Mondo
L’Ucraina, l’inno di Mameli e i tre passi verso la pace
Nel giorno della grande manifestazione per la pace un contributo di Marianella Sclavi, portavoce del Mean che aiuta a capire di più lo spirito del popolo ucraino e le prospettive per una pace giusta
Un famoso antropologo e critico letterario russo di nome Michail Bachtin sosteneva che "è solo agli occhi di un'altra cultura che noi comprendiamo più profondamente la nostra".
A questo proposito vorrei proporvi un esperimento che questo libro (“Sotto il cielo dell’Ucraina”) che racconta il viaggio in Ucraina di Pinuccia Montanari assieme alla delegazione del MEAN (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) vi aiuterà a portare a termine felicemente. Immaginatevi in una città ucraina, sia questa Leopoli o Kiev, Odessa o Kharkiv, fianco a fianco con esponenti della società civile e delle autorità politiche e religiose locali, tutte persone mobilitate quasi 24 ore su 24 nella emergenza bellica. Tutte assolutamente determinate a non cedere di un passo di fronte all'invasore, nonostante si celebrino ogni giorno funerali dei loro figli, mariti e fratelli morti combattendo l'invasore e di civili uccisi dai missili. Fermi su queste posizioni, nonostante le giornate trascorse scavando nelle macerie e a curare i feriti come dopo mille terremoti. Persone che con voce calma e ferma vi spiegano che per loro un regime che non garantisce la libertà di pensiero, di parola, e di movimento ( "vogliamo poter girare il mondo come ci pare") è "peggio della morte". Che da piazza Maidan in poi è iniziato il loro viaggio verso la democrazia e non sono disposti a rinunciarvi per diventare i servi della gleba di un regime dispotico. Immaginate di essere stati presenti quando in un incontro precedente uno di voi, un "pacifista della resa" (convinto che l'unico modo per fnire la guerra è arrendersi all'aggressore) ha esclamato" Ma così morite tutti !" "Non potete vincere contro il gigante !|" e si è sentito rispondere da un alto prelato presente: " Per noi è vittoria o morte. Per questo vinceremo. Tutti i ritratti che vedete nei corridoi di questo seminario sono di sacerdoti che sono stati trucidati. La resa senza sottomissione non è concepita dal nostro aggressore."
È molto difficile per noi capire come un popolo intero possa sentirsi unito in un tale atteggiamento di sfida all'oppressore anche a costo della vita. Ci riesce più facile dipingerlo come "manipolato" da questo o da quello, dai servizi segreti americani e dal loro "zimbello" Zelensky e dagli oligarchi,e così via. Il problema è che se andate in Ucraina, come in questo testo vi racconta Pinuccia Montanari, dovete riconoscere che coloro che incontrate non sembrano per niente manipolati, né manipolabili. Anzi, vi sembrano persone super autentiche, super coraggiose, dotate di doti di empatia e spirito critico eccezionali data la situazione. Questo ci lascia attoniti e scioccati. E allora?
Allora l'incontro si apre con l'ascolto dei tre inni nazionali: italiano (perché siamo noi gli ospiti) ucraino e europeo. Siamo tutti in piedi con la mano sul cuore. E noi italiani ci troviamo ( forse per la prima volta) ad ascoltare quello che cantando proclamiamo.
L'esperimento che vi propongo è questo: provate a recitare l'Inno di Mameli con una piccola modifica. Questa: Fratelli d’Ucraina–
L’Ucraina s’è desta, Dell’elmo di Scipio S’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, Ché schiava di KIev, Iddio la creò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L’Ucraina chiamò.
Noi siamo da secoli calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un’unica Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l’ora suonò. (..) Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L’Ucraina chiamò.
L' inno italiano è stato composto nel 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro. Nella " traduzione in ucraino" la licenza poetica riguarda sicuramente l'elmo di Scipio: loro preferirebbero la spada dei cosacchi! Ma per il resto… non so voi, io sono rimasta profondamente turbata dalle affinità fra l'afflato patriottico dei nostri progenitori, grazie ai quali "l'italia si è desta" e i sentimenti attuali del popolo ucraino. Forse Bachtin ha ragione, il punto di vista degl ucraini ci aiuta a vedere noi stessi da una prospettiva inedita, a fare meglio conti con le nostre radici.
Dopo di ché è chiaro che il 2022 non è il 1847, che nel frattempo il mondo è radicalmente cambiato e che, per esempio, il nemico di oggi minaccia di usare la bomba atomica, cosa che non era a disposizione dei nostri nemici di allora, gli austriaci e che dalle due guerre mondiali in poi, i civili che muoiono in una guerra sono più numerosi dei militari.
Per discutere seriamente di questa guerra e del suo possibile esito si deve tener conto sia del percorso storico della indipendenza ucraina, iniziato solo nel 1991, in seguito alla caduta dell'URSS e del muro di Berlino (1989) , sia dell'attuale contesto internazionale in rapido mutamento (digitalizzazione, crisi economica e ambientale, pandemia, aumento diseguaglianze, migrazioni).
Credo siano veramente molto importanti tre punti che come MEAN abbiamo concordato con i nostri partner ucraini nei nostri vari incontri a Leopoli e a Kiev.
Primo, il rafforzamento della democrazia sia in Ucraina che in Europa è la più cocente sconfitta che infliggeremo al regime della paura di Putin.
Secondo: Questo se da un lato comporta anche non darla vinta sul campo militare, dall'altro richiede una estrema attenzione a NON DIVENTARE SIMILI AL NEMICO, man mano che la guerra procede. Pericolo quest'ultimo sempre presente nelle guerre che si potraggono e che si sventa solo con la solidarietà personale, con la presenza solidale e non rinunciando a dare spazio all'empatia e all' immaginazione e a ragionare in termini di futuri desiderabili per l'umanità.
Terzo: Una proposta che va in questa direzione è quella di istituire anche in Ucraina , al termine della guerra, una Commissione per la Verità e e Riconciliazione come è avvenuto nel dopo Apartheid in Sud Africa. Una commissione diretta da un gruppo di saggi in cui le vittime di ogni parte, e quindi anche schierate con degli aggressori, hanno diritto di parola e di ascolto.
Infine: siamo debitori al popolo ucraino che con la propria lotta ci ricorda quanto la democrazia è fondamentale e che tutti insieme dobbiamo esigere una democrazia europea, più autonoma e capace di svolgere un ruolo di pacificazione al proprio interno e a livello mondiale. Lavoriamo ( e chi ha fede, prega..) perché anche nella Federazione russa, tali proposte possano essere accolte dalla società civile, dal clero e dal potere politico. L' impegno per uscire dalla guerra richiede sia a loro che a noi grande coraggio e creatività.
*etnografa, attivista e accademica italiana e portavoce del Mean
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