Non profit
Lotta all’azzardo: la vittoria della società civile comincia dalle parole
L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha pubblicato il suo annuario statistico. I dati sono chiari, la spesa in azzardo legale degli italiani aumenta e nel 2018 si attesta a 106 miliardi di euro. Ma i dati erano tristemente noti. Ciò che sorprende - positivamente - è invece un primo, timido tentativo di superare un linguaggio fuorviante: al posto dell'espressione "raccolta lorda", infatti, l'Agenzia inizia a usare parole quali "volume di gioco" e "giocato" come proposto in questi anni dalla società civile: è un primo passo per riallineare le parole alle cose
di Marco Dotti
Le parole ci catturano, ci seducono, ci orientano e disorientano. Quando la soglia di consapevolezza è bassa, senza che ce ne accorgiamo ci trascinano in una certa visione delle cose e del mondo. Talvolta radicalmente diversa, politicamente, eticamente, umanamente diversa da quella che quotidianamente dichiariamo di seguire. È il fenomeno che le neuroscienze chiamano framing, letteralmente "impacchettamento", "incorniciamento".
Riconfigurare il discorso pubblico sull'azzardo
Quando discutiamo con i nostri avversari, osserva il linguista George Lakoff, non dovremmo mai assumere il loro linguaggio. Ne assumeremmo anche i valori. Perché le parole e il linguaggio, prima che slogan o frasi fatte, veicolano questo: valori, visioni, posture etiche e morali.
Accade anche con l'azzardo legale. Un fenomeno eclatante, talmente eclatante che ancora si tarda a circoscriverlo per quello che è: un aggregato di interessi privati, una forma altamente tossica e aggressiva di capitalismo predatorio.
Senza un linguaggio pubblico condiviso – un linguaggio che non può ridursi a slogan, ma deve operare un vero e proprio "reimpacchettamento" o reframing, ossia una riconfigurazione completa, anche valoriale, del discorso – c'è poco da fare. Perché senza un linguaggio adatto a comprendere un fenomeno così radicale, inevitabilmente ci ritroviamo a usare le parole dell'altro. Veicolandone i valori o i disvalori (da qui ossimori come "gioca responsabile").
Senza un linguaggio, cosa ci restano? Ci restano i numeri. Ma i numeri – lo insegnava Elias Canetti, tra gli altri – tutto dicono e nulla dicono. Perché è il linguaggio a orientarne il senso. Non viceversa.
Numeri o parole
Numeri o parole, dunque? Entrambi, ma dentro un contesto di senso diverso. Nostro.
Numeri. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che è l'ente di scopro, dipendente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, preposto al controllo del settore ha da pochi giorni pubblicato il suo annuario statistico. Il cosiddetto "Libro blu". Dati alla mano, vediamo che gli italiani hanno dissipato in azzardo 106miliardi di euro. I dati li vedete qui sotto. Nulla di eclatante per chi si occupa da anni del fenomeno e ne denunci la deriva.
Ma la sorpresa – positiva – è sulle parole. Per anni l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e tutti i portatori di interesse privato dello scacchiere dell'azzardo hanno usato un termine: "raccolta". O, meglio, raccolta lorda. Un termine che avrebbe dovuto descrivere il volume di gioco o, più precisamente, il giocato: quanto gli italiani effettivamente mettono in una macchinetta mangiasoldi, affidano all'algoritmo di qualche pseudogioco, consegnano a un tabaccaio per un gratta & vinci e via discorrendo. Avrebbe dovuto descrivere, ma in realtà prescriveva un ordine al discorso. Anche al discorso critico. Perché se dico "raccolta" che cosa penso? Penso a qualcosa di positivo. Penso che, dopo la raccolta, ci sarà una restituzione (sottinteso: in vincite). Penso a quna mutua privata. Penso che tutto è bello, chiaro, pulito come nelle pubblicità – esplicite o implicite, tanto basta parlare di montepremi per saturare l'immagionario sociale – di un qualsiasi superenalotto…
Insomma: usando il termine "raccolta" hanno orientato il discorso "impacchettandolo" (ecco che, improvvisamente, il framing diventa qualcosa di molto concreto e per nulla oscuro), rendendo puntanta ogni critica che affiorasse (casomai affiorasse) nel dibattito pubblico. Per questa ragione, negli ultimi 6 anni, su Vita, abbiamo insistito tanto contro questo termine, contro la pubblicità, contro tutto ciò che costruisce un quadro di disvalori che non si può accettare. A partire dalle parole!
Ma qualcosa – non tutto – sta cambiando. Riconfigurare un discorso pubblico richiede anni. Non si fa a colpi di slogan, ma lavorando su parole, narrazioni, linguaggio. Idee. Di idee sulle pagine di Vita, con articoli, campagne, battaglie, numeri monografici del mensile, conferenze e dibattiti, ne abbiamo lanciate molte, in questi anni. Abbiamo insistito, martellato, abbiamo scelto con cura parole e ordine delle parole. Abbiamo lavorato affinché il tema non solo affiorasse nel dibattito pubblico, ma vi rimanesse: come una contraddizione sociale visibile a tutti per quello che è e che su famiglie e persone produce.
Su due temi, soprattutto, abbiamo insistito: 1) i dati sono pubblici; 2) non si deve parlare di raccolta lorda ma di giocato. Sui dati, abbiamo già spiegato come da settembre l'ADM metterà a disposizione dei comuni la possibilità di accedere in tempo reale ai dati dei dispositivi di azzardo legale collegati in rete. è una battaglia importante, vinta dalla società civile e dalla parte vitale e sana delle istituzioni. Va presidiata, perché nessuna conquista è per sempre.
Riconfigurare il senso di un'azione civile
Parole: che qualcosa sta cambiando lo capiamo proprio leggendo il Libro Blu 2018. Certo, rimangono espressioni come "raccolta" e spesa netta" (intesa al netto delle presunte vincite dei giocatori), ma qualcosa è accaduto se nelle tabelle principali si parla di volume di gioco e di giocato e non più di raccolta lorda. Insomma, affiora nel dibattito un framing diverso. Per ora in termini di contraddizione interna al testo, direbbe un filologo, Ma quando un quadro non è compatto, quando un frame ha delle contraddizioni interne (in questo caso quella fra chi continua a usare "raccolta" e la mano che scrive "giocato") allora ha perso terreno. Non è più efficace. Allora si apre un varco per riconfigurarlo davvero il dibattito pubblico. La società civile non deve farsi scappare questa occasione. Più che indignarsi a comando, curi i propri pensieri, li trasformi in azioni. Il contrasto all'azzaro è solo un modello di comunc/azione efficace, direbbe qualche sociologo.
Dobbiamo insistere. Insistere con idee e linguaggi coerenti. Insistere perché tra le parole e le cose non vi sia quella dissociazione che ha reso il nostro Paese un colabrodo (e qui, per favore, leggete i numeri: 106miliardi buttati in azzardo!). Perché le parole sono un ponte. Un ponte fra noi e le cose. Riallineare le parole e le cose è il compito che spetta a chiunque aspiri a una comunicazione civile e a un'azione ad alto tasso di impatto virtuoso sulla realtà.
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