Famiglia

Lotta alla droga, cambia tutto. La svolta Muccioli

Tossicodipendenza. Stop alla riduzione del danno. Le linee guida dell’esecutivo sulla droga. Ovvero, quello che a San Patrignano dicono da anni.

di Gabriella Meroni

Da quasi sette anni Andrea Muccioli guida la più grande comunità di recupero italiana, San Patrignano. Fa vita riservata, viaggia soprattutto all?estero. Rilascia poche interviste, in tv non ci va quasi mai (a parte da Costanzo e da Vespa). Una sorta di isolamento volontario, il suo, che di solito spezza solo quando ha qualcosa di importante da dire, e nessun timore di essere frainteso. Forse per questo nei giorni scorsi è stato avvistato a Roma, proprio nel giorno in cui a Palazzo Chigi si teneva un vertice sulla tossicodipendenza. E forse per questo accetta di parlare oggi, quando grazie a una serie di iniziative parlamentari e governative sembra aprirsi una nuova stagione nelle politiche di lotta alla droga e di strategie di recupero dei tossicodipendenti. Una stagione nella quale, per la prima volta dopo molto tempo, sembra intravedere alcuni spunti positivi. Vita: Dopo anni di mantenimento dello status quo, sulle politiche antidroga il governo Berlusconi sembra aver intrapreso una strada diversa. Qual è il suo giudizio? Andrea Muccioli: Sono abituato a giudicare i fatti concreti, le esternazioni o i progetti di massima non mi interessano. Quindi accolgo positivamente queste dichiarazioni di intenti, questa ?strada diversa?, che tuttavia per adesso mi pare solo annunciata. Vita: Le linee di fondo, però, sembrano ricalcare la vostra visione del problema tossicodipendenza. Muccioli: Sì, effettivamente si collocano nel solco di quello che facciamo tutti i giorni e anche di quello che abbiamo chiesto per anni ai governi precedenti. Si tratta senza dubbio di un?inversione di marcia di cui si sentiva il bisogno. Valuteremo nei prossimi mesi la corrispondenza di quanto annunciato con la realtà, e poi come sempre, come abbiamo fatto anche durante governi e politiche sociali che ci vedevano profondamente critici, se non in totale disaccordo, daremo il nostro contributo. Vita: Però, scusi se insisto, in questo caso non sono solo parole: c?è stata una mozione parlamentare, un documento approvato in Consiglio dei ministri? Muccioli: Lo so, ma è presto per dare una valutazione seria. Il piano antidroga complessivo del governo ancora non c?è, e poi vorrei capire con quali strumenti si pensa di attuare le linee guida approvate. Vita: Ma anche in questa fase ci sarà qualcosa che l?ha colpita, che ha apprezzato. Muccioli: Certo: è il fatto che dopo anni di nostre richieste si sia deciso finalmente di stabilire, attraverso studi scientifici e indipendenti, quali metodi di recupero funzionano e quali no, quali conseguono i migliori risultati. Non in termini di controllo sociale del tossicodipendente e della sua convivenza con la droga, ma in termini di recupero integrale della persona. La vera novità di questi giorni è questo pragmatismo, questa voglia di stabilire scientificamente, senza fare liste dei buoni e cattivi e senza dire che pubblico è buono e privato cattivo o viceversa, quali risultati sono stati conseguiti dalle varie tipologie. è un approccio finalmente serio, che ricalca l?esperienza degli Stati Uniti dove da tempo si studia il fenomeno della tossicodipendenza in modo non ideologico, trasparente e terzo rispetto allo Stato e a chi mette in pratica le politiche di recupero. Vita: Come funziona esattamente? Muccioli: C?è un?organizzazione molto autorevole, il Nida – National institute on drug abuse, incaricato di fare ricerche sui risultati conseguiti dalle varie strutture di recupero. Il Nida esamina la quantità di ricadute nella droga a programmi terminati, le percentuali di risocializzazione, lavoro trovato, completamento del programma, e in base alle conclusioni premia o boccia i vari metodi di recupero. È un aiuto per il governo, che deve decidere la destinazione delle risorse, affinché non le sprechi. Spero che in Italia si arrivi a individuare un soggetto che svolga un lavoro simile, anche perché da noi esiste un ricchissimo ventaglio di strutture di recupero, ma un gran bisogno di mettere ordine. Vita: Mettere ordine, in che senso? Muccioli: Senta, noi abbiamo maturato un?esperienza internazionale, mettendo in rete 260 comunità nel mondo, un?idea ce la siamo fatta e per questo siamo convinti che non c?è nessun altro Paese così ricco di esperienze e metodi diversi come l?Italia. Siamo la nazione che può proporre al mondo linee di intervento e metodi davvero efficaci, soprattutto se con questa ricerca si stabilirà cosa funziona e cosa no. Non si tratta quindi, lo ripeto, di fare l?elenco dei buoni e dei cattivi, ma di capire chi lavora bene. Vita: Ma per voi i cattivi esistono. Muccioli: Certo che esistono. E sono coloro che dal 1993, anno dell?introduzione della riduzione del danno, si sono sempre più piegati verso una linea di intervento che ha come obiettivo il controllo sociale dei tossici. Hanno preferito controllare il fenomeno in modo che non desse fastidio invece di puntare al recupero integrale della persona, restituendola a se stessa e alla società attraverso precisi percorsi educativi e formativi. Vita: Come invece fanno le comunità. Lo Stato quindi dovrebbe sostenerle? Muccioli: Se lei dice comunità sposta il problema su un livello ideologico, ma non è questo. Lo Stato dovrebbe sostenere non le comunità, ma il recupero delle persone. Vita: Ma attraverso quali strumenti? Muccioli: Quelli che funzionano. Che siano pubblici o i privati cambia poco. San Patrignano, ad esempio, ha avuto l?onestà di sottoporsi a una ricerca scientifica condotta dall?università di Bologna che ha esaminato i nostri dati sul recupero. Quindi so che noi abbiamo lavorato bene, non mi sento di rispondere per altri; spero che anche altri siano altrettanto aperti da accettare di sottoporsi a ricerche indipendenti, anche perché secondo me la ricerca seria non mirare a dare pagelle, ma sprona a fare meglio. Vita: Anche chi utilizza i metodi che voi criticate, come l?uso del metadone per lunghi periodi? Muccioli: Il metadone non ha risolto il problema, visto che i ragazzi invecchiano nei Sert dove vengono sottoposti in una percentuale sempre crescente a programmi metadonici di mantenimento. Se poi si aggiunge che l?intervento psicosociale che i Sert dovrebbero attuare è quasi sempre carente o assente perché viene sacrificato a quello farmacologico o medicalizzante, si capisce che una politica del genere non aiuta il recupero. E questi sono dati italiani, ricavati dall?ultima ricerca dell?Eurispes e dai numeri del governo sui risultati delle cosiddette politiche di riduzione del danno messe in atto dai Sert e dai servizi pubblici negli ultimi anni. Chi invecchia nei Sert a metadone non si recupera, ma vivacchia tra servizi e strada. Che è cosa ben diversa dal reinserimento integrale nella società. Vita: Il suo giudizio sul lavoro dei Sert è chiaro, ma è altrettanto evidente che in Italia solo una piccola parte dei tossicodipendenti sta in comunità. Che ne facciamo degli altri? Muccioli: Questa è un?osservazione miope e superficiale. Il motivo per cui ci sono molti tossicodipendenti fuori dalle comunità è che le comunità non hanno la possibilità di accoglierli. Se non fosse così sarebbe corretto porsi il problema delle alternative, ma visto che in questo momento decine di migliaia di giovani andrebbero volentieri in comunità mi sembra irresponsabile pensare di risolvere il problema con la medicalizzazione o cercando di conviverci. Anzi, chi governa dovrebbe sentire il dovere di mettere le comunità in condizione di dare accoglienza a tutti quelli che chiedono di entrare.


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