Sostenibilità
L’ultimo appello delle associazioni
Cgil, Legambiente e Fair chiedono un accordo vincolante già dal 2013
di Redazione
A poche ore dalla fine dei negoziati della 17a Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite in corso a Durban, in Sudafrica, le delegazioni governative stanno lavorando per trovare un accordo che possa consentire alla comunità internazionale di avere strumenti efficaci nella lotta contro il cambiamento climatico, come richiesto dal panel di scienziati dell’IPCC e dagli ultimi rapporti dell’UNEP, sulla necessità di tagliare radicalmente le emissioni di gas climalteranti.
Diversi sono i capitoli sul tavolo negoziale, come il second commitment period del Protocollo di Kyoto, che dal 2013 dovrebbe imporre nuovi impegni di riduzione ai Paesi industrializzati in base al concetto di “responsabilità storica e differenziata”; il Green Fund, che dovrebbe essere reso operativo con uno stanziamento di 100 miliardi di dollari all’anno per adattamento e mitigazione e l’importanza di una shared vision condivisa che renda operativa una transizione verso una società zero-carbon, capace di rispettare i diritti dell’ambiente, delle comunità umane e delle culture indigene.
CGIL, Legambiente e Fair, presenti alla COP di Durban come organizzazioni osservatrici, spingono perchè da Durban si esca con un accordo legalmente ed operativamente vincolante già dal 2013 sulla base del Protocollo di Kyoto.
“Il protocollo di Kyoto è l’unico accordo internazionale vincolante per la lotta al cambiamento climatico, uno strumento che seppur da aggiornare permette una cornice legale all’interno della quale coinvolgere tutti i Paesi membri della Convenzione” spiega Maurizio Gubbiotti, responsabile dipartimento internazionale di Legambiente, “un second commitment period, come previsto e rilanciato anche nella road map di Bali, è elemento sostanziale per mantenere efficace la lotta al cambiamento climatico, sulla base di una responsabilità dei Paesi storicamente inquinatori”.
E’ necessario un Green Fund operativo già da subito, secondo CGIL, Legambiente e Fair, basato soprattutto su fondi pubblici nuovi ed aggiuntivi e sotto l’egida dell’UNFCCC, che eviti ogni intervento di Banca Mondiale e di altre istituzioni internazionali nella gestione del Fondo stesso. Il Green Fund, di 100 miliardi di dollari all’anno, sebbene sottostimato rispetto alle reali esigenze dovrebbe stanziare, e non mobilizzare fondi, e dedicarli specificamente alla lotta al cambiamento climatico ed all’adattamento.
“Per quanto riguarda il Green Fund occorre che altri Paesi, oltre alla Germania, si impegnino concretamente nel suo finanziamento” dichiara Oriella Savoldi, responsabile dipartimento ambiente e territorio della CGIL, “a sostegno dell’equa transizione che non può essere scaricata sui Paesi del Sud del mondo e neppure sui lavoratori, le lavoratrici e le fasce sociali più deboli.”
Di sostanziale importanza è poi la legittimità delle decisioni prese all’interno della COP, che non dovrebbero essere sottoposte all’interferenza di altre organizzazioni internazionali. “Nella bozza di shared vision appena diffusa” dichiara Alberto Zoratti, responsabile clima ed economia dell’organizzazione equosolidale Fair, “c’è un chiaro accenno alla necessità che le scelte prese in sede COP siano condizionate dalle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Un precedente molto pericoloso”, precisa Zoratti, “che metterebbe nelle mani di un’organizzazione orientata alla liberalizzazione dei mercati e fuori dalle Nazioni Unite un percorso multilaterale che va salvaguardato e non sottoposto ad una visione del mondo, peraltro in crisi”.
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