Cultura

L’Università è in mano ai vecchi

E' il grido d'allarme che esce da un'indagine condotta da Studenti.it che ha evidenziato che il 92% dei professori è over 65

di Redazione

Il portale Studenti.i commenta così il sondaggio:
“Un dato che conferma come sia necessario uno svecchiamento dell?intera categoria e come dimostra, fra l?altro, l?allarme ?Tsunami? lanciato da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi che in una loro ricerca hanno messo in evidenza una generazione di professori tra i 50 e i 60, la maggioranza, che tra circa quindici anni raggiungerà ?la costa? dell?età pensionabile. Se non si interverrà in tempo sarà quindi necessario assumere in massa nuovo personale per sostituire i docenti che andranno in pensione.
A provocare quest?onda è stata una legge, la 382 del 1980 che ha assunto ope legis come ricercatore e professore associato una vasta classe di figure orbitanti nel mondo universitario. Assunzioni urgenti di questo tipo sono, evidentemente, contrarie alla meritocrazia, per il semplice fatto di precludere l?ingresso ad un?intera generazione, piuttosto che un?altra. A seguito dello Tsunami, e con il conseguente pensionamento di massa di un?intera generazione, tra qualche anno si potrebbe ricorrere allo stesso tipo di assunzioni.
Nelle università italiane quest?allarme sembra essere stato recepito, anche se qualche ateneo, Bologna in particolare, vorrebbe approfittarne per mandare in pensione i professori più anziani per tappare i buchi nel bilancio. Proprio sui prepensionamenti si è concentrata l?attenzione di StudentiMagazine che ha provato a capire come sta funzionando questa pratica a Torino, dove per primo è stato lanciato questo provvedimento e come invece si intende metterlo in pratica a Bologna, dove il provvedimento verrà discusso nel prossimo giugno.
In termini tecnici i due piani si prefigurano assai simili tra loro. Sostanzialmente ai professori che hanno raggiunto i 40 anni di contributi ed hanno compiuto almeno i 65 anni, sarà offerto, da parte della facoltà d?appartenenza, un contratto di collaborazione. In questo modo si consentirà ai professori di continuare la propria attività di ricerca e ai più giovani di entrare in ruolo al loro posto. Il tutto con un risparmio per le casse delle università”.

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