Volontariato

Lula: chi abita diventi proprietario. Rivoluzione in favela

Brasile. Le ong giudicano il nuovo piano. Il neo presidente ha lanciato il suo progetto per le zone più povere del paese. Assegnando agli abitanti i diritti di proprietà.

di Paolo Manzo

João Pedro da Silva vive da più di dieci anni nella Rocinha, una delle più grandi favelas del Brasile. La sua casetta è abbarbicata sulla cima del Morro Dois Irmãos, la Collina dei due fratelli, e la vista su Rio è fantastica. Il problema maggiore di João Pedro è il lavoro, che manca, i figli, che sono tanti da mantenere, ma anche quella casetta: è stata costruita su un terreno che nessuno usava, ma lì, per legge, non ci dovrebbe essere neanche una tenda da campeggio. E invece, come quella di João Pedro, alla Rocinha ci sono oltre 30mila case. Tutte abusive. Come tutte le case in favela del resto, e il pericolo di uno sgombero, seppur remoto, resta. Senza contare l?umiliazione di non essere padrone in casa propria. Ma le cose stanno cambiando e, dopo l?annuncio di Lula che vuole trasformare gli abitanti delle favelas in proprietari delle case in cui vivono da anni, la speranza di João Pedro si è riaccesa. Assieme a quella di tanti faveleros che vivono come lui e sono milioni: 3.905 le favelas censite, di cui 612 a San Paolo e 513 a Rio de Janeiro; nel decennio 1990-2000 una percentuale di crescita delle città della miseria che sfiora il 500%.

Sei milioni di case
Cifre analoghe (e terribili) sono anche quelle rese ufficiali dalla Bid, la Banca interamericana per lo sviluppo: 2,34 milioni di brasiliani vivono in case di plastica, carta e lamiera; 6,5 milioni sono i favelados e 9,5 milioni sono costretti a dividere le loro case con altre famiglie. Difficile però dire quante favelas ci siano in Brasile, né quante persone ci abitino. Basti pensare che nella sola San Paolo le favelas (comprese le non censite) sono circa duemila, altro che 612?
“Uno studio di qualche anno fa stimava che il 65% della popolazione di Recife abitasse in favela”, confida Pippo Pisano, responsabile e coordinatore per il Brasile del Mlal, il Movimento laici America latina, presente qui con una decina di progetti. Del resto, uno dei punti di forza del programma elettorale di Lula è il programma Moradia, che tradotto in italiano vuol dire ?casa?: sei milioni di nuove abitazioni da costruire entro la fine del mandato. E anche la proposta di privatizzare le favelas rientra nella politica sociale per la casa del ?presidente operaio?. E per tradurre in fatti concreti le buone intenzioni elettorali il neo presidente amico dei movimenti (era a Porto Alegre), ma che dialoga coi grandi (è a Davos per il Forum economico mondiale), ha incaricato il ministro della Giustizia, Márcio Thomaz Bastos di approntare un programma di regolamentazione collettiva dei lotti di terra e delle favelas. Come misura prioritaria e da portare a termine rapidamente.
Non che l?idea sia originale, anzi. Da trent?anni se ne parla in Brasile e l?economista peruviano Hernando de Soto l?aveva già formulata in un suo libro, Il mistero del capitale (e in effetti in Perù è stata attuata).
Senza contare che in Brasile ci sono già norme che prevedono la privatizzazione delle favelas. “Esistono leggi degli Stati federali che abbreviano l?usucapione per gli immobili delle favelas. A Belo Horizonte questa norma c?è dal 1982. Simile all?Estatuto Da Cidade , legge statale, in vigore dal 2001, e che ha concesso a ogni persona che occupa per più di 5 anni un terreno urbano il diritto di chiedere, all?amministrazione municipale, la scrittura dell?area usufruendo di un?usucapione speciale”, spiega l?ingegner Enrico Novara, responsabile e coordinatore dei progetti Avsi in Brasile, che sta seguendo con passione due bei progetti di urbanizzazione delle favelas, quello di Alvorada a Belo Horizonte (Minas Gerais) e quello Ribeira Azul a Salvador (Bahia), cui partecipa anche la Banca mondiale.
“Il progetto Lula di privatizzare le favelas mi ha colpito”, precisa Pisano, “perché la proposta è praticamente il lavoro che noi stiamo facendo qui a Jaboatão, vicino a Recife, una città tra le prime in Brasile ad avere leggi sulle Zeis (le Zone speciali d?interesse sociale), che tutelano i faveleros. Qui stiamo lavorando da due anni in un progetto con un?ong locale, Servizio giustizia e pace, proprio sulla regolarizzazione delle favelas inserite in 12 aree Zeis”.

Un?aspettativa enorme
Un provvedimento in grado di dare un impulso alla risoluzione del problema? “Certamente. Oggi la tutela c?è solo sulla carta, ex lege, poi nella realtà non succede quasi nulla a causa della burocrazia. Noi, per esempio, lavoriamo a Jaboatão, ma lo facciamo con un sindaco che non è proprio? favorevole a questo tipo di cose”. Sorride Pisano e fa capire che tra il dire (pardòn il legiferare) e il fare c?è spesso di mezzo il mare e a Jaboatão, che pure ha la sua legge municipale tutta scritta per benino, quando si tratta dell?attuazione ? “È ovvio, se il potere pubblico non collabora, diventa complicato. Per questo m?interessa capire nei dettagli l?idea di Lula. E spero che con lui le cose cambino”, confida il responsabile del Mlal in Brasile.
Una speranza che è di tanti. Come si è visto pochi giorni fa quando Lula è andato a visitare proprio una favela di palafitte, la Brasília Teimosa, a due passi da Recife. Ascoltando alla radio le interviste coi favelados traspariva l?enorme aspettativa nei suoi confronti. Per la casa, certo, ma anche per il lavoro, per avere un minimo di vita decente. “Da questo punto di vista davvero Lula ha suscitato una grande speranza e credo che in Brasile, da quando è stato eletto, si respira un?aria differente. Con tutti i rischi che questo comporta”, spiega Pippo. Ma Lula lo sa bene e l?ha detto più volte: io non mi posso permettere di sbagliare.
Da Recife a Rio la distanza è tanta ma il panorama è tragicamente simile: degrado urbano, povertà, violenza. A Rio, Beppe Marchi ha vissuto per tre anni, assieme alla moglie Giliana. Nella favela Morro de São Carlos, volontario di un progetto Mlal. E anche lui appoggia in pieno la privatizzazione. “Da anni le associazioni delle favelas lottano per veder riconosciuto il diritto alla proprietà delle case. E l?impegno di Lula, se mantenuto, è importantissimo”.

La città emarginata
A forza di viverci, Marchi è diventato un esperto sul tema. Al punto che ha scritto un libro, La città emarginata, in cui fa un excursus storico delle favelas. E proprio guardando alla storia, un riconoscimento effettivo (e non solo ex lege) sarebbe una svolta. “Soprattutto pensando agli anni 70, al periodo triste delle deportazioni. In virtù della mancanza di un diritto di proprietà, i piani strutturati redatti con la collaborazione dei consulenti Usa avevano portato allo smantellamento d?intere favelas. Bruciarono le baracche per obbligare i faveleros ad andarsene. La gente si spostò in un?altra zona di Rio, più periferica, che prese il nome di Cidade de Deus, alla cui vicenda è ispirato il film omonimo”.
Ma i casi sono molti. “Il passo di Lula è importante per evitare altre possibili deportazioni”, dice Marchi. Trasformare i faveleros in proprietari, quindi, non sarebbe solo una buona ricetta economica e sociale, ma un modo concreto per chiedere loro scusa degli errori di un passato neanche troppo lontano.

Info:
Agencia de Notìcias das Favelas
agenzianews
Mobilizaçao pela Moradia
per una casa degna
Rochina
la più grande favela del Brasile

Italiani a San Paolo

Il Mlal ha una decina di progetti in Brasile. A San Paolo spicca Casa Dez: si tratta di un centro di difesa dei diritti del bambino e dell’adolescente. Ma anche un centro che fa attività culturale e si trova in un crocevia di tre grandi favelas nella zona sud di Sao Paulo, nel quartiere di Ipiranga, Heliopolis (la più grande e tra le più violente), Jardim Climax e São Savério.
C?è poi il progetto di sviluppo dei servizi giuridici e urbanistici nella favela della città di Jaboatão dos Guararapes (vicino a Recife, nello stato di Pernambuco), che ha come obiettivo quello di migliorare le condizioni urbanistiche delle aree interessate dal progetto.
Da segnalare, infine, un bel progetto a Salvador, con cui è stata creata una struttura all?interno di una scuola per preparare le insegnanti di scuola comunitaria. Si tratta in larghissima parte di donne e tutte provenienti dalle favelas cittadine.
Info:

MLAL

Qui Belo Horizonte
L?Avsi è in prima linea in Brasile per dare una mano ai poveri che vivono nelle favelas. Nello Stato di Belo Horizonte sono operativi parecchi progetti. Dal sostegno all?occupazione alla creazione di microimprese e cooperative urbane a basso credito, per costruire reti tra scuole per l?infanzia mirate a sviluppare le aree educativa, sociale, sanitaria e organizzativa – gestionale. È invece in via di conclusione il programma di urbanizzazione Alvorada, che ha interessato tre favelas di Belo Horizonte: Senhor dos Passos, Ventosa (una delle più violente) e Jardim de Felicidade. Qui l?Avsi ha costruito il bel Centro Alvorada in cui si insegna un lavoro, si fanno corsi di recupero scolastico e seguitissimi corsi di capoheira, un?antica danza degli schiavi africani che si è trasformata in uno sport spettacolare di difesa e attacco. A Salvador il progetto è invece di assistenza sociale e tecnica per la riduzione della povertà urbana nell’area di Ribeira Azul, di cui beneficiano oltre 150mila persone con interventi in diversi quartieri della città e che vede la collaborazione congiunta, oltre che della cooperazione italiana, anche della Banca mondiale. Il progetto ha scadenza nel 2004.
Info:

AVSI

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.