Welfare

L’università torna in presenza, tra Green Pass, app segnaposto e lezioni flessibili

Da settembre gli atenei italiani riaprono le proprie aule adottando specifiche misure di sicurezza e prevedendo anche la possibilità di continuare a frequentare le lezioni a distanza per gli studenti che lo desiderano

di Redazione

Anche la ripartenza delle università poggerà sull’obbligo del Green Pass. Il certificato verde sarà necessario per docenti, studenti e ricercatori per svolgere tutte le attività in presenza, dalle lezioni agli esami. E pure per studiare negli spazi adibiti degli atenei.

Le regole sul Green Pass

La certificazione verde è obbligatoria per tutti, docenti, ricercatori, personale dell’ateneo e studenti. Il documento, che attesta l’avvenuta vaccinazione, la guarigione dal Covid o un tampone effettuato nelle ultime due 48 ore, sarà necessario però solo per le attività in presenza.

«Tutto il personale della scuola e dell’Università – si legge nel decreto – al fine di garantire la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale d’istruzione» dovrà avere ed esibire il Green Pass.

Il ministero dell’Università, con una circolare del 31 agosto, ha chiarito poi che per partecipare alle attività a distanza il Green Pass non è richiesto. Precisando anche che l’obbligo di certificazione verde per gli studenti vale non solo per le lezioni, ma anche per tutte le attività universitarie, come mense e alloggi universitari, e «presso qualunque spazio adibito a sede universitaria».

E alcuni atenei si stanno regolando di conseguenza. A Trieste si ragiona sullo sviluppo di un’app per la prenotazione delle lezioni: in questo caso però il software dovrebbe “dialogare” con il Green Pass presente nello smartphone per un controllo preventivo sulla sicurezza – ma senza accedere ai dati sensibili e dunque senza violare la privacy degli studenti. In altre università, come la Bocconi di Milano saranno fatti controlli a campione. Mentre la Cattolica chiederà il certificato a ognuno prima dell’ingresso.

Ma la regole non vedono d’accordo una parte del mondo accademico. E oltre 150 docenti universitari italiani hanno sottoscritto un manifesto contro l’introduzione dell’obbligatorietà del Green Pass per l’accesso alle università italiane.

Ritorno in presenza

La direzione intrapresa, ad oggi, è quella di un ritorno alle attività in presenza, anche grazie al passaporto verde. E ogni università sta provando a gestire il rientro tra nuove tecnologie e norme di sicurezza, garantendo comunque un margine di flessibilità a chi non rientrerà.

«Ripartiremo con il 100% delle lezioni in presenza, aule e banchi torneranno a essere occupati, lavagne riempite di scritte e corridoi affollati. Non mancheremo però di supportare chi per ragioni logistiche sarà impossibilitato a partecipare in presenza», ha detto il rettore dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, aprendo un doppio scenario sulla ripartenza degli atenei. Da una parte la volontà e la necessità di tornare all’esperienza didattica in presenza, che offre più dello smart learning, ben oltre le singole lezioni; dall’altro lato la consapevolezza che per molti sarà difficile tornare a frequentare i corsi come si faceva prima della pandemia, e per loro dovrà essere predisposto un piano alternativo.

Flessibilità

La parola d’ordine è “flessibilità”: ogni ateneo deve prevedere lezioni sia in presenza sia a distanza, e deve essere reattivo con la chiusura – senza creare buchi nei corsi – nel caso in cui la situazione sanitaria lo richieda.

Un’opzione, ad esempio, è non richiedere la presenza obbligatoria, quindi non costringere i ragazzi a tornare in sede a tutti i costi: ci sono tanti studenti fuori sede che in questo momento non vogliono riaffittare una casa o una stanza e trovano più comoda ed efficiente la Dad. Anche loro vanno convinti a ritornare in sede, ma farlo dal giorno alla notte non è verosimile.

Una chiave proposta dalla ministra Messa è «attrarre gli studenti con posti letto, residenze, borse di studio e con la vita universitaria, che va al di là delle lezioni. Bisogna ricreare il campus, fucina di idee, cultura e socialità».

L’Università di Pisa, ad esempio, ha interpretato il bisogno di flessibilità permettendo agli studenti di prenotare i posti in aula con un’app. Le lezioni saranno normalmente in presenza e l’applicazione servirà a prenotare i posti in aula in modo da rispettare la capienza del 50 per cento, evitare l’affollamento delle aule e garantire il rispetto delle misure sulla distanza di sicurezza.

«Tramite questa applicazione – ha detto il rettore Paolo Mancarella – ogni studente potrà prenotare un posto in aula per gli insegnamenti che intende seguire nelle due settimane successive. Se, per un determinato insegnamento, le iscrizioni risultassero superiori al numero massimo di posti disponibili in aula, la app suddividerà automaticamente gli studenti in due gruppi, che avranno la priorità per seguire le lezioni in presenza nella prima e nella seconda settimana»…


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