Bruna Dentella è stata l’educatrice che ha seguito Edda nella sua esperienza di comunità. Questo il ricordo del “suo” Stefano.
Una comunità può rispondere ad esigenze diverse e spesso la droga è l’ultimo dei problemi, pur essendo l’aspetto che ti spinge ad entrarci. Credo che per Stefano la comunità abbia rappresentato un porto in cui fermarsi per un po’. Una famiglia in cui scaldarsi. Spazio e tempo per guardare in faccia ombre e luci. Stefano ha sempre avuto una grande onestà intellettuale nel mettersi in gioco. La sua sensibilità particolare lo ha spinto verso un percorso interiore quasi ascetico, che lo ha portato inizialmente a ridurre ai minimi termini le esperienze più gratificanti come le relazioni familiari e affettive, la musica, il cibo e perfino le comodità più semplici. Per ciascuno di questi aspetti ha intrapreso una ricerca rigorosa per giungere a riappropriarsi delle cose per lui importanti e significative, senza dare mai nulla per scontato e fuggendo dal rischio della banalità e della superficialità. Lo ha fatto in un modo silenzioso e discreto assumendosi sempre la responsabilità delle sue scelte. Solo ad un certo punto ha scelto di riaprire il proprio mondo interiore alla musica. Ed è stato bellissimo.
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