Economia

L’Opa made in Coop

Caso Unipol. Un terremoto per il mondo cooperativo; il colosso dell'economia “rossa” va all’assalto della Bnl

di Francesco Maggio

Se è vero, come sosteneva Mao, che«non è importante di che colore sia il gatto, l?importante è che prenda il topo», allora il caso Unipol- Bnl rappresenta una declinazione concreta molto fedele di questa massima. Il ?topo? è Bnl, o meglio l?italianità delle banche, difesa con tutte le forze dal governatore di Bankitalia, Antonio Fazio che mal sopporta che sull?istituto di via Veneto abbia puntato occhi e denaro la spagnola Bbva. Il gatto, che pure un colore ce l?ha, eccome, ed è rosso fuoco, è Unipol assicurazioni, il cui grande capo Giovanni Consorte si è lanciato alla conquista del suddetto topo. Solo che Unipol non è una ?istituzione? qualsiasi. Ha, appunto, identità e colore ben precisi, è un?espressione diretta del mondo delle cooperative rosse. E quindi la prima domanda da porsi, a dispetto del gossip finanziario che impera in questi giorni sui media, è: a chi giova questa operazione? Che ricadute avrà sul mondo della cooperazione? Che cosa può nascere da questo matrimonio, peraltro molto esoso (Unipol farà un aumento di capitale da 2,6 miliardi di euro, dismissioni per 1,5 miliardi ed emetterà titoli subordinati per 1,2), i cui unici beneficiari, al momento, sembrano essere gli ormai soliti immobiliaristi che, vendendo il loro pacchetto di azioni Bnl, si sono ritrovati in tasca 1,2 miliardi di euro di plusvalenze? «è difficile oggi esprimere un parere puntuale sulla vicenda Unipol-Bnl circa le ricadute operative sul mondo cooperativo che essa avrà», afferma Marco Onado, ex commissario Consob e docente di Economia degli intermediari finanziari alla Bocconi, «tuttavia sono due le cose che maggiormente mi preoccupano: il grande impegno finanziario necessario; lo stress che ricadrà sul management, perché gestire un?integrazione banca-assicurazione è tutt?altro che un?operazione semplice». Più tranchant un noto esponente della mondo accademico milanese, che però preferisce mantenere l?anonimato: «Questa è un?operazione talmente enorme, azzardata, che la chiave di lettura che riesco a darle va, a mio avviso, ricercata, nelle vicende recenti del capitalismo nord americano». Di tutt?altra opinione è l?economista bolognese Stefano Zamagni: «Non capisco perché, se si vuole che l?impresa cooperativa navighi in un?economia di mercato in condizioni di parità con l?impresa capitalistica non debba poi avere anch?essa propri canali finanziari. Nessun sistema di imprese può fare a meno di un polmone finanziario, può negare ciò solo chi accetta la tesi, o meglio, l?assunto pre-analitico che la cooperativa, in quanto tale, deve rimanere piccola. Ma chi afferma questo ha l?onere della prova, deve dimostrarlo». «Poi se per fare questa operazione vengono toccati determinati equilibri», aggiunge Zamagni, «questo è un altro discorso, io non lo so, ma l?operazione in se è positiva. Chi ama la competizione, chi è favore della vera economia di mercato, allora non può che compiacersi di questo». «D?altronde», conclude, «quando le cooperative entrarono nel settore della distribuzione i discorsi furono analoghi. Si diceva: le coop non devono entrarvi, non è un mestiere che le compete e invece i fatti hanno dato loro ragione e se oggi non ci fosse la Coop avremmo anche da noi Wal Mart». Critico si mostra invece Fabio Salviato, presidente di Banca popolare etica: «Unipol già rappresenta un polmone finanziario per il mondo delle cooperative e non mi sembra che questo tentativo di inserirsi nella grande finanza per conquistare una banca di dimensioni importanti possa rivelarsi positivo. Siamo in presenza di un segno di rottura, di discontinuità che, peraltro, anche Unipol banca cercava di realizzare». «Il pericolo, che già si andava profilando da alcuni anni», prosegue, «è quello di un allontanamento di questo polmone finanziario dalle necessità del mondo cooperativo. Sembra quasi che per contare qualcosa oggi bisogna fondersi ma la nostra esperienza ci dice esattamente il contrario. E poi Unipol va ad acquisire una delle principali banche presenti nel settore delle armi. Così ci mette in seria difficoltà proseguire il dialogo che si era attivato proprio con Unipol». Sulla stessa linea di Salviato anche Luciano Balbo, presidente di Cgm Finance: «Non sarà certo questa operazione che favorirà l?accesso al credito delle cooperative anche perché non è vero che esiste un problema di accesso al credito. è un?operazione di potere che nulla ha a che fare con i problemi della cooperazione. Questa operazione darà fiato a chi sostiene che la cooperazione, in generale, sia un? impresa sostanzialmente uguale alle altre imprese del profit». «Non che sia una colpa», puntualizza Balbo, «ma è semplicemente l?affermazione di un dato di fatto. Non riesco a leggere nella globalità di questa fetta del mondo cooperativo un serio elemento distintivo. è una partita di potere che non va incontro a nessuno dei reali problemi che affliggono l?economia del nostro Paese. Un pezzo del mondo cooperativo, con chiari riferimenti politici, ritiene, secondo una visione localistica e miope tutta italiana, che possedere delle banche sia uno strumento di potere. In Italia oggettivamente lo è, ma il punto è che ci stiamo spartendo il potere dei poveri mentre il Paese ha altri tipi di bisogni». Ma BNL era solidale Nel 1913 era banca della cooperazione «Viene da lontano l?operazione Unipol-Bnl e se letta alla luce della storia dei due istituti, si scopre come essa sia ispirata da grande coerenza»: così Vera Negri Zamagni, docente di Storia dell?economia all?università di Bologna. Vita: Professoressa dov?è la coerenza? Negri Zamagni: Innanzitutto il protagonista di questa vicenda, Giovanni Consorte, è nel mondo della cooperazione da 32 anni. E poi Unipol è stata strategica nel salvataggio di molte cooperative di consumo negli anni 70 cosicché oggi delle circa 1.800 imprese italiane che superano i 500 addetti, 121 sono cooperative e di queste 110 appartengono della Lega delle cooperative». Vita: Perché Bnl e non un?altra banca? Negri Zamagni: Può forse aver contato il fatto che la Bnl sia nata nel 1913 proprio come banca della cooperazione. Il suo primo nome, infatti era Banca nazionale del lavoro e della cooperazione e così si è chiamata fino al 1929 quando, caduta in mano al fascismo, le venne cambiato il nome in Banca nazionale del lavoro e divenne la banca ufficiale del fascismo. Ma è significativo ricordare che anche dopo la seconda guerra mondiale il primo fondo a disposizione della prima legge post bellica sulla cooperazione, la cosiddetta ?legge Basevi? del dicembre 1947, fu aperto alla Bnl. I numeri dell’operazione 600 milioni di euro dalle cooperative Il gruppo Unipol è quotato alla Borsa italiana dal 1986. Il suo capitale è per il 49,8% detenuto dal mercato e per il 50,2% dalla finanziaria Finsoe, la cui quota di maggioranza appartiene alla finanziaria Holmo i cui soci sono 36 cooperative, tra cui il colosso della grande distribuzione Coop Adriatica (1,7 miliardi di fatturato). Le cooperative socie di Holmo sosterranno la fetta più consistente dell?aumento di capitale da 2,6 miliardi di euro che Unipol lancerà e che vedrà il mondo cooperativo ?rosso? impegnato, complessivamente, per un importo di 600 milioni di euro. ha collaborato Francesco Agresti


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