Sostenibilità

L’unione fa l’energia. Pulita

Stanziamenti esigui, normative confuse, industria disinteressata, ricerca ferma. Invertire la rotta si può, di Gian Battista Zorzoli

di Redazione

La recente reprimenda all?Italia da parte dell?Unione europea per quanto concerne lo sviluppo delle fonti rinnovabili è sintetizzabile nelle frasi «l?Italia è ancora lontana dagli obiettivi fissati a livello sia nazionale, sia europeo » e, ancora peggio, «nessun progresso è stato compiuto verso il raggiungimento dell?obiettivo per il settore elettrico. Se nel 1997 la quota ammontava al 16%, sette anni dopo (nel 2004) è scesa al 15,43%». Tuttavia l?analisi di Bruxelles è troppo focalizzata sulla situazione odierna, il che rischia di far perdere di vista le cause di fondo della situazione attuale, di cui quelle congiunturali rappresentano solo una componente, oltre tutto non la principale.

Se esaminiamo infatti le esperienze di maggior successo, in primis quelle giapponese e tedesca, appare evidente il ruolo decisivo svolto dalla capacità di fare sistema fra decisori politici, settori produttivi, strutture di ricerca (e opinione pubblica). Così normative, incentivi, investimenti, finanziamenti e obiettivi di R&S si sono sviluppati in modo coerente, da un lato garantendo continuità alla politica di promozione delle fonti rinnovabili, dall?altro dimostrandosi capaci di modificarla in modo tempestivo sulla base dell?esperienza pregressa.

Campioni di ritardi

Cosa è avvenuto invece in Italia? Nel 1991 si sono approvate due leggi, la n. 9 e la n. 10, che avrebbero dovuto promuovere efficienza energetica e fonti rinnovabili, ma le successive Finanziarie hanno rapidamente portato a zero gli stanziamenti previsti, i ministeri competenti non hanno varato gran parte dei regolamenti e delle normative indicate nelle due leggi, mentre l?unico provvedimento automatico, sfociato nella delibera Cip n. 6 del 1992, ha di fatto privilegiato lo sviluppo di impianti di generazione elettrica che con le rinnovabili non avevano nulla in comune; con un onere sulle tariffe elettriche che nel 1997 ha portato il ministro dell?Industria a bloccare ulteriori autorizzazioni anche per gli impianti a fonti rinnovabili. Dopo di che, per arrivare a una nuova normativa efficace e di lungo respiro (perché tali non possono essere considerate esperienze pur valide come il programma dei tetti fotovoltaici) si è dovuto attendere l?avvio, nel 2002, del meccanismo dei certificati verdi, che tuttavia funziona solo per alcune tecnologie relative alla produzione di energia elettrica. Ad esempio per il fotovoltaico si è dovuto aspettare il 2005, con la tardiva emanazione dei decreti sul ?conto energia?, così mal congegnati da avere dato adito a iniziative meramente speculative (talvolta, forse, addirittura truffaldine), con conseguenti ritardi nell?effettiva realizzazione di installazioni fotovoltaiche e la richiesta pressoché unanime degli operatori del settore di una riformulazione del decreto: prevista entro il 2006, pare sarà pronta a fine gennaio. Per il solare termico, ancora il fotovoltaico e i biocarburanti, ulteriori forme di promozione/ incentivazione sono state approvate con la Finanziaria 2007, ma solo per i primi due settori si è introdotto un meccanismo automatico e a lungo termine (obbligo di installazione di un congruo numero di pannelli solari e di moduli fotovoltaici su tutti i nuovi edifici).

Il caso Eni

Se Atene piange, Sparta non ride. Il mondo dell?industria, pur penalizzato dalla mancanza di una adeguata politica di promozione, salvo poche eccezioni non si è certo dimostrato particolarmente convinto della valenza strategica di investimenti nel settore delle rinnovabili. Per il comparto manifatturiero, è emblematico il caso dell?Eni, cioè di un?azienda ormai collocata fra le majors del petrolio, che negli ultimi anni ha presentato bilanci con attivi straordinari. Malgrado ciò, ha progressivamente marginalizzato le proprie attività nel settore fotovoltaico, rinunciando perfino a proseguire promettenti joint-venture in Paesi emergenti. Né meglio si stanno comportando molti dei produttori elettrici, che non perdono occasione per occultare il proprio scarso interesse per il settore dietro il paravento delle difficoltà autorizzative (che pure esistono, e in diversi casi chiamano in causa la carenza di cultura energetica delle amministrazioni regionali e locali). Paradossalmente le opportunità che le rinnovabili (e l?efficienza energetica) possono offrire, negli ultimi tempi sembrano maggiormente comprese da alcuni grandi costruttori edili, categoria dal senso comune considerata meno aperta all?innovazione. Per quanto concerne la ricerca, la ormai cronica scarsità di risorse destinate a quella in campo energetico per alcuni anni è stata aggravata dalla quota eccessiva di finanziamenti dirottati sullo sviluppo del cosiddetto <i>Progetto Archimede</i>, basato su una tecnologia per la trasformazione della radiazione solare in energia elettrica minoritaria su scala mondiale e, per l?elevata occupazione territoriale richiesta, poco adatta a un Paese, come l?Italia, dove a causa dell?elevata densità demografica (ma non solo) il territorio è una risorsa scarsa.

L?attuale governo, se pure a volte con sovrapposizioni o conflitti di competenze che sarebbe opportuno evitare, sembra intenzionato a fare della promozione delle rinnovabili uno degli assi portanti della propria politica energetica. Oltre a un più efficace coordinamento al proprio interno e alla necessaria opera di armonizzazione di tutti i provvedimenti in materia già varati o in itinere, occorre però che si faccia promotore di una forte sollecitazione verso il mondo industriale, agricolo e della ricerca, perché ciascuno faccia la sua parte, così da evitare che lo sviluppo delle fonti rinnovabili non significhi soltanto sostituire una quota dell?importazione di petrolio e di gas con quella dei componenti o dei sistemi destinati all?utilizzo delle fonti rinnovabili, nonché di materie prime (biomasse e biocarburanti), come sta succedendo oggi. A ciascuno garantendo il necessario supporto, se del caso anche finanziario.

Sotto questo profilo l?imminente Conferenza nazionale sull?energia per importanza e visibilità rappresenta un?occasione irripetibile per avanzare una simile proposta con l?obiettivo, oltre quello ovvio di raccogliere critiche e suggerimenti, di uscire dalla conferenza stessa con l?impegno dei principali attori a fare veramente, e per la prima volta, sistema in campo energetico.

Chi è:
Giovanni Battista Zorzoli, docente del master Mea – Management dell?energia e dell?ambiente dell?università La Sapienza, è direttore del bollettino Energia ed Economiadell?Aiee – Associazione italiana degli economisti dell?energia e consigliere dell?Ises – Associazione e per la promozione dell?utilizzo dell?energia solare.

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