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Longo: «Rette in rsa a totale carico dello Stato? Un dibattito irrealistico»

Continua a far discutere la sentenza della Corte d'Appello di Milano che ha imposto a una rsa la restituzione della quota alla figlia di una paziente con Alzheimer. Per Francesco Longo, professore alla Bocconi e grande esperto di sistemi sanitari l'ipotesi che la retta delle rsa per i malati di Alzheimer sia a totale carico del Ssn è del tutto irrealistica

di Sara De Carli

 «Di che cosa stiamo parlando? Tra sentenze che disegnano il mondo che vorremmo e norme realistiche, tende sempre a vincere la realtà. Poi se vogliamo ragionare con un pensiero infantilizzato, per cui a prevalere è l’irrealismo… facciamo pure. A mio giudizio però è una notizia inconsistente che genera un dibattito inconsistente, esattamente come quello sull’azzeramento delle liste d’attesa. È un classico argomento populista». Francesco Longo è professore associato del Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università Bocconi e direttore di Oasi – l’Osservatorio del Cerga Sda Bocconi sul settore sanitario e le sue aziende. In Italia, uno dei massimi esperti di gestione dei sistemi sanitari e della loro sostenibilità. Queste sono le parole con cui liquida il dibattito sollevato dalla recente sentenza della Corte d’Appello di Milano, che ha condannato una rsa a restituire alla famiglia le rette corrisposte per la quota relativa all’ospitalità, nel caso del ricovero di una donna con Alzheimer: il principio che sembra evidenziare tale decisione è che la retta della rsa di un malato di Alzheimer dovrebbe essere a totale carico del Ssn, senza compartecipazione ai costi da parte dell’utente o della sua famiglia, poiché costi sanitari e socio-sanitari sono indistinguibili. Già la Corte di Cassazione nel maggio 2023 aveva redatto una ordinanza su questa falsariga (la numero 13714/2023), mentre altri tribunali nel tempo hanno detto esattamente il contrario.

«Partiamo dallo scenario, che è importante», dice Longo. «Per legge la retta della rsa è al 50% a carico del Ssn e al 50% a carico della famiglia. Nella realtà però questa ripartizione oggi viene rispettato solo nelle regioni che hanno pochissimi posti letto in rsa. Quando invece i posti letto aumentano, la verità già oggi è che due terzi dei costi sono a carico della famiglia e un terzo del sistema sanitario. Anche gli incapienti, a cui dovrebbe pensare l’ente locale, ormai restano a casa perché i Comuni non ce la fanno. La verità quindi oggi in Italia è che le rsa sono un servizio per chi se lo può permettere, in media diciamo per chi può spendere almeno 24mila euro l’anno», spiega Longo.

Questi numeri «contribuiscono a spigare perché in Italia oggi in rsa si entra ad un’età sempre più avanzata, con una situazione sempre più complessa e si resta pochissimo, al massimo un anno. Le famiglie tengono gli anziani a casa finché possono e solo quando non ce la fanno più optano per la rsa, ovviamente se possono permetterselo economicamente. Questo è lo scenario. La rsa è diventata un servizio sociosanotario che ospita un lungo finevita». Non a caso il 70% degli anziani ospiti di rsa «ha l’Alzheimer o una demenza», aggiunge Longo.

Se la sentenza della Corte d’Appello milanese dovesse valere per tutti, cioè se davvero tutte la quota alberghiera della rsa dovrebbe essere interamente a carico del Ssn per tutte le persone con Alzheimer, «dovremmo passare dal pagare un terzo della quota a pagare il 100% della della quota per il 70% degli ospiti attuali delle rsa. Vuol dire trovare miliardi di euro l’anno». Un tema di sostenibilità quindi? «Non direi solo di sostenibilità, è proprio un altro pianeta, siamo completamente fuori scala. Peraltro immaginare un finanziamento così rilevante per un servizio e una fascia di bisogno così specifica implica, in un sistema a risorse finte, immaginare di rinunciare a qualcosa d’altro. A cosa? Io in sanità non vedo nulla a cui potremmo rinunciare e su cui disinvestire in favore della copertura dell’intera quota per le rsa. Si immagina di disinvestire sulla psichiatria oggi? È una questione di priorità».

L’11 marzo il Consiglio di Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che dà attuazione della Legge Delega 33/2023, “Deleghe al governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”: è così giunto al traguardo il percorso normativo avviato con l’introduzione della riforma dell’assistenza agli anziani nel Pnrr, nell’aprile 2021. La riforma per la non autosufficienza in teoria prevede una revisione della residenzialità per gli anziani non autosufficienti, che però al momento dà solo indicazioni generiche. Le risorse stanziate, in generale, sono molto al di sotto delle attese e del bisogno. Il professor Longo taglia corto: «La riforma della non autosufficienza? Non dice nulla, è una scatola vuota».

In foto, attività in una rsa di Fondazione Sacra Famiglia


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