Non profit

L’operosità del non profit e l’ignavia della politica

editoriale

di Riccardo Bonacina

Giusto un anno fa, ad inizio maggio 2009, veniva pubblicato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il Libro bianco sul futuro del modello sociale La vita buona nella società attiva. Si trattava della conclusione di un lavoro di consultazione avviato nell’estate del 2008 che mirava, come spiegò allora il ministro Sacconi, alla maggior condivisione possibile dei principi intorno a cui disegnare un nuovo modello di welfare «dal tradizionale approccio risarcitorio a un nuovo approccio preventivo». In quelle pagine, veniva anche riconosciuto il ruolo necessario e innovativo del terzo settore. Perciò, continuando con le citazioni letterali, ci si impegnava a «confermare gli strumenti di sostegno dello Stato alle iniziative generose della società, dalle agevolazioni fiscali alle donazioni, alla regolazione agevolata alle imprese sociali, alla possibilità per i contribuenti di disporre liberamente di una parte del prelievo fiscale indirizzandolo a soggetti meritevoli opportunamente selezionati. È necessario aprire una stagione costituente per il terzo settore dedicata a produrre le soluzioni legislative idonee a promuoverne le straordinarie potenzialità».
Ebbene, ad un anno data, e a quasi due anni dall’inizio dell’elaborazione, è oggi lecito tracciare un bilancio. Che è presto fatto: quelle parole sono state scritte sulla sabbia. Malgrado una mobilitazione parlamentare bipartisan e il successo di quattro anni, il 5 per mille rimane un favore del governo di turno da concedere a fine anno nelle spire di una legge finanziaria. Non già un diritto riconosciuto per contribuenti e per organizzazioni non profit, ma una concessione. Nessuna ripresa di iniziativa si è poi registrata riguardo le agevolazioni per l’impresa sociale. E sulle agevolazioni fiscali alle donazioni si è fermi al tetto previsto dalla legge n. 80 del 14 maggio 2005 che impone che l’erogazione liberale non possa superare i 70mila euro annui.
Un bilancio disastroso per un governo che fa frequenti appelli alla cultura del dono e della solidarietà (per esempio come risorsa prima nella lotta alla povertà). Non bastasse questa ignavia persino nel confronto sulle idee, è notizia recente lo sciagurato blitz che ha azzerato da un giorno all’altro le tariffe agevolate previste per il non profit e la sua stampa. Impedendo così al non profit ogni possibilità di dialogo con le proprie basi associative e provocando un danno stimato in circa 65 milioni di euro. Ora, ciò che più sorprende – basta leggere questo numero di Vita – è l’incrollabile operosità del terzo settore che non solo s’ingegna nel dare risposta ai più svariati bisogni, ma che anche sa innovare nei territori e a livello nazionale.
Così, mentre in Europa si discute di come ravvivare il patrimonio di gratuità tra le giovani generazioni istituendo il servizio civile breve ma obbligatorio, in Italia si svuota il servizio civile nazionale. Mentre in Europa si ragiona su come ricostruire i fili delle comunità, e perciò della società, da noi i bandi previsti per le cooperative sociali vengono avviati con due anni di ritardo. Mentre nel mondo, sull’onda del Nobel alla Ostrom, si discute dei modelli di gestione dei beni comuni, da noi si continua la spartizione tra partiti o si privatizza. Ricominciamo?

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