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Luigi Bobba: un diario africano. Il capretto d’onore

Tre giorni in una missione francescana, dove presto sorgerà una nuova scuola. Un’esperienza unica per il presidente Bobba: «Ho incontrato un popolo in piedi»

di Luigi Bobba

Il primo impatto con l?Africa non è dei migliori: all?aeroporto di Maputo, le valigie non sono arrivate. Dopo un?estenuante ricerca, abbiamo la certezza che sono rimaste a Johannesburg e che forse saranno imbarcate nel pomeriggio.
Con Gino Gallino, ex direttore di Enaip Piemonte, partiamo alla volta di Vilanculos, cittadina a 80 chilometri da Inhassoro, nostra destinazione. Il volo è abbastanza breve. Ad attenderci, don Pio Bono e Caterina Fassio, rispettivamente sacerdote e missionaria laica della diocesi di Vercelli. L?accoglienza è festosa e ci ripaga del disagio delle valigie. Provvedo ad acquistare il minimo indispensabile al mercato per potermi cambiare, perché non sappiamo ancora e se e quando arriveranno i bagagli. Nel mercato regna un ordine singolare: tutto è accostato senza criterio, il pesce insieme alle ciabatte, i pomodori accanto ai vestiti.
Si parte in fuoristrada per Inhassoro. Due ricordi mi si stampano in testa: le zone acquitrinose ai lati della strada, ciò che resta dell?alluvione di due anni or sono, e l?incredibile fiume di gente che cammina ai bordi della statale. Donne con fasci di legna in testa, bambini con i quaderni sottobraccio, uomini. È la prima, forse la più indelebile istantanea del Paese: un popolo in piedi che cammina, un Paese che si sta svegliando, un?economia in fermento.

Questa è terra buona
Ecco il cartello stradale di Inhassoro; da lontano si vede l?oceano. Siamo alla parrocchia-missione: una casa francescana, ma dotata di luce elettrica, acqua e servizi. Quando don Pio è arrivato qui, nel luglio 2001, ha ristrutturato la casa e fatto il pozzo, meta ora di un pellegrinaggio continuo fino al buio. Buio che arriva senza imbrunire, quasi ci fosse un interruttore che accende e spegne la luce solare.
Arrivo al cantiere della nuova scuola, all?inizio della cittadina. Dall?altra parte della strada, il Cosv, una ong italiana, sta costruendo il nuovo ospedale. Capo del cantiere è Franco D?Aquanno dell?Enaip. Coordina, con l?aiuto di Gino Gallino, una squadra di 50 persone: lo scavo per le fondamenta del primo modulo è già completato. A ogni operaio viene corrisposto un salario di 36mila metikai a giornata (2 euro). Poco rispetto ai nostri parametri, ma un terzo in più della paga minima del Paese.
Il mattino seguente, alle 7, oltre alle 50 persone ingaggiate, ve ne sono altrettante che vorrebbero lavorare. La scuola professionale nasce anche per questo: essere un volano di sviluppo per l?economia locale. La giornata era cominciata presto: alle 6, don Pio celebra la messa in casa. È il cuore della giornata. Dopo, tutti partono per le loro attività. La missione è un porto di mare: donne, bambini che vengono a prendere l?acqua; gli artigiani che riparano le barche nel laboratorio all?aperto, nato grazie alla Caritas spagnola; bimbi, tanti e con occhi bellissimi, che frequentano l?asilo allestito nella chiesa.
Tante famiglie vorrebbero mandare i figli, ma gli insegnanti sono pochi. Così, per ora, le iscrizioni sono chiuse. Quando, tra qualche mese, aprirà la scuola in muratura che è in costruzione, le iscrizioni verranno riaperte. Caterina mi presenta le maestre, che fanno eseguire ai bambini una canzoncina. Il ritornello è «Mozambico terra buona» e viene accompagnato da una danza e larghi sorrisi. Sono questi bambini il futuro del Mozambico.

La barca di Venanzio
Altri ragazzi più grandi attorniano don Pio: si sta caricando la barca per metterla in mare. Assistiamo al recupero delle reti. L?oceano è generoso. C?è un?infinita varietà di pesci. La regola vuole che al padrone della barca spettino i pesci più pregiati e metà degli altri. Il resto viene diviso tra i pescatori, utilizzando come misura i cappelli di paglia che li proteggono dal sole. Ai bordi della spiaggia una lunga fila di case: sono i boeri del Sud Africa o dello Zimbabwe che hanno scoperto questa magnifica costa; con pochi spiccioli acquistano il terreno e si costruiscono un bungalow per le vacanze. Sulla spiaggia incontriamo Venanzio. È padrone di una barca ed è venuto a vedere come è andata la pesca. In segno di ospitalità, mi regala il pesce più pregiato. È un uomo tranquillo. Ha cinque figli. È lui che coordina il lavoro degli operai nel cantiere. È anche catechista e capo di due delle 41 comunità presenti nei villaggi della zona.
Il mattino seguente si parte per raggiungere due isole di fronte a Inhassoro. La più piccola si chiama S. Carolina. È un vero gioiello: spiagge bianchissime, vegetazione rigogliosa. C?è anche una chiesa costruita dai missionari della Consolata. È la prima volta che don Pio la visita. Qui alla domenica si riuniscono una decina di cristiani per ascoltare la Parola di Dio. Si riparte, destinazione Bazaruto, un?isola lunga 50 chilometri. Sabbia bianca, barriera corallina. Ci aspetta una piccola comunità. Non c?è ancora una cappella. Dopo la preghiera don Pio, in portoghese, inizia la catechesi. Venanzio traduce in citzua, la lingua locale. Non capisco nulla, ma c?è un?intensità di coinvolgimento che difficilmente ho provato in altre situazioni. Ci accompagnano a un?altra insenatura, dove la barca si è diretta per evitare la risacca. Mentre la jeep avanza sulla sabbia, tutti cantano con una gioia, un entusiasmo e una felicità indescrivibili. Non ci lasciano finché non siamo sulla barca e ancora, da riva, ci salutano cantando. È buio quando torniamo a Inhassoro.
Il giorno del lançamento da primeira pedra (la posa della prima pietra) è giunto. È il 5 aprile. Una grande preparazione ha preceduto la giornata che vede la presenza delle autorità del luogo, del vescovo di Inambane, don Alberto Setele, del governatore della provincia, Ires Aly e, con nostra sorpresa, del primo ministro mozambicano, Pascoal Mocumbi. La Escola de artes e oficios ?Estrela do mar? nasce per iniziativa di don Pio Bono, delle Acli e dell?Enaip. La cerimonia si svolge sotto una maqureira, un gigantesco albero che ci protegge dal sole. Don Pio spiega che la scuola sarà composta di sette moduli per sette laboratori professionali (muratore, elettricista, carpentiere, meccanico, cuoco, informatico, falegname).
Tocca al primo ministro. Ha parole di apprezzamento per gli italiani. Chiede che la scuola sia aperta alle donne, e ha ragione: qui le donne non se la passano bene. Fin da piccole devono portare pesi, l?acqua, la legna, curare i fratellini ed essere sempre al servizio di qualcuno. La pratica poi, per cui gli uomini possono avere due o tre mogli, le rende ancora più deboli e sottomesse. La prima pietra viene benedetta e incementata. Infine, con mia sorpresa, mi viene donato un capretto, segno di grande onore, perché si tratta della carne più pregiata, che si mangia solo nelle grandi occasioni. A tutti gli altri vengono offerte delle anatre. Il capretto, su proposta di don Pio, andrà a finire ai carcerati del posto che patiscono la fame, perché il governo non ha soldi per dar da mangiare anche a loro.

Coca Cola sulle case
Scommettere sulle persone: con queste parole don Pio mi ha convinto a impegnare le Acli in questo progetto. La modernizzazione non può passare solo dalla Coca Cola. Passeggiando per Inhassoro si rimane colpiti dal fatto che molte case hanno sui muri l?insegna della Coca Cola. La multinazionale, in cambio dell?uso dello spazio, paga la manutenzione della casa. Per cui le poche case in muratura sono diventate il veicolo principale di pubblicità per la Coca Cola.
Don Pio mi dice che in una mano tiene il Vangelo e con l?altra offre un aiuto concreto, un progetto, una scuola. Tenere insieme Vangelo e una vita più umana, più dignitosa. La causa del Vangelo e la causa dell?uomo non sono separabili. Anzi coincidono.

Info:
Per conoscere l?Enaip, Ente nazionale Acli istruzione professionale:
http://www.enaip.it/_index.html
Acli Nazionale: tel. 06.5840434
fax 06.5840202,
www.acli.it

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