Mondo
Lotta alla malaria, la nuova frontiera è la Birmania
Dopo anni di isolamento, il Paese si apre al mondo. E diventa cruciale nella lotta a una malattia che qui colpisce 2 milioni di persone all'anno
di Redazione
Dopo 50 anni di isolamento la Birmania si apre agli investimenti occidentali. Grazie alla sua posizione geografica strategica tra Cina, India e Sud-est asiatico e grazie soprattutto all’abbondanza di risorse minerarie, il Myanmar sta attirando l’attenzione dell’Occidente.
Emblema dunque del futuro economico mondiale, ma anche Paese cardine nella lotta alla malaria: una delle maggiori sfide allo sviluppo dei Paesi poveri.
La Birmania rappresenta nella lotta alla malaria un Paese di particolare importanza. Qui si registra infatti una maggiore resistenza ai farmaci a base di artemisina, che negli ultimi anni hanno ridotto l’incidenza della patologia.
La malaria colpisce ogni anno più di 2 milioni di persone nel sud-est asiatico, soprattutto bambini sotto i 5 anni di età e donne incinte. L’infezione viene trasmessa con il semplice morso di una zanzara infettata da uno dei 4 parassiti malarici, il più aggressivo dei quali è il Plasmodium Falciparum, molto diffuso in Myanmar e in Zimbabwe.
Cesvi da oltre 10 anni lavora in entrambi i Paesi per far fronte a questo killer silenzioso. Di fronte a un parassita che diventa ogni anno più resistente ai farmaci, la prevenzione rimane l’unica arma efficace.
La malaria ogni 30 secondi uccide un bambino. Cho, Soe, Naing e la piccola Nelleni sono solo alcuni dei bambini che sono riusciti a vincere questa malattia grazie all’aiuto e alle cure del Cesvi, che con le sue cliniche mobili ha raggiunto il piccolo e sperduto villaggio di Let Pan Kone, nella poverissima regione di Mandalay, nel nord del Myanmar. Con l’arrivo del Cesvi Cho, Soe, Naing e Nelleni hanno avuto accesso ai test antimalarici e ai trattamenti sanitari specifici.
Il programma avviato da Cesvi nello Shan State, in Myanmar, raggiunge oltre 220 mila persone in 1.054 villaggi. Sette team composti da un medico, un infermiere, un microscopista e un assistente sanitario, tutti locali, lavorano insieme a una rete di volontari per svolgere attività di prevenzione, diagnosi e trattamento farmacologico antimalarico. Questi team si occupano di visite regolari nei villaggi e della gestione di ambulatori fissi, avvalendosi di una clinica mobile per raggiungere le aree più remote. L’obiettivo è offrire a tutti l’accesso alla diagnosi e al trattamento e diffondere una maggiore conoscenza della malaria e delle modalità di prevenzione.
“In un Paese caratterizzato da servizi di salute pubblica inadeguati e insufficienti, da tensioni etniche, da difficili condizioni di vita e da forti difficoltà negli spostamenti” dichiara Giangi Milesi, presidente Cesvi “la popolazione locale ha un accesso molto limitato ai servizi sanitari di qualità. Il ruolo delle nostre cliniche è cruciale e ben supportato dalla comunità”.
Dal 2007 il Cesvi ha distribuito 150 mila zanzariere impregnate di insetticida di lunga durata (dai 3 ai 5 anni) a cui vanno ad aggiungersi le 70 mila consegnate solo nel 2012.
“Di fronte a una malattia che ha causato, secondo le stime dell’OMS, 660 mila decessi solo nel 2010” afferma Daniele Panzeri, responsabile Cesvi in Myanmar “il lavoro di prevenzione del Cesvi ha un valore di particolare importanza”. “Dal 2001, anno in cui il Cesvi ha iniziato a lavorare in questo Paese” aggiunge “le persone affette dalla malaria sono diminuite in modo significativo: si è passati da una diagnosi di un caso ogni cinque a uno ogni venti. Ciò significa che l’intervento ha ridotto il livello di endemicità della malattia del 75%”.
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