Famiglia
L’oro di Napoli
Oltre l'emergenza: la Napoli del sociale che non si arrende e continua a credere nel futuro
A Napoli l?esercito è già arrivato. Nelle viscere del centro antico, a Forcella, Spaccanapoli, San Lorenzo, fin su alla Sanità. E poi giù giù fino a San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, Secondigliano e Scampia. Il profondo Nord – Est della città. A presidiare la frontiera del sottomondo ci sono soldati senza divisa e senza armi. Carmela Manco, per esempio. Con il tram numero 4 da via Duomo bastano una manciata di minuti lungo il mare per arrivare nella sua trincea. San Giovanni a Teduccio è una striscia di 3,4 chilometri. Con Barra e Ponticelli fanno 19 chilometri quadrati. Tolto l?insediamento industriale, rimangono 10 chilometri quadrati a disposizione degli oltre 190mila abitanti.
Oggi il tram non si ferma alla solita fermata. C?è un?automobile messa di traverso. Chissà come c?è finita. Nessuno si lamenta, i passeggeri scendono. Fine della corsa. Quaggiù i ragazzi hanno la pistola e la buttiglietta (resti di cocaina confezionati in bottigliette di succo di frutta e inalati con piccole cannucce venduti a pochi euro) facili.
San Giovanni Teduccio
Carmela da 13 anni, ospite della parrocchia di padre Gaetano Romano, anima l?associazione Figli in Famiglia. La sede del centro polifunzionale si trova a fianco della chiesa. Un blocco di cemento grigio topo, costruito coi soldi del post terremoto, che avrebbe dovuto ospitare una fabbrica mai nata, che don Gaetano ha ottenuto in comodato gratuito dal Comune. Qui si combattono il clan dei Mazzarella e quello dei Rinaldi. L?ultimo morto, solo dieci giorni fa, proprio di fronte all?ingresso dell?associazione.
«Questa gente si sente abbandonata, ma per conquistarla basta pochissimo», Carmela mischia l?italiano al dialetto. Un passepartout che le apre le porte del dialogo con i 400 ragazzini fra i 3 e i 17 anni che ogni giorno partecipano ai laboratori di Figli in Famiglia. Una ludoteca per i più piccoli, corsi di italiano per i ragazzi delle elementari e delle medie («qui sono praticamente tutti dialettofoni»). Per i grandi invece c?è il piano di avviamento al lavoro con corsi di falegnameria e giornalismo.
La chiesa però non è l?unica trincea di Carmela. «Ormai sono otto i punti che gestiamo in tutto il quartiere, oltre alle attività per i ragazzi nella nostra rete ci sono l?Associazione giocatori anonimi, l?Associazione antiusura, il network di famiglie affidatarie che coordiniamo con AiBi, ma soprattutto il progetto che abbiamo avviato con l?istituto Nino Cortese, una delle tre scuole medie di San Giovanni».
In pochi anni nell?istituto la dispersione scolastica è crollata dal 14 allo 0%. «Nessun miracolo», spiega Carmela, «è solo che d?accordo con la preside abbiamo messo una regola: le insegnanti ci devono segnalare i ragazzi che non vanno in classe. Così noi li mandiamo a prendere da uno dei nostri 67 educatori. Passa un giorno, ne passano due, poi un po? per vergogna, un po? per rassegnazione, quelli a scuola ci vanno». Non tutto però va sempre per il verso giusto. La bolla mediatica che in questi giorni è esplosa sulla città, non ha fatto certo bene a Carmela e ai suoi 150 volontari. Quando la gente ha paura, si rintana in casa e poi è più difficile intercettare i ragazzini. «La vera emergenza è quella dei pagamenti: i nostri educatori aspettano da 13 mesi la liquidazione delle rette da parte del Comune». Altro che esercito.
Rione Luzzati Ascarelli
Da San Giovanni al rione Luzzati Ascarelli, ai piedi del carcere di Poggioreale. I 9mila abitanti vivono nelle case popolari costruite del post terremoto. «Sono quasi tutti disoccupati, si arrangiano con lavori irregolari, il vero dramma è la mancanza della classe media»: Rosaria De Ruggiero è la tesoriera dell?associazione Famiglia Murialdo.
Mamme sole, genitori in prigione, bambini che vivono in strada, sono sfide con cui si deve confrontare ogni giorno. «La nostra risposta sono laboratori di sostegno scolastico, corsi di ballo e teatro». L?oratorio (una rarità in città) dei Giuseppini del Murialdo è di fatto l?unico punto di riferimento dei giovani del quartiere. Qui tutti conoscono il campo del prete. «I campi da calcio, da pallavolo e da basket sono una calamita formidabile per i ragazzi», osserva Rosaria.
Anche per il suo ente il ritardo nella riscossione è una pesantissima palla al piede. «Ma per favore, basta parlare di Napoli come se fosse una città sull?orlo della catastrofe. Così la gente si sente sola, qui invece c?è tanta speranza. Perfino nella famosa Scampia ci sono tante storie positive da raccontare e invece sembra non gliene importi niente a nessuno».
Il sociologo di Scampia
Fra questi di certo non si può annoverare Peppe Vanzanella, giovane sociologo che nel quartiere delle Vele negli ultimi sei mesi ci ha trascorso almeno tre giorni la settimana. A lui infatti il pool coordinato dal professor Mauro Magatti della Cattolica di Milano ha affidato una ricerca proprio su Scampia a cui collaborano anche la Caritas locale e quella nazionale. Scampia significa 44.800 abitanti sulla carta e 70mila nella realtà. Non sono pochi quelli che vivono in case senza muri, con la plastica alle finestre. Delinquenza e droga. Tanta droga. «Girano milioni», conferma Vanzanella. Il mercato delle sostanze però non è l?unico modo per far soldi. C?è un?altra strada: quella delle false cooperative sociali. «Il sistema dei finanziamenti a bando permette a chiunque di presentare progetti. E ormai basta fare il nome di Scampia che sei sicuro che ti sarà approvato». Risultato? «Negli ultimi tempi sono spuntate da tutte le parti cooperative senza passato, di cui nessuno sapeva nulla, che si sono viste approvare progetti, di cui nessuno ha mai visto i risultati».
Alla sbarra c?è il sistema dei finanziamenti a bando. «Sarebbe molto più utile concentrare le scarse risorse su pochi progetti a lunga durata e di provata efficienza», propone. Vanzanella parla a ragion veduta. Da sei anni, quasi un record, coordina con altri nove operatori il Progetto Tonino («attivato con un finanziamento diretto, extra bando»), che nel carcere di Secondigliano ha inventato una ludoteca per i figli dei detenuti in visita («le attesa prima del colloquio sono estenuanti») e uno sportello informativo in cui si illustrano ai parenti («molti arrivano proprio da Scampia e dai quartieri limitrofi e sono analfabeti») le possibilità di sussidio previste dalla legge («al massimo arriviamo a 300 euro al mese»). Anche le casse del Progetto Tonino sono vuote. Gli ultimi pagamenti del Comune, promotore del progetto, risalgo all?ottobre del 2005. «E non stiamo parlando di cifre da capogiro: gli operatori del progetto guadagnano 5mila euro netti l?anno».
Forcella e Spaccanapoli
Nel salto dalle periferie del Nord – Est ai quartieri del centro storico si conosce una camorra diversa, meno feroce, legata ai vecchi codici degli uomini d?onore. Le ferite sociali però sono altrettanto profonde. Anche questa è la Napoli del sottomondo. Mergellina è lì a pochi passi dal mare, ma la distanza fra i quartieri alti e il centro storico è abissale. Almeno a misurarla col metro della dispersione scolastica e del tasso di delinquenza. Quaggiù, in entrambi i casi, otto volte più alti che nei quartieri bene. All?incrocio fra Forcella, Spaccanapoli e San Lorenzo, a metà di vico Paparelle al Pendino, dal 1990 otto suore della Carità dell?Assunzione, guidate dalla lecchese Pina Gianola gestiscono un doposcuola per gli studenti delle elementari e delle medie. «Gli insegniamo a leggere e scrivere», spiega suor Pina. E a scuola cosa ci vanno a fare? «Qui perfino il livello culturale degli insegnanti è da mani nei capelli». è questa la vera emergenza rossa: «Insegnare un metodo, appassionare i ragazzi alle bellezze della loro città e alla lettura delle poesia».
Una scalata che suor Pina affronta con le sue consorelle, sei educatrici e quattro ragazze in servizio civile. Due anni fa, in questi vicoli stretti e chiassosi uccisero Annalisa Durante. I suoi compagni di classe frequentavano il doposcuola delle suore della Carità: «?Li devono ammazzare, s?hanno a vendicà?, questo dicevano i ragazzi quando sono arrivati da noi». Era il tam tam del quartiere. Giovani da scippo con la mentalità da faida. Che le suore hanno sconfitto con un picnic a Capodimonte: «Abbiamo parlato, riflettuto con loro sul significato di ciò era successo».
L?assedio dell?usura
Dare risposte, svelare il senso. Così la fiamma si è spenta. Questa è gente che trascorre una vita intera rinchiusa in tre vicoli. Nei dedali di Napoli manca l?ossigeno. Manca l?ossigeno e mancano i soldi. Quello che non manca sono le finanziarie che questi soldi li prestano. Padre Massimo Rastrelli qui nel centro storico è una vera autorità. La sua Fondazione Giuseppe Moscati antiusura ogni settimana elargisce 40 prestiti da 25, 50mila euro a caso. «Sono famiglie normali che si indebitano per la casa, le cure mediche, l?assistenza ai figli tossici. Le Finanziarie vanno a casa loro e gli offrono denaro con tassi di interesse che poi si scopre essere del 17%». La camorra qui c?entra poco. «Sono prestiti legalizzati, che riducono alla disperazione le famiglie. L?illegalità travestita da legalità». A colpi di prestiti al 5% da restituire in cinque anni, padre Rastrelli in 15 anni ha rimesso in sesto 5mila famiglie. E ad altre 4mila, attraverso la copertura dei mutui, ha offerto la possibilità di una casa dignitosa.
«I camorristi io li conosco. Quando le mogli dei mafiosi mi venivano a chiedere cibo in parrocchia, io glielo davo, ho il loro rispetto. Ma io la camorra la combatto così, coi fatti, con la realtà». Una realtà che dai vicoli ha un volto diverso da quella che compare sulle prime pagine dei giornali.
«A Treviso in pochi mesi 126 giovani sono morti all?uscita della discoteca, non lo dice nessuno, sembra che esistano solo Napoli, la camorra e l?allarme sicurezza». E invece ci sono anche Carmela Manco, suor Pinuccia, padre Rastrelli, le finanziarie, le cooperative false e una scuola da terzo mondo.
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