Politica

Luigi Pagano: «Sul carcere finalmente si volta pagina»

Pagano, per 16 anni al timone della casa circondariale milanese di San Vittore, poi a capo di tutti i penitenziari del Nord-ovest e numero due del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: “il carcere in questi anni è stato lasciato alla solitudine dei detenuti e degli operatori, senza che l’opinione pubblica si interessasse al problema. Il carcere che si apre all’esterno, il carcere dove entrano i volontari (giustamente ricordati da Draghi) diventa un carcere trasparente dove è difficile che poi avvengano episodi come quelli successi nel marzo 2020”

di Riccardo Bonacina

Luigi Pagano, per 16 anni al timone della casa circondariale milanese di San Vittore, poi a capo di tutti i penitenziari del Nord-ovest e numero due del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha messo nero su bianco la sua lunga esperienza nel libro “Il direttore. Quarant’anni di lavoro in carcere”, In tutto 304 pagine, nella pubblicazione di Zolfo Editore racconta 40 anni da direttore riformatore alle prese con centinaia di vite ristrette, quelle degli agenti e quelle dei detenuti.

Ieri ha seguito con una certa emozione la visita: “Mi ha colpito come il presidente del Consiglio Draghi e la ministra della Giustizia Cartabia abbiano voluto mettere la faccia sulla volontà, di questo Governo, di cambiare, finalmente, registro sul carcere e sulla vita di chi è costretto ad abitarlo. Un segnale emozionante sui diritti, a partire da quelli dei detenuti proprio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, teatro il 6 aprile 2020 di un brutale pestaggio. La voglia e la volontà politica di voltare decisamente pagina”.



Voltare pagina rispetto alle logiche giustizialiste e manettare di chi li ha preceduti e rispetto ai problemi annosi delle carceri italiane: un sovraffollamento strutturale (benché in calo, da 60mila a 53mila reclusi nell'ultimo anno, a fronte di 50mila posti tabellari); troppe morti (già 73 quest' anno, con 26 suicidi; 152 l'anno scorso, con 62 gesti estremi); denunce di violenze e abusi in diversi istituti italiani e altro ancora. Una visita che ha marcato il passaggio da “Abbiamo ripristinato la legalità”, frase infelice di Bonafede in Parlamento nel 2020 dopo i pestaggi a “È stata violata la Costituzione”, frase della Cartabia nel 2021.

Il presidente del Consiglio ha fatto una affermazione forte quando ha detto a proposito di quanto avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: “Le indagini in corso stabiliranno le responsabilità individuali ma la responsabilità collettiva è di un sistema che va riformato”.

Luigi Pagano: È una frase forte e molto giusta, non dimentichiamo che abbiamo avuto due condanne consecutive dalla Corte europea, l’ultima nel 2013, in cui la Corte riconosceva un deficit sistemico dell’Italia. Ci diede un anno di tempo per intervenire con proposte e provvedimenti. Ci fu la proposizione della delega Orlando, ma poi tutto si interruppe con Bonafede, per questo è giusto che oggi finalmente si torni a prestare la giusta attenzione.

Come ha detto la Cartabia, non se ne esce se non c’è “una presa in carico collettiva” del problema.

Luigi Pagano: Giustissimo, il carcere in questi anni è stato lasciato alla solitudine dei detenuti e degli operatori, senza che l’opinione pubblica si interessasse al problema. Il carcere che si apre all’esterno, il carcere dove entrano i volontari (giustamente ricordati da Draghi) diventa un carcere trasparente dove è difficile che poi avvengano episodi come quelli successi nel marzo 2020: 21 le carceri in rivolta dal Piemonte alla Sicilia, tredici vittime, duecento i feriti. Il carcere deve diventare comunità aperta all’esterno, anche alle imprese, alle istituzioni locali. Solo così quanto è previsto dall’articolo 27 della Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”) diventa possibile. Le carceri sono state confinate alla solitudine. Se devi “reinserire” bisogna che il carcere si apra alla società, lo dice la parola.

La ministra della Giustizia ha accennato a tre linee propositive. Innanzitutto ha parlato di edilizia carceraria ma lo ha fatto in termini nuovi dicendo “Nuove carceri e nuovi spazi non può significare solo posti letto. Per il triennio 2021-2023, abbiamo già previsto circa 381 milioni per le ristrutturazioni e l’ampliamento degli spazi.”.

Pagano: Giustissimo, il tema non è costruire nuovi edifici ma anche cambiare la concezione dei luoghi che rendano possibile organizzare diversamente la vita del detenuto. Bisogna creare spazi fuori del reparto detentivo in modo che consentano, aperte le celle, di organizzare la vita delle persone ristrette fuori del reparto. Spazi che consentano di ospitare iniziative specie se proposte dalla comunità esterna. Ecco, tutto questo oggi non sarebbe possibile. È fondamentale uscire dalla concezione architettonica delle carcerari novecentesche o addirittura dell'ottocento, come San Vittore. Io sono affezionato a quell'istituto, ci ho vissuto, non solo lavorato, per 16 anni, ma è uno carcere che guarda alla pena come la si intendeva 200 anni fa. Oggi è necessario non isolare, come si voleva allora, ma favorire la socializzazione , creare attività, occasioni di lavoro, di studio, di formazione, Ttutto questo è possibile però se è l’intera società a farsi carico dei percorsi di pena e di reinseriemento e se la politica per una volta non passerà ad altro. Se davvero ci si incamminerà su questa strada si potrà avere un carcere che rispetti la dignità delle persone e le possa recuperare alla Società, quindi capace di abbattere la recidiva e non invece, come purtroppo avviene oggi di essere essi stesso fattore criminogenetico.

A questo proposito la ministra ha parlato del rilancio delle misure alternative per condanne sotto i tre anni.

Pagano: È importante questa visione futura di sistema, ma ricordiamoci però che anche oggi si può fare molto c’è addirittura un Dipartimento ad hoc. Pensiamo a quanti carcerati soffrono di disagio mentale, a quanti tossicodipendenti affollano le carceri, ma è necessario metterli in galera?

Infine, la ministra ha detto che “Il lavoro in carcere non può essere lasciato all’improvvisazione o alle doti personali. Occorre la formazione”

Pagano: È un aspetto fondamentale, ma però la politica deve non abbandonare il percorso della Riforma penitenziaria e l’affermazione del valore Costituzionale della pena si può fare formazione ma se invece si cambia ogni due anni e si passa dal “Chiudiamo tutti e gettiamo le chiavi” al “rieduchiamo tutti” il personale si perde e non è coinvolto in un percorso che è fondamentale. Bisogna far capire al personale, oltre che alla società, dove si sta andando.

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