Cultura

Luciani, quel papa new global

L'editoriale di Giuseppe Frangi sulla figura di Giovanni Paolo I a 25 anni dalla brevissima ascesa al papato prima della sua scomparsa.

di Giuseppe Frangi

Accadeva 25 anni fa, in questi giorni. Un?estate incredibile e convulsa in cui, in poche settimane, l?erede di san Pietro cambiò per ben due volte. E, chiuso tra due pontificati destinati a segnare la storia, quello drammatico e lacerato di Paolo VI (ricordate le sue ultima parole?: «Ora che la giornata tramonta e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena?») ; e il pontificato roccioso di papa Wojtyla, s?affacciò per 33 giorni un uomo umile, semplice. Se vogliamo dare alla parola papa quel connotato di potenza e di grandezza che un po? si porta dentro, potremmo dire che fu il papa meno papa che si potesse immaginare. E lo fu anche nei fatti, visto che attraversò come un semplice passeggero in transito quei palazzi carichi di storia. Non aveva la voce tonante di chi gli è succeduto, né quella tagliente ed epica del suo predecessore. Aveva una voce esile, non si sa se timida o piuttosto divertita dello scherzo che il Padreterno gli aveva tirato: una voce comunque non destinata, volutamente, a incidere i muri della storia.
Vi chiederete: perché ricordare allora papa Luciani? Perché parlarne? Il motivo è molto semplice. Uno come papa Luciani ci manca. Manca a chi è cattolico, come il sottoscritto, ma manca, credo, anche al mondo. Manca perché con lui, per quell?istante durato 33 giorni, un non protagonista occupò un posto che solo chi ha il temperamento da protagonista può occupare. Intendiamoci, papa Luciani non era un outsider. Aveva una coscienza profonda del suo ruolo. Solo che non se ne prese mai i meriti. In questo stava la sua semplicità. Ma forse la sua unicità (grande fede a parte) sta in un?altra dimensione, che oggi sulla scena pubblica del mondo sembra latitare a ogni latitudine, compresa, spesso, quella della chiesa: ed è l?assenza di retorica. La sua forza stava nel non contare sulle proprie forze, con un?avvedutezza che la sua scomparsa così rapida, ha reso poi profetica. Non era un semplice nel senso che non era consapevole delle complicazioni della storia. Era un tipo semplice perché fu capace di salire sul gradino più alto della chiesa conservando integrale l?umiltà del parroco che ogni mattina apre il portone della sua chiesa.
Questo aspetto pubblico ci manca. Il volto di un ?primo? che sinceramente considera se stesso un ultimo. Di un ?primo? che non inganna, che non annuncia l?impossibile, che sa sorridere come solo un amico sorride. Papa Luciani incarnò il volto tenero e sobrio del potere, perché non era un uomo ?contro?. Non ce l?aveva con nessuno, nemmeno con una cultura e uno stile di vita che stava mettendo la fede e la chiesa ai margini. Non era uomo da crociate, né da recriminazioni. Sapeva d?essere sulla strada buona perché qualcun altro l?aveva guidato lì.
Appena nominato vescovo, nel 1959, si era recato, stupito e gioioso, a dire l?ultima messa ai suoi compaesani. Spiegò loro quanto gli era accaduto: «Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, dal lago e ne fa degli apostoli». Ecco quello che papa Luciani ha lasciato a tutti, credenti o no: il senso del dono. Più new global di così?

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