Nella foresta amazzonica prima arrivano i tagliatori a selezionare gli alberi dal legno pregiato, poi si disbosca con il fuoco e I bulldozer. All’inizio si fanno raccolti, poi il terreno viene lasciato agli allevatori. Tempo pochi anni e quella che era una foresta si trasforma in una macchia sterile. Se sei un allevatore furbo, passi in tempo al prossimo terreno da disboscare. Se invece non ti accorgi della fine imminente, rimani ad arare la sabbia e alla fine devi vendere tutte le bestie.
Questa è la logica dell’iper-sfruttamento e dello sviluppo economico in-sostenibile. E questo sembra il destino dell’industria del gioco d’azzardo in Italia. La storia parallela di due aziende, Lottomatica e Sisal, che hanno beneficiato della liberalizzazione selvaggia iniziata nel 2003 e che adesso sono protagoniste della cronaca economica ci può dare qualche indicazioni sui diversi modi di affrontare la fase dell’inaridimento, quando la resa del “terreno” inizia a declinare.
I primi, quelli di Lottomatica, hanno capito che ormai in Italia spazi di crescita non ce ne sono più e stanno trattando per l’acquisizione della IGT, un’azienda americana sempre specializzata nel gioco d’azzardo. Lottomatica aveva già creato una solida testa di ponte negli USA con la acquisizione nel 2006 di Gtech, adesso con Igt, il gruppo diventa sempre più americano. Ad oggi, Il 56% del fatturato di Lottomatica è in Italia. Quando passiamo ai profitti, il contributo delle slot italiane è pari all’89% degli utili operativi. I soldi buttati via dagli italiani nelle macchinette serviranno, quindi, agli azionisti di Lottomatica per comprare Igt e spostare il baricentro oltre-oceano. Gli utili si abbasseranno, ma, visto che quelli di Lottomatica non sono stupidi, questo è il prezzo da pagare per un business più sostenibile e duraturo.
Sisal invece ha dovuto ritirare la quotazione in Borsa. La ragione ufficiale è la fase di turbolenza che sembra aver preso di mira nuovamente i paesi periferici dell’area euro. Una parte di vero c’è. Ma la ragione è anche un’altra. In queste settimane abbiamo visto il mercato digerire dei mattoni come Monte Paschi, Carige, … Basta avere un piano credibile e, anche se con un po’ di difficoltà, i soldi si trovano. Ma, nel caso di Sisal, sembra che i potenziali investitori abbiano notato l’irrealismo delle ipotesi di crescita di un mercato “maturo” (il termine usato dagli analisti per definire un limone spremuto) come quello del gioco d’azzardo in Italia e le crescenti difficoltà politiche e sociali alla apertura di nuovi esercizi dedicati alle slot e alle VLT, che sono la parte più lucrativa del business.
Dopo 10 anni di sfruttamento selvaggio, il terreno infatti non frutta più. Sarà la crisi, saranno i sempre più numerosi Chico Mendez che si oppongono alla diffusione incontrollata delle slot, sta di fatto che il fatturato del gioco d’azzardo ha iniziato a contrarsi. Nel 2013 sono stati spesi al gioco 86,7 mld di euro (-0,6 mld rispetto al 2012). Il fatturato per l’industria (cioè le perdite subite dai giocatori) è stato di 16,8 mld di euro (-0,5 mld rispetto al 2012). La contrazione del fatturato nel 2013 è stata sopportata principalmente dall’industria, giacché il calo degli incassi per l’erario è stato di soli 100 milioni. Per l’erario il picco “estrattivo” è stato raggiunto 5 anni fa, nel 2009. Nella tabella sottostante, la serie storica dell’estrazione di risorse dalle tasche degli italiani che ha caratterizzato il periodo post-liberalizzazione del 2003.
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