Mondo

L’urgenza pedagogica di cambiare il Governo

La morte di Prince Jerry, 25 anni, suicida dopo aver visto rigettare la sua richiesta di asilo, non è una morte qualsiasi: ci interroga radicalmente. Dove vogliamo andare? Che cosa vogliamo essere?

di Angelo Moretti

La morte di Prince Jerry, 25 anni, suicida, non è una morte qualsiasi. Il giovane si è tolto la vita quando ha capito che sarebbe stato considerato da quel momento in poi un clandestino per l’Italia.

La sua richiesta di asilo non era stata accolta. Sarebbe potuto capitare ad un giovane che non riesce a raggiungere una laurea agognata per la paura di affrontare il giudizio dei genitori, ad un adolescente vittima di bullismo o ad un imprenditore che ha visto la sua azienda fallire sotto i colpi della crisi. Seppure i suicidi sono in lieve calo rispetto al passato, la fascia di età di Jerry è importante, tra i 25 ed i 44 anni avvengono il 23% dei suicidi complessivi in Italia. Ma per Jerry è successo qualcosa di diverso.

Per il giovane, in quanto richiedente asilo ed africano, anche la pietà per i suicidi è stata fatta morire. Pensavamo di aver superato il medioevo delle pubbliche condanne dei suicidi tempo addietro, Jerry, come novello Ian Palach, ci ha dato la sveglia con il suo gesto estremo.

Alla notizia della morte del ragazzo i social si sono spinti in commenti non più nuovi, ma pur sempre terrificanti: “uno in meno”, “uno in meno da mantenere”, “hai fatto più che bene”, “povero…treno”. Apri i profili di questi personaggi che festeggiano la morte di un giovane come se ci avessero guadagnato qualcosa di buono e scopri, ma in realtà non è una scoperta, che molti di loro sono giovani, anche giovanissimi, e non sono dei sovversivi oppositori, dei ribelli violenti, sono dei perfetti filogovernativi. “Uno in meno” e “Viva il Capitano” vanno di pari passo sui social.

Inneggiano e sbeffeggiano la morte di un giovane, ma non lo fanno per manifestare la loro rabbia contro lo stato di cose, contro il mondo, contro la vita, lo fanno perché devono dichiarare la loro profonda convinzione alle scelte intraprese dal governo in materia di immigrazione. Checchè ne dicano i benpensanti dei 5Stelle, quelli che prima del 4 giugno non sembravano così devoti alla linea dei respingimenti in mare ma addirittura ambivano a forme di accoglienza diffusa in Italia, nonostante la loro disperata ricerca di giustificazioni ideologiche sulla necessità della linea di Salvini, da oggi devono fare i conti con Jerry Prince e con i suoi sbeffeggiatori.

Jerry ha squadernato le carte, non aveva soltanto paura di doverlo dire ai genitori, come gli studenti che non passano gli esami, ha avuto paura di vivere in un’Italia così violenta, gli si può dare torto?

Cambiare questo governo non è un’urgenza politica, è un’urgenza pedagogica. Possono restare anche gli stessi personaggi di oggi al potere per i prossimi 4 anni, ma se chi governa non adotta subito una linea vera di cambiamento operativo e comunicativo ( i 5 Stelle dovrebbero far sentire la loro voce contro i morti in mare pur perdendo consensi) tra 4 anni raccoglieremo i cocci di una gioventù andata in frantumi, l’odio avrà preso il posto della speranza.

Non è tanto lo spread il problema o la differenza tra il 2,09% o il 2,4% nel patto di stabilità. La vulgata delle urgenze economiche è la più pericolosa delle letture. 4 anni di governo così possono essere la parola fine alla crescita culturale dell’Italia. I nostri giovani sono agli ultimi posti in classifica in Europa secondo l’OCSE per la comprensione dei testi scritti ed il numero dei libri letti in un anno; secondo il Gruppo di Ricerca sull’attuazione della Convenzione dei Diritti del Fanciullo e dell’Adolescente il tempo passato al telefonino supera il 90% ed è diffusissima la pratica del sextyng anche tra i pre-adolescenti; secondo un’indagine di Skuola.net oltre il 18% dei minori tra gli 11 ed i 18 anni si prostituisce per avere in cambio favori di poco conto, come ricariche telefoniche ed aiuto nei compiti. Il numero dei NEET, i giovani che non studiano e non cercano lavoro, è tra i più alti d’Europa, con 2 milioni e 400 mila ragazzi censiti.

Questa generazione che Umberto Galimberti ha definito apertamente in un suo ultimo libro “generazione del nichilismo attivo” non ce li da 4 anni di sbagli continui.

I mutui salgono e scendono ed i loro valori sono lo specchio di un sistema finanziario sballato, di cui l’Italia è solo un piccolo tassello. La crescita dei ragazzi va in una sola direzione, verso la giovinezza e l’adultità. Questo squadrismo di tastiera è oggi lo specchio liquido del “vuoto”, ma se il governo resterà per 4 anni l’unico riempitivo, offrendo un senso a quel vuoto, nel senso di direzione di marcia, con il suo carico di odio sociale quotidianamente “amministrato”, i danni potrebbero essere davvero irreversibili.

Il Governo si svegli, ascolti il monito di Jerry Prince.

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