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L’UE impone tracciabilità obbligatoria sui “minerali insanguinati”

Dopo mesi di negoziati, le tre istituzioni europee – Commissione, Consiglio e Parlamento – hanno raggiunto un accordo per rendere obbligatoria la tracciabilità dei minerali importati nello spazio UE. “Un bel giorno per l’Europa”, assicura Gianni Pittella, Presidente del Gruppo S&D, all’origine di una vittoria che oggi “spezza la catena che in molte aree del mondo lega le violenze di bande criminali all'estrazione di minerali usati poi per fabbricare i nostri cellulari, tablet o PC”. Ma la battaglia non è finita sostiene la società civile.

di Joshua Massarenti

Oggi le tre istituzioni dell’Unione Europea – Commissione, Parlamento e Consiglio – hanno annunciato aver raggiunto un accordo che rende obbligatoria la tracciabilità dei minerali importati dalle imprese UE. “È un bel giorno per l'Europa”, ha dichiarato Gianni Pittella, il presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento UE. “Con orgoglio ed emozione possiamo dire di aver contribuito a spezzare la catena che in molte aree del mondo lega le violenze di bande criminali all'estrazione di minerali usati poi per fabbricare i nostri cellulari, tablet o PC”.

Sempre oggi si è espressa Lilianne Ploumen, ministra del Commercio estero dei Paesi Bassi, che assicura la presidenza di turno dell’Unione: “L’UE si impegna a impedire che il commercio internazionale dei minerali non finanzi i signori della guerra, i criminali e coloro che violano i diritti umani”.

Dal canto suo, la commissaria UE per il commercio, Cecilia Malmström, si è detta convinta che “questa intesa politica sui minerali dei conflitti farà sì che il commercio contribuirà alla pace e alla prosperità nelle comunità e nelle aree di tutto il mondo coinvolte in conflitti armati”.

Con orgoglio ed emozione possiamo dire di aver contribuito a spezzare la catena che in molte aree del mondo lega le violenze di bande criminali all'estrazione di minerali usati poi per fabbricare i nostri cellulari, tablet o PC.

Gianni Pittella, il presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento UE

I minerali rimasti al centro della battaglia feroce che ha opposto le istituzioni UE sono il tungsteno, lo stagno, la tantalite e l’oro, tutti utilizzati per la produzione di beni di consumo quali i cellulari, i tablet, le lampade oppure i computer. Questi minerali sono prevalentemente estratti in Africa, soprattutto in Repubblica democratica del Congo. In queste aree, gruppi armati combattono tra loro per il controllo delle miniere che sfruttano per finanziare le proprie guerre. Nel 2015, si contavano in Africa 27 conflitti armati legati allo sfruttamento e al controllo delle risorse minerarie.

“Un anno fa in RDC, abbiamo visto con i nostri occhi il brutale sfruttamento dei bambini e la violenza contro le donne. Da allora, nel Parlamento europeo e poi nei negoziati con il Consiglio UE, il nostro gruppo politico combattuto una battaglia morale ed etica, prima ancora che politica ed economica”, ha ricordato Gianni Pittella. Infatto nel maggio 2015, in seguito alle pressioni del gruppo dei Socialisti e democratici europei, il Parlamento UE aveva approvato un un emendamento che, rispetto alla proposta iniziale della Commissione UE, introduceva la tracciabilità obbligatoria anziché volontaria per le imprese europee che importano minerali da zone di conflitto. Da allora, come ha ricordato Cecile Kyenge sul suo blog su Vita.it., “il dossier era passato nelle mani del cosiddetto Trilogo, una procedura informale attraverso la quale Parlamento, Commissione e Consiglio negoziano un testo comune”.

Dall’1 febbraio erano in corso trattative a porte chiuse che hanno coinvolto le tre istituzioni europee e durante i quali cui alcuni Stati membri, sulle pressioni esercitate dalla lobby industriale europea, si stavabo opponendo con forza al dovere di diligenza, peraltro previsto nelle linee guida adottate dall’OCSE nel 2011 per le imprese che operano nella filiera dei minerali provenienti da zone di conflitto.

Gli investitori e i consumatori dell'UE non avranno l'assoluta certezza che le aziende che importano minerali si comporteranno in modo responsabile.

Iverna McGowan, responsabile dell’Ufficio Istituzioni europee di Amnesty International

Le misure previste nella futura regolamentazione farà sì che le imprese europee importatrici che si trovano all’inizio della catena di produzione (incluse le fonderie e le raffinerie) avranno l’obbligo di assicurarsi e garantire che non sussiste nessun legame tra la catena di approvigionamento e i conflitti armati. Le imprese che invevce importano un volume limitato di minerali saranno esentate dalla regolamentazione.

Per quelle imprese che si trovano alla fine della catena di produzione e che utilizzano i minerali per integrarli nei prodotti di conumo che fabbricano, sono previste altri tipi di misure (tra cui strumenti di audit), tutte volontarie, che dovrrebbero essere implementate da qui ai prossimi due anni. Se queste misure non saranno adottate, allora queste imprese saranno costrette a sottoporsi ad una tracciabilità obbligatoria sui minerali utilizzati contenuti nei prodotti che fabbricano.

“Un mezzo accordo” denuncia Amnesty International. “La decisione di oggi lascia le aziende che importano minerali completamente fuori dai guai”, sostiene Iverna McGowan, a capo dell'Ufficio Istituzioni europee di Amnesty. “L'UE ha degli obblighi internazionali sulla protezione dei diritti umani, ma è andata solo a metà strada nel difendere questi diritti. Gli investitori e i consumatori dell'UE non avranno l'assoluta certezza che le aziende che importano minerali si comporteranno in modo responsabile. Le cose cambieranno poco, troppo poco”.

Non a caso durante la sua conferenza stampa, Gianni Pittella ha ricordato che il Gruppo S&D “continuerà a lavorare per rendere la legislazione sempre più stringente, perché non ci siano più donne o bambini a subire indicibili atrocità. L'Europa deve smettere di considerare l'Africa come una terra da sfruttare e farla diventare un partner politico che merita rispetto e pari dignità”.

Articolo publicato nell'ambito di un progetto editoriale che associa Vita a 25 media africani indipendenti.

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