Mondo
L’Ue accusa l’Italia: “Non prende le impronte ai migranti”
L'Unione europea è pronta ad aprire una procedura d'infrazione verso il nostro Paese ma anche altri. Sembrerebbe un atto dovuto che potrebbe rivelarsi innocuo a fronte di chiarimenti, ma per ora il problema si pone. Nel frattempo, l'europarlamentare Barbara Spinelli con 22 colleghi denuncia: "Le pratiche delle autorità nell'hotspot di Lampedusa sono illegali, senza le informazioni necessarie sul diritto d'asilo"
di Redazione
Era una minaccia, ora sembra diventare realtà: la Commissione europea sarebbe pronta a rivolgere all’Italia una procedura d’infrazione per non avere raccolto le impronte dei migranti arrivati nel nostro Paese. Il tutto avverrà nei prossimi giorni, anticipa l’Agenzia Ansa Europa citando fonti provenienti direttamente da Bruxelles.
Si tratterebbe di un “atto dovuto a causa del mancato rispetto delle disposizioni del regolamento Eurodac”, il sistema di rilevamento dati attivo a livello europeo, secondo la stessa fonte, e sarebbe imputato all’Italia e ad altri Stati europei. Ciò avviene dopo mesi in cui l’Italia stava fornendo continue informazioni alla Ue circa la pratica delle impronte, nella speranza di un esito positivo e non dell’apertura di una procedura, primo passo che potrebbe, se non risolto prima, arrivare a portare il Governo italiano davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
In Italia, come in Grecia, sono stati di fatto aperti i primi hotspots, centri di identificazione e smistamento dei migranti in arrivo dopo essere sopravvissuto alla fuga dal proprio paese e al viaggio nel Mar Mediterraneo. Qui, una volta date le impronte, dovrebbero riuscire a chiedere asilo politico, rimanendo poi in attesa di una risposta. La situazione, in realtà, è confusa e il caso dell’hotspot di Lampedusa è emblematico: "Da settembre le autorità Italiane hanno adottato nuove pratiche illegali in violazione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo presso l'hot spot di Lampedusa", denuncia l’europarlamentare Barbara Spinelli in un’interrogazione firmata da altri 22 colleghi europei. "Arrivati nell'hot spot, i migranti sono frettolosamente intervistati e ricevono un formulario incompleto senza informazioni sul diritto all'asilo. Pertanto, molti migranti ricevono provvedimenti di respingimento senza avere avuto l'opportunità di chiedere asilo ai sensi delle direttive 2011/95/UE detta "Direttiva Qualifiche" e 2013/32/UE detta "Direttiva Procedure". Una volta ricevuti i provvedimenti di respingimento, i migranti sono cacciati dai centri con un documento che li obbliga a lasciare il paese entro sette giorni dall'aeroporto di Roma Fiumicino”.
"La direttiva 2013/32/UE stabilisce, qualora migranti detenuti in centri di trattenimento desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, che tutte le informazioni sulla possibilità di farlo sia loro garantita, secondo l’articolo 8”, spiega Spinelli. L'interrogazione si conclude considerando che “non avendo tenuto conto delle circostanze specifiche di ciascun caso nel rilascio di provvedimenti di respingimento, contravvengono all'articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e alla giurisprudenza consolidata della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo”. L'eurodeputata, insieme ai 22 colleghi di diversi gruppi politici (Socialisti, Liberali, Verdi, Sinistra unitaria europea) chiede alla Commissione di indagare sulla compatibilità di tali pratiche di gestione degli hot spot con il diritto dell'Unione Europea.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.