«Dobbiamo riuscire a inventare lo sviluppo senza avvalerci della senza spesa pubblica e crescere senza spesa pubblica è una sfida epocale. Epocale deve essere il cambio di passo delle imprese meridionali e della mentalità del Mezzogiorno». Lo dice Luigi Marino intervenendo a Reggio Calabria al convegno organizzato dal Forum delle Persone e delle Associazioni cattoliche impegnate nel mondo del lavoro (Cisl, Confcooperative, Confartigianato, Cdo, Acli, Mcl).
«Occorre di certo più Stato»”, ha detto Marino, «che garantisca ordine pubblico e che realizzi infrastrutture valide e moderne come dice il ministro Tremonti. Occorre anche una PA più efficiente. Un credito di prossimità più efficace e vicino alle esigenze delle imprese. Occorre, però, la riforma della cultura e dei comportamenti. Deve crescere una nuova società civile del Mezzogiorno che deve emanciparsi da coloro che nel Mezzogiorno hanno bloccato lo sviluppo se è vero che 57 anni fa l’incidenza del Mezzogiorno sul PIL era pari al 23,9%, oggi è pari al 23,8%. C’è, poi, il problema della moralità della politica che va svolta con sobrietà e serietà. Di certo lo spettacolo di calciomercato delle ultime settimane non è degno del ruolo e della missione politica».
«Le imprese e le cooperative sono chiamate a un grande sforzo nel cambio di mentalità. In Italia ci sono oltre 4 milioni di imprese. Solo 4.500 superano i 50 addetti. Di queste pochissime al Sud. Altro problema è la capitalizzazione. Le imprese italiane hanno una capitalizzazione inferiore del 30% alla media delle imprese europee, quelle del Mezzogiorno sono addirittura inferiori del 60% rispetto alla media europea. Il sommerso non si combatte solo con la Guardia di Finanza o con l’Ispettorato del Lavoro, ma con la solidità delle imprese. Il precariato non si riduce solo con le manifestazioni, ma con un apparato competitivo delle imprese stesse. Senza capitalizzazione», ha concluso Marino, «enza crescita dimensionale, senza fare rete, senza aprirsi all’internazionalizzazione le imprese si tarpano ogni possibilità di sviluppo».
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