Welfare
Lucia Annibali, un film per urlare i diritti delle donne
Oggi in prima serata su Raiuno va in onda “Io ci sono”, la storia dell’avvocatessa di Urbino sfigurata con l’acido dall’ex fidanzato geloso. «Oggi è diventata portavoce della battaglia contro quell’idea primitiva del possesso e della sopraffazione dell'uomo sulla donna», racconta il regista Luciano Manuzzi
Oggi 22 novembre, in prima serata su Raiuno, va in onda “Io ci sono”, che racconta la terribile storia di Lucia Annibali. Il film tv è tratto dall'omonimo libro scritto dall'avvocatessa di Urbino che la sera del 16 aprile 2013 è stata aggredita mentre rientrava nel suo apparteranno. Un uomo incappucciato le lancia addosso del liquido e scappa via. Lucia sente la pelle che brucia e si deforma, pochi attimi e smette anche di vedere. È colpa di Luca Varani, pure lui avvocato e suo ex fidanzato.
Lo scorso maggio la Cassazione ha confermato in via irrevocabile la condanna a vent’anni di reclusione per Varani, accusato di aver assoldato due albanesi perché sfigurassero con l’acido il volto della sua ex fidanzata. Era la punizione che secondo lui Lucia meritava per aver continuamente rifiutato di voler riallacciare la loro relazione ormai lacerata.
«Lucia sta realizzando quello che sapeva di dover fare fin dai primi giorni d’ospedale: resistere, lottare e parlare della sua vita e della sua rinascita», ha detto il regista Luciano Manuzzi. «Oggi è diventata portavoce della battaglia contro quell’idea primitiva del possesso e della sopraffazione dell'uomo sulla donna che ancora sopravvive ed è spesso tra le cause scatenanti del femminicidio. Vicende che siamo soliti relegare a un lontano mondo tribale, in Bangladesh come in Pakistan, ormai accadono nella porta accanto».
Ad interpretare Lucia sul piccolo schermo è Cristiana Capotondi. «Per me Lucia è un eroe. Una donna che ha sfidato il dolore in maniera sempre ironica ed autoironica», ha spiegato l'attrice. «Ha una leggerezza molto difficile da riscontrare in chi ha vissuto fatti così tragici».
Per Lucia Annibali “Io ci sono” si rivolge non solo alle donne affinché imparino a riconoscere i segnali di allarme (minacce, insulti, urla improvvise, reazioni fisicamente violente) di una relazione malata che rischia di sfociare nella tragedia, «ma anche agli uomini perché provino davanti a questo film il senso dell’orrore di quello che può essere il proprio atto di violenza».
Il 25 novembre ricorre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una ricorrenza istituita dall’Onu nel 1999 e celebrata in Italia dal 2005. La data è stata scelta per ricordare il brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal uccise per la loro opposizione al regime dominicano di Rafael Leonidas Trujillo.
In Italia, malgrado la legge del 2013 contro e la violenza di genere e il femminicidio, un neologismo che fa riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico, i casi di donne uccise da partner o ex sembrano destinati a suscitare sempre meno scalpore. Nei primi otto mesi del 2016 sono stati registrati oltre 70 casi di femminicidio. Negli ultimi dieci anni, secondo i dati dell'Eures, l'Istituto di ricerche economiche e sociali, ed elaborati dall’Osservatorio “In quanto donna”, le donne uccise nel nostro Paese sono state 1.740.
Che fare? Le associazioni e i centri antiviolenza chiedono al legislatore il riconoscimento giuridico del femminicidio come specifico reato. Perché, come scrive Antonella Merli, professoressa di diritto penale presso la Scuola di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino e autrice di Violenza di genere e Femminicicio, «si tratta di un omicidio di donne da parte di uomini perché donne, dunque in un significato specifico che non include tutte le uccisioni di donne, per qualsiasi causa e in qualsiasi contesto».
Ma la legge non basta. L’intervento, tra i più importanti, è a livello culturale. A questo proposito è stato istituito presso la Commissione Pari opportunità una cabina di regìa interministeriale per l’attuazione delle azioni previste dal Piano Straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Un programma che prevede per i prossimi due anni uno stanziamento di 19 milioni di euro destinato al potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittima di violenza.
«Occorre tuttavia educare ad una vera cultura del rispetto alla parità di genere, attraverso una campagna di informazione e sensibilizzazione da avviare già nelle scuole», ha sottolineato Lucia Annibali che ha da qualche mese accettato l’incarico di consigliere giuridico del ministero delle pari opportunità con una speciale attenzione alla violenza di genere.
«Stiamo lavorando a tempo pieno con le associazioni, i centri antiviolenza, per creare un nuovo piano anti violenza che sia il più concreto possibile», dice ancora Annibali. «Si stanno individuando le linee guida per i protocolli in Pronto Soccorso, il primo luogo dove le donne che hanno subito violenze si rivolgono, in modo che venga fornito non solo supporto medico ma anche sostegno psicologico capace di ridare forza a queste vittime».
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