Ma questi sono dettagli. In casa Margherita – il partito che non c’è ma che tiene in vita un’assemblea proprio perché ancora soggetto a finanziamenti – invece valuta un risarcimento di 5 milioni di euro offerti da Lusi tramite fidejussione. Troppo poco. (…) Ma se, come gli ex margheritini giurano, Lusi ha fatto tutto da solo, perché accettare di corsa la restituzione dei soldi e consentire la chiusura dell’inchiesta alimentando il sospetto di scaricare le responsabilità sulle spalle di un uomo solo? (…)» Verso la fine dell’articolo si affronta il tema del finanziamento ai partiti, ma con un passaggio molto velato: «Invece il caso Lusi, oltre a suggerire una riforma del finanziamento ai partiti (ma il radicale Mario Staderini ne propone l’abolizione e minaccia un nuovo referendum per farlo a furor di popolo) si lascia dietro una coda di veleni». Fine, il problema per l’articolista è andare a scavare dentro il partito democratico.
Alla vicenda Lusi e dintorni IL SOLE 24 ORE dedica un pezzo pagina 26 e il Punto di Stefano Folli “Lusi, Conti e dintorni: come si alimenta il fiume dell’antipolitica”: «Ci sarà modo di capire se il tesoriere traditore, nel frattempo espulso dal Pd, ha agito da solo o ha goduto di coperture. Certo, è tutto piuttosto strano. Non ultimo il fatto che tredici milioni scomparsi avrebbero dovuto lasciare una traccia profonda nel bilancio di un semi-partito che non è una multinazionale. Invece nessuno si è accorto di nulla e il solo Arturo Parisi ha ricordato di essersi opposto a bilanci poco convincenti. Il meno che si possa dire è che i flussi del finanziamento pubblico sono eccessivi e incontrollati, se consentono che il denaro in circolazione sia abbondante al punto che tredici milioni svaniti non si notano. (…) Altro che limature agli stipendi dei deputati, se poi le prime pagine dei giornali si riempiono di notizie come queste, lasciando intravedere un retroterra di insensibilità civile. Va bene allora mettere mano alle assurdità del finanziamento dei partiti (ma c’era bisogno dell’affare Lusi per accorgersene?). Ben vengano i controlli e il «codice etico» di cui parla Violante. Ma prima di tutto servirebbe che certi personaggi e certe forze politiche si rendessero conto del baratro in cui stanno scivolando».
AVVENIRE dedica al caso del tesoriere della Margherita un solo pezzo a pagina 9 a cura di Vincenzo R. Spagnolo “Lusi espulso dal gruppo del Pd a Palazzo Madama. Prova a patteggiare un anno, ma il pm non ci sta”. «Ieri c’è stata una prima presa di posizione: l’espulsione di Lusi dal gruppo del Pd al Senato, proposta dalla senatrice Anna Finocchiaro e approvata con voto unanime. Una mossa che spiana la strada a ulteriori determinazioni, stavolta dall’intero partito». Nel frattempo «Lusi non replica, almeno apertamente. A palazzo Madama non lo si vede da giorni».
In prima pagina de LA STAMPA solo un richiamo: «Il senatore Lusi cacciato del Pd». Ma già a pagina 3 la Jena si chiede «Margherita: Chi controllava il controllore?». L’argomento viene approfondito da Francesco Grignetti: «Tenta di cavarsela con poco, il senatore Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, da ieri espulso dal gruppo parlamentare del Pd, e prossimo alla cacciata dal partito stesso, pizzicato a mettersi in tasca 13 milioni di euro del partito. Tramite il suo avvocato Luca Petrucci, il senatore, che ammette con olimpica indifferenza i fatti e non prova nemmeno a difendersi, ha prospettato ai magistrati un patteggiamento: un anno di reclusione più un risarcimento di 5 milioni di euro a beneficio del partito. Di più non potrebbe perché altri 5 milioni li ha pagati in tasse e il resto è immobilizzato nel mattone». La questione, però, più che penale, ormai è politica. «Gli ex della Margherita sono scossi. Volano accuse. Girano sospetti. L’avvocato Titta Madia, che assiste Francesco Rutelli, è lapidario: “E’ stata tradita la fiducia. Sia umana, sia politica”». Resta il mistero di come nessuno tra i big della Margherita si sia mai accorto di quel flusso di denaro in uscita. «Sono sfuggiti ben 90 bonifici in cinque anni per un totale di 13 milioni. E la Finanza sarebbe ben lieta di approfondire la contabilità delle società di Lusi, sia la Ttt srl (proprietaria dell’appartamento di via Monserrato, che poi è stato dato in affitto al senatore-titolare unico della società), sia l’immobiliare Paradiso srl (proprietaria della villa di Genzano) che ha saldato fatture per 2,8 milioni di euro relativamente a inverosimili lavori di ristrutturazione. Quanto alla revisione della contabilità, sono al lavoro sulle carte della Margherita i professionisti nominati da Francesco Rutelli, da Enzo Bianco e dal tesoriere Giampiero Bocci. Esperti di bilanci, di cui uno proviene dalla Kpmg, famosa società internazionale di revisione dei conti». Nel suo «retroscena» Fabio Martini riferisce che ormai il tesoriere si è eclissato «comunica solo via mail. Dove sia nessun lo sa».
E inoltre sui giornali di oggi:
EXPO 2015
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina su sfondo arancione per l’inchiesta di Luca Fazio e Giorgio Salvetti su “L’«altro» Expo di Pisapia Milano guarda al 2015”. Al tema è dedicata tutta pagina 6 “Il capolavoro di Formigoni si concretizza mentre il governatore vive il momento più difficile. Ma la fine dell’impero rischia di travolgere un complesso sistema di poteri che va ben oltre il Pirellone” si legge nella fascia grigia in testa alla pagina, mentre il sommario riassume: “In piena crisi, la città del mattone non può far altro che scommettere sul business del secolo e sperare che la fiera salvi banche, immobiliaristi e politici dal rischio di un disastroso default. Un azzardo che il sindaco Pisapia tenta di governare remando controcorrente”. E nell’articolo si ricorda che: «Il 2015 è la data fatale su cui Milano si gioca il tutto per tutto (…)» e la chiusura è sui banchieri milanesi che «nell’affare del mattone a Milano hanno investito moltissimo. E le banche adesso si trovano scoperte per miliardi e hanno una gran paura che prima o poi la bolla immobiliare milanese gli scoppi in faccia».
SOCIAL CARD
IL SOLE 24 ORE – Analisi di Cristiano Gori sulla nuova social card introdotta dal decreto semplificazioni “Social card europea, ma pochi fondi – Sperimentazione utile solo se la trasforma in misura nazionale per tutte le famiglie povere”: «Il precedente ministro del Welfare, Sacconi, aveva previsto di testare un modello di intervento che vedeva lo Stato distribuire le risorse economiche direttamente ai soggetti non profit e lasciar loro decidere a chi assegnarle: si sarebbe creato un asse Stato-terzo settore, senza ruoli per i Comuni. Si prevedeva che soggetti privati – quelli del terzo settore – individuassero i beneficiari degli interventi finanziati con risorse pubbliche e si confermava l’esclusione dei Comuni dalla gestione delle carta (oggi fornita dalle Poste). Era un’ipotesi estrema – anomala in Europa – di esternalizzazione delle responsabilità pubbliche. Il nuovo Governo ha superato tale ipotesi: lo Stato finanzia la card sperimentale e definisce i criteri per l’assegnazione poiché indica chi ha diritto a un sostegno pubblico. I Comuni, sfruttando il radicamento territoriale, erogheranno la carta e avranno la regia del welfare locale; lavoreranno in collaborazione con il terzo settore. Accantonare il disegno della sperimentazione sacconiana è stata la prima mossa di Fornero e Guerra. L’altra è stata inserire nella card numerosi cambiamenti rispetto a quella oggi in uso, per le criticità riscontrate. Questi i punti chiave del nuovo intervento: universalismo (la misura è rivolta a tutte le famiglie in povertà assoluta, non solo a quelle con componenti sopra i 65 o sotto i tre anni; destinata non solo ai cittadini italiani, come oggi, ma anche a quelli comunitari residenti e ai non comunitari in possesso di permesso per soggiornanti di lungo periodo); mix di soldi e servizi (un contributo economico accompagnato con servizi alla persona, di cura, contro il disagio o formativi); adeguatezza (importo della card superiore a oggi); welfare locale (il coinvolgimento di Comuni e terzo settore); diritti e doveri (compresenza di diritto all’assistenza e di doveri da rispettare per riceverla, come cercare lavoro e frequentare corsi di formazione). Nel disegnare la sperimentazione, Fornero e Guerra hanno ripreso le indicazioni degli altri Paesi europei, delle esperienze locali italiane e degli studi svolti (come la proposta delle Acli, “Per un piano nazionale contro la povertà”, Carocci, 2011). Quella che si va a saggiare in dodici città è più di una differente social card: è un intervento “europeo” contro la povertà assoluta. Il pericolo è che la sperimentazione non produca alcun cambiamento. A oggi, non è previsto che – dopo la conclusione nella primavera 2013 – i risultati siano utilizzati per introdurre quella misura nazionale rivolta a tutte le famiglie in povertà assoluta mancante, nell’Europa a 15, solo in Italia e Grecia. Se finirà così, Fornero e Guerra si aggiungeranno alla ricca tradizione d’interventi spot contro la povertà non tradotti in cambiamenti durevoli, come la sperimentazione del reddito minimo d’inserimento (1999-2000) e il bonus incapienti (2008). C’è un’altra possibilità. La sperimentazione potrebbe costituire il primo passo di un percorso che trasformi – in un triennio – la card nella misura nazionale per tutte le famiglie povere».
CLIMA
ITALIA OGGI – Ma quale riscaldamento globale. Secondo il pezzo “Contrordine: la terra si raffredda” il pericolo per il pianeta è quello del raffreddamento. A ricordalo sono 16 scienziati sul Wall Street Journal «che in un articolo indirizzato ai candidati politici delle democrazie del mondo smontano l’idea che la comunità scientifica sottoscriva all’unanimità o quasi la necessità di fare qualcosa per tentare di influire sul clima».
EGITTO
AVVENIRE – Camille Eid firma “Strage allo stadio: 73 morti”. «Scontri alla fine della partita a Port Said, un migliaio i feriti» recita il sommario. «È bastato il fischio finale del match tra al-Masry e al-Ahly, terminata a favore della prima squadra, per scatenare tafferugli dentro e fuori lo stadio tra le opposte tifoserie. Il bilancio provvisorio parla di oltre 73 morti, tra cui numerosi poliziotti e oltre mille feriti».
GERMANIA
ITALIA OGGI – In ogni settore del sistema paese, gli immigrati sono presenti. Sono il sale dello sviluppo economico. Un terzo delle nuove imprese è creato da immigrati. Senza di loro scrive l’articolo “Gli immigrati fanno nuove imprese” l’economia tedesca si fermerebbe».
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