Cultura
Luoghi Santi: vanno rispettati da tutte le parti in guerra
Lo ha ribadito mons. Diarmuid Martin, osservatore del Vaticano all'Onu, intervenendo alla Commissione dei diritti umani. "Il mancato rispetto di questi siti costituisce una violazione delle norme in
I luoghi santi vanno rispettati “in ogni conflitto, e da tutte le parti in guerra”. A ribadirlo è stato mons. Diarmuid Martin, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, intervenendo alla 58a sessione della Commissione dei diritti umani dell’Onu. Riferendosi indirettamente alla Basilica della Natività di Betlemme, sotto assedio ormai da più di quindici giorni, mons. Martin ha ribadito la posizione già espressa numerose volte, in questi giorni, dal Papa e dalla Santa Sede, che ha sempre invitato al “rispetto dei posti di lavoro e dei luoghi santi in occasione di conflitti”, così come stabilito dalla Convenzione di Ginevra e da altri importanti accordi delle Nazioni Unite: “La Santa Sede – ha detto Martino – raccomanda che il rispetto di queste norme venga applicato a tutti i conflitti e da tutte le parti in conflitto. I luoghi santi a Gerusalemme e la Terra Santa hanno uno speciale significato per le te tradizioni monoteistiche e per l’intera umanità. Il mancato rispetto di questi siti costituisce una violazione delle norme internazionali, così come degli accordi bilaterali”. “Qualsiasi soluzione a lungo termine della crisi in Medio Oriente – ha agginto Martino – deve anche affrontare la questione del rispetto per un accesso non restrittivo ai luoghi santi, sacri ad ogni tradizione religiosa”, partendo dalla consapevolezza che la libertà religiosa è una “precondizione per promuovere un clima di dialogo tra le religioni mediorientali, a servizio della pace”. L’esponente vaticano, nel suo intervento, ha anche parlato della questione delle “minoranza religiose”, i cui diritti, perfino in quei Paesi in cui esiste una tradizione religiosa “particolarmente dominante”, vanno garantiti “anche a quei non-cittadini che risiedono temporaneamente in quel paese” e che “contribuiscono con il loro lavoro al bene della società”.
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