Io amo le statistiche. Statisticherei tutto. E poi etichetterei i relativi barattoli colorati. E mi sforzerei di fare parlare i dati tra di loro.
Prendiamo i 7 libri che ho letto di Nick Hornby. Ad Alta fedeltà ho attribuito una valutazione globale di 7.5 e Tutto per una ragazza si è beccato uno spiazzante 7.7. A fronte di una media di 7.2 degli altri cinque romanzi, potrei chiedermi cos’hanno in comune questi due libri. Per esempio gravitano più degli altri intorno ad una storia d’ammore. Facile.
Gravitare intorno ad una storia d’amore non è sempre facile, anzi. Non so quando lo sia.
In parecchi videogiochi alla fine del livello compaiono le statistiche della tua partita: hai ucciso 21 beholder, hai trovato 25 chiavi. Percentuale di completamento: 71%.
Il numero di volte che ognuno di noi compie una determinata azione nella propria vita è un numero finito. Lo sa bene Eugenio Montale, che dopo il milione si è stancato di contare ma non di raccontare: l’esistenza di ciascuno può essere letta anche come una fila di dati.
“Buonasera, bentrovato; le è piaciuta la sua vita? Lei ha pronunciato 23,732 volte la parola “bella”, ha dato 13,944 baci, è andato in bagno 166,803 volte e ha fatto 47,823 previsioni sbagliate. Le interessa altro?”.
M’interessa andare a scrivere che c’è anche l’ultima volta in cui fai una certa cosa. Ed ogni giorno accade, eh. Che ne so… Suppongo che ieri sia stata l’ultima volta che ho indossato dei sandali che non sono miei, ma anche l’ultima volta che un fioraio mi ha fatto credito. È la nostra vita. E finisce.
Nella maggior parte dei casi in cui vivi una roba per l’ultima volta non hai idea che quella, proprio quella, sia l’ultima. Non ci pensi. Perché?
Perché ci speriamo. Per dire, non accetterò mai di ritenere una mia partita di pallone come la mia ultima partita di pallone. Eppure… Vai a chiedere a tuo nonno qual è stato l’ultimo gol che ha fatto e se sapeva che per lui era l’ultimo.
Al contrario confidiamo di non trovarci più in una situazione spiacevole. “È l’ultima volta che mangio il formaggio coi vermi”.
Il piccolo Mehmud, settenne nato in Pakistan, era un po’ frastornato mentre le mamme della casa lo abbracciavano e i loro figli, suoi amici per questi 8 mesi, sbirciavano incuriositi la scena. “Andiamo in un’altra casa, ma saremo solo noi”, gli aveva detto la mamma. Da quando sono in Italia non gli è ancora accaduto di avere una casa da soli e lui non sapeva tanto cosa aspettarsi.
Sono abbastanza sicuro che questa è l’ultima volta che Mehmud è ospite di una comunità educativa: lui e sua mamma ce la faranno. Alla fine della mia partita questa non comparirà nella lista delle previsioni che ho sbagliato.
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