Mondo
Lost in translation: amore ironia e niente sesso
Recensione del film "Lost in translation" di Sofia Coppola.
Pur con quel cognome così ingombrante, Sofia Coppola, figlia di Francis (ma da bambina era stata anche figlia di Michael Corleone nel Padrino III), continua a proporre un cinema senza accademie e senza fronzoli. Dopo l?esordio con Il giardino delle vergini suicide (un film bello, aspro e terribile), la Coppola cambia tutto. Lost in translation è una storia d?amore ambientata nel delirio caotico di una Tokyo che la regista filma con molta ironia. Il registro comico, infatti, per un bel pezzo porta lo spettatore fuori strada. Poi, poco alla volta, il grottesco lascia filtrare il battito di un sentimento forte e vero. È quello che lega un vecchio attore (impersonato da un formidabile Bill Murray) a una ragazza neosposa di un fotografo da jet set. Lui è lì per girare uno spot e strizzare dollari da una carriera ormai all?epilogo. Lei è lì annoiata e incerta sulla consistenza reale del suo amore. Le loro strade s?incontrano un po? per caso, e corrono parallele, con leggerezza, stima reciproca e simpatia, per tutto il resto del film. Alla fine, però, il battito del sentimento si fa troppo forte e travalica il gioco. Ma non travalica il pudore e la purezza che lo ha contraddistinto. Così, per una volta, l?amore tocca il suo zenit senza bisogno di sesso.
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