Politica
L’Unità nel giorno della disfatta
Abbiamo sfogliato lo storico quotidiano, oggi diretto da Concita De Gregorio (nella foto), nel giorno delle dimissioni di Veltroni. Ecco cosa abbiamo trovato tra le pagine...
Risposte Chiare
(Dall’editoriale Concita De Gregorio)
C’è qualcuno che vorreste al suo posto? Chi ? Si chiede Concita De Gregorio nel suo editoriale. È evidente che qualcuno dovrà farsi avanti e anche subito: non quando converrà a ciascuno, non dopo che si sarà andati alle europee in ordine sparso per la massima soddisfazione del presidente del consiglio in carica. Perché certo conviene alla destra suona oggi il requiem per l’opposizione. Più difficile capire perché voglia farlo qualcuno anche a sinistra.
Il problema non sono le procedure e i candidati, il tema vero è: per far cosa. Ci vuole un partito laico, un partito che dica cosa vuole fare in tema di immigrazione, di sicurezza, di politica per il lavoro, di scuola. E’ cosi difficile? …ma anche sapere cosa pensa il Pd sul testamento biologico, tanto per fare l’ultimo esempio. Garantire la scelta ( di vivere o di morire) è così complicato? Il Pd sarà ricordato come la casa comune se saprà dare risposte semplici e chiare. Si può fare, volendo, Si può ancora fare.
Veltroni alla fine si dimette. Franceschini reggente?
Parlano i leader de Pd-
Veltroni si assume il peso delle sconfitte, ma non rinuncia ad un analisi dura degli ultimi mesi:« spesso mi sono trovato i bastoni tra le ruote, adesso basta». Bersani:« Da me non è mai arrivato nessun elemento di divisione».
Soru:« Non ti devi dimettere perché la colpa non è tua» Gli fa eco Rosy Bindi:«Le sconfitte in Abruzzo e in Sardegna non sono colpa tua»
Anna Finocchiaro:«convochiamo la direzione, si decida tutto in quella sede»
Bettini, riporta l’articolo, sapeva della decisione di Veltroni, aveva proposto che il leader restasse in carica fino alle europee. Tonini invece, ha spinto per fare il congresso subito, nella speranza che l’amarezza di Veltroni si trasformasse in spiito di combattimento per sfidare in campo aperto i suoi critici interni:« era il momento di dare battaglia politica».
Per il dopo Veltroni c’è Franceschini in poleposition. Infatti, spiga l’articolo, l’assemblea costituente del partito eleggerà un reggente che guidi il partito fino al congresso di Ottobre. L’unico nome su cui il coordinamento ha ragionato finora è quello di Dario Franceschetti.
I gruppi di Facebook: Bersani è il più gettonato.
Anche i fan su Facebook si sono attrezzati per immaginare una successione a Walter Veltroni nel Pd. Facendo un giro tra i gruppi di sostegno, il più nutrito è quello di Bersani, l’unico esponente ad aver ipotizzato una sua candidatura: l’ opzione “Segretario Subito” conta 601 membri, quello più gettonato dia fan ben 931. Meno gettonato Dario Franceschini: 145 amici e sostenitori e 12 iscritti che pensano sia meglio lui che Veltroni al vertice del Pd-.
Anna Finocchiaro è invocata come “segretario“ e “segretaria yes we can“ da 125 persone. “Anna for president“ da 55, sosteniamo Anna Finocchiaro da 13.
Il gruppo Massimo D’Alema segretario raggiunge 69 iscritti, quello pro Sergio Chiamparino 43, per Nicola Zingaretti 9, Rosy Bindi e Sergio Cofferati si fermano a uno.
Lingotto e primarie super. Poi i giorni del logoramento
I venti mesi dell’ epoca Veltroni.
E’ stato il primo Obamiamo d’Italia bruciano sul fil di lana l’eterno rivale D’Alema, coniando il suo “si può fare “ sullo stampo del più fortunato slogan “Yes We Can” condividendo con il presidente americano la fede in una società più moderna e la voglia di farla sognare. Si è dimesso ieri pomeriggio, in una sede informale e di fronte a un consenso spaesato, quando ha visto che non c’erano più le condizioni per tenere la sbarra. Quando ha capito, parafrasando Pulp Fiction, che lo accusavano di non essere la soluzione ma il problema. Un anno e mezzo che ne ha consumato la leadership tra la rincorsa a un Pdl imbattibile, il logoramento interno dovuto al mancato amalgama delle anime, la conflittualità con DI Pietro, il balletto sui temi etici.
Il 27 giugno 2007, nella Sala Gialla del Lingotto Torinese, fu l’apoteosi. Un discorso programmatico forte, che disegna un’Italia “ nuova e moderna” . Ambiente, giovani, sicurezza, occupazione: pilastri di un patto intergenerazionale per un futuro migliore del presente. Sala piena, maxischermo per gli esclusi cui Veltroni esce a stringere la mano. Tre mesi dopo nasce il Partito Democtartico: le primarie del 14 Ottobre incoronano leader il sindaco di Roma con il 75% dei consensi. Nel 2008 Mastella si dimette da Guardasigilli, toglie la fiducia al governo e la trincea dell’ Unione non regge l’assalto. Comincia la campagna elettorale. Il pullman guidato dall’omonimo Walter macina 20 mila km, 110 province in 55 giorni. Una media di 3-4 comizi al giorno, video chat alla bisogna, discorso di mezzanotte in Puglia. Sulla scia del nuovo vento cresce l’entusiasmo. Velarono punta al fortino del Nord Est, all’alleanza con il popolo delle partite Iva. Ma ll centrosinistra perde le elezioni del 13 Aprile 2008.
Per Veltroni e il suo gruppo dirigente non è stata una sconfitta, per altri si.
I suoi rimproverano a Veltroni di non aver rimpiazzato i capigruppo parlamentari con dei fedelissimi. Gli avversari, all’opposto, di aver gestito il partito con un piccolo gruppo di potere senza riuscire a “deromanizzarlo” perché non basta Chiamparino a bilanciare Bettini.
Gli elettori, dall’Abruzzo alla Sardegna, passando per la monnezzopoli partenopea, fanno capire di non considerare elettoralmente affidabile quel Pd. Le grandi aspettate sono alle spalle. Ormai ceneri di illusioni. Veltroni lascia e si lascia alle spalle un partito di un’ombra più bianco del pallido, a Whiter shade of pale, proprio come la canzone che, un’epoca fa, chiuse la Kermesse del Palalingotto.
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