Economia

L’Ue soffoca il credito cooperativo

«Quella che si sta scrivendo a Bruxelles sulle banche è una legislazione di reazione. Che ci mette a rischio». Augusto dell’Erba, Vice Presidente Federcasse, lancia l'allarme in occasione della giornata di lavori dell'EACB presso il Parlamento Ue

di Mattia Schieppati

Nel quadro di incertezza economica che domina l'Europa, due sono le certezze: c'è una ricca fetta del mondo bancario che con la crisi innescata dalla finanza non ha e non ha avuto niente a che fare, ed è questa stessa fetta di banche che, anche durante le fasi più drammatiche della crisi, ha continuato a sostenere famiglie e imprese.
Questa "fetta" è rappresentata dalle oltre 4 mila aziende, con 72 mila sportelli (e il 20 per cento del mercato continentale del credito) che costituiscono il corpus della banche cooperative europee, che si sono ritrovate oggi a Bruxelles, presso la sede del Parlamento Europeo, per il loro appuntamento annuale organizzato da EACB e da Federcasse. Occasione per sottolineare il ruolo anticiclico e di sostegno all’economia reale svolto dal sistema europeo della cooperazione di credito, e chiedere al legislatore europeo un di più di attenzione, nel momento in cui si disegnano nuove regole per avviare l’Unione Bancaria e per mettere in sicurezza il sistema bancario del Continente.

«Le banche cooperative sono state un asse portante della crescita economica dell'Europa, come dimostrano i costanti incrementi delle quote di mercato nei paesi dove sono presenti», spiega Augusto dell’Erba, Vice Presidente Federcasse, che con il Direttore generale Sergio Gatti è intervenuto alla giornata di lavori. «Nonostante ciò è interessante notare che fino alla seconda metà degli anni 2000 la ricerca economica aveva quasi ignorato questo fenomeno. A volte gli analisti rimproveravano alle banche cooperative un modello troppo statico e conservatore; ad esempio gli alti livelli di patrimonializzazione erano visti come uno “spreco”: il capitale andava liberato e fatto fruttare, investendo nelle molteplici possibilità offerte dai mercati finanziari. Sappiamo ora, purtroppo, il contenuto fittizio di molti di questi investimenti. Così ora è alle altre banche, quelle che ottimizzavano il capitale, che vengono richiesti livelli di capitale più adeguati. La governance cooperativa ha consentito alle nostre banche di rimanere fedeli alla loro missione e le ha guidate nel fare le scelte corrette sia nel periodo di euforia che durante la crisi. Le scelte giuste a nostro avviso sono quelle di non aver ceduto alle lusinghe della speculazione finanziaria ma anche quelle di aver continuato a sostenere i propri soci e clienti anche quando la recessione suggeriva un comportamento più rivolto alla salvaguardia del proprio interesse. ».

Ma la riflessione portata a Bruxelles da Federcasse in rappresentanza delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali italiane non si ferma all'analisi – amara – di quanto è successo, ma naturalmente guarda avanti, e entra nel vivo delle decisioni attraverso le quali le autorità politiche e regolamentari stanno ridisegnando in questi giorni  l'assetto del sistema bancario europeo. «La grande maggioranza della legislazione attualmente in discussione in sede UE è una legislazione di reazione. Reazione alla crisi e a tutte le fragilità di sistema che la stessa ha svelato. Tale lodevole sforzo, quello cioè di mettere in sicurezza il sistema creando nuove solide basi di capitalizzazione delle banche, più trasparenza nel rapporto con la clientela, maggiore prontezza nel reagire alle crisi di liquidità e limitare gli effetti nefasti di una speculazione senza regole, rischia di colpire i destinatari sbagliati», osserva dell'Erba.  Le idee su quella che è la "linea del Piave" sono chiare: «Non è pensabile che le banche cooperative vengano assoggettate a quelle norme comunitarie pensate per limitare, ridurre, sterilizzare gli eccessi di speculazione e leverage delle grandi banche continentali. Il peso di questa legislazione su banche di piccole dimensioni quali le BCC non solo è insopportabile ma, ancor prima, è ingiusto. Banche stabili, virtuose, capitalizzate e liquide non devono pagare le conseguenze di coloro che hanno ignorato tali cardini dell’attività bancaria. Un esempio di questi giorni viene dalla discussione sulla direttiva Bank Recovery and Resolution. Come riconosciuto anche in uno dei recenti documenti della presidenza irlandese, l’obiettivo della direttiva era quello di fornire agli stati membri gli strumenti per “risolvere” banche troppo grandi per fallire ed evitare l’intervento finanziario dello stato. La decisione di includere nella direttiva tutte le banche, senza una chiara e robusta declinazione della proporzionalità rischia, paradossalmente, di pesare in maniera sproporzionata proprio sulle banche non sistemiche».

Un richiamo, neanche tanto velato, al cosiddetto "legislatore" a fare uno sforzo in più di conoscenza e approfondimento su quello che il Credito cooperativo rappresenta, e quali sono le sue specificità. Per arrivare a cosa? Dell'Erba è chiaro: «La legislazione comunitaria deve, dunque, tutelare e promuovere la biodiversità nell’industria bancaria, riconoscendo le specificità delle banche di credito cooperativo italiane o europee, scongiurando ogni rischio di omologazione secondo norme sproporzionate e ingiuste. Come riconosciuto anche dal Liikanen Report: “La diversità rafforza la resilienza del sistema bancario in quanto mitiga la sua vulnerabilità alle interconnessioni sistemiche e promuove una effettiva concorrenza. La diversità è esplicitamente protetta dai Trattati Europei”. Questo proprio perché vogliamo continuare a fare la nostra parte nel favorire la ripresa economica, e tornare a una situazione di crescita economica che sia equilibrata e inclusiva».

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