Cultura

L’opzione Benedetto: una via per salvare il cristianesimo?

Sta suscitando attenzione il libro del giornalista americano Rod Dreher, in Italia per una serie di incontri e presentazioni. Al cuore della sua proposta: la costruzione di nuove oasi in un mondo percepito come sempre più ostile. Facciamo il punto su entusiasmi e critiche

di Marco Dotti

«Viviamo in un’epoca in cui vescovo si contrappone a vescovo e il laicato è disorientato, spaventato». La fede «è oramai in declino, in Italia come negli Stati Uniti. Viviamo in una civiltà post-cristiana». La crisi, racconta Rob Dreher, non riguarda soltanto l’interno della Chiesa. La crisi è ovunque.

Giornalista, partito metodista, passato per il cattolicesimo e finito ortodosso, Dreher è autore del best-seller L’Opzione Benedetto (pp. 351, euro 25), sottotitolo: una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano, tradotto in italiano da Marco Sermarini per le edizioni San Paolo. In questi giorni, Dreher sta girando l’Italia per un giro di presentazioni.

La sua tesi è semplice e, al tempo stesso, suggestiva: serve un nuovo protagonismo dei laici. Come? Attraverso la Benedict Option che dà titolo al libro. Nella sua Regola, San Benedetto introduce un principio rivoluzionario. Di contro al vagabondare e al conseguente disorientamento dei chierici del VI secolo, la dimensione della vita comune (communio), necessaria per l’insediamento di una comunità (communitas), richiedeva l’istituzione di un luogo e il radicamento, spirituale ancor prima che materiale, in esso. Questo radicamento è ciò che, proriamente, ne definisce lo spirito (genius).

Benedetto circoscriverà questa istituzione attorno al principio della stabilitas loci: stabilirsi in un luogo, mettervi radici. In sostanza, prepararsi al diluvio costruendo oasi, consapevoli che «già alcuni della nostra generazione potranno assistere all'effettiva morte del cristianesimo». L'idea che ai cristiani non rimanga altra scelta che costituire una polis parallela, articolata in piccole comunità, è alla base del lavoro di Dreher.

L'ispirazione complessiva del lavoro di Dreher viene dalle ultime righe di Dopo la virtù (1981) un testo cruciale del pensiero contemporaneo, filosofico e non. Il quel libro, Alasdaire McIntyre – che ha comunque preso le distanze da Dreher – scrive che la grandezza di San Benedetto sta nell‘aver reso possibile l`istituzione del monastero centrato sulla preghiera, sullo studio e sul lavoro, nel quale e intorno al quale le comunità potevano non solo sopravvivere, ma svilupparsi in un periodo di appannamento sociale e culturale, oltre che di perdurante crisi economica. Il filosofo scozzese si augurava fosse possibile, ispirandosi proprio all’idea di Benedetto, andare verso «la costruzione di nuove forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi».

Spiega Dreher: «Piuttosto che perdere tempo in battaglie politiche impossibili da vincere [qui il riferimento è principalmente alle battaglie sul matrimonio fra coppie omosessuali, ndr], dovremmo invece lavorare alla costruzione di comunità, istituzioni e reti di resistenza che possano essere più intelligenti e durature» e, alla lunga, vincere la guerra. I toni del libro sono questi. Gli argomenti suggestivi e interessanti e, in qualche modo, risentono dell'origine metodista dell'autore.
Tanto che, calati in un contesto cattolico, stanno già diventando divisivi.

Ha suscitato una lunga eco l'intervento della Civiltà Cattolica che rimprovera a Dreher il rischio di cadere nel donatismo, un movimento scismatico, contrastato fermamente da Sant'Agostino e condannato dal Concilio di Cartagine nel 411, che attaccava duramente i vescovi che non avevano resistito alle persecuzioni di Diocleziano, e consegnando i libri sacri ai magistrati romani. Il termine traditores verrà impiegato, nel senso spregiativo che conosciamo, per la prima volta proprio dai donatisti,

L'articolo firmato sulla rivista diretta da Padre Antonio Spadaro è firmato da Andreas Gonçalves Lind, risale al gennaio scorso (qui). Per Andreas Gonçalves Lind, oltre all'eco donatista, in Dreher predomina un pessimismo tecnognostico, che non prevede possibilità di praticare la fede in nuovi luoghi, ad esempio il web. Scrive l'autore de La Civiltà Cattolica che «per Dreher, il principio della difesa della libertà religiosa serve a stabilire la possibilità di esistere e di agire per istituzioni conformi all’"opzione Benedetto". Dreher non si mostra interessato a instaurare un vero dialogo con chi ha un retroterra culturale e religioso diverso e segue stili di vita differenti. Risulta difficile finanche immaginare una possibilità di collaborazione con persone di opzioni diverse.

Di conseguenza, sull’ "opzione Benedetto" grava uno sguardo pessimista nei confronti della società contemporanea. Sebbene sia essenziale l’affermazione della libertà religiosa, se si vuole che i cristiani possano praticare la loro fede, Dreher non sembra interessato a mostrare l’importanza del dialogo vero, che scaturisce da quella dignità umana da cui derivano tutte le libertà. Per quanto internet possa essere "la tecnologia più radicale, distruttiva e rivoluzionaria" che un cristiano deve evitare e limitare, soprattutto per quanto riguarda i bambini, l’opzione di Dreher non propone un modo di vivere dentro questo nuovo "luogo" e di evangelizzarlo».

Proprio questo rapporto con i luoghi – chiuso, aperto, altro, utopico o eterotopico – è il punto di rottura ravvisato da molti critici di Dreher, per cui non esistono luoghi sicuri, né fuori, né dentro le chiese. Servono – spiega Dreher – luoghi altri. Ma proprio in questo, osserva Guido Dotti, monaco di Bose, l'Opzione Benedetto «contraddice in un colpo solo almeno tre documenti-chiave del Magistero cattolico: Gaudet Mater Ecclesia di Papa Giovanni XXIII, Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II e l'Evangelii Gaudium di Papa Francesco».

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