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L’ombra dell’usura sulle imprese

Gli aiuti a medio e lungo termine potrebbero non bastare: le imprese e i lavoratori rischiano di finire nel tunnel. E la criminalità organizzata è pronta a “investire”

di Luca Cereda

«È quasi matematico: la gravissima carenza di liquidità, abbinata al calo dei consumi che la pandemia ha provocato, avrà come conseguenza l’apertura di grandi spazi di azione per l’usura e per le mafie che la controllano». Questo il pensiero di Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana e presidente di San Bernardino, una fondazione promossa dalle dieci diocesi lombarde che si occupa di prevenzione e contrasto al fenomeno dell’usura.
Il blocco delle attività economiche ha messo in difficoltà molte imprese e molti lavoratori che hanno perso il reddito. Dopo i primi aiuti o dopo aver usato i propri risparmi, la gente rischia concretamente, se non torva aiuti significativi e a lungo termine o accesso al credito legale, di affidarsi a quello illegale.

I dati economici della pandemia e i detentori del credito: legale e illegale
Il Fondo monetario internazionale (FIM) parla di questa crisi come mai nessun’altra prima, definendola «peggiore dalla Grande Recessione del 1929». A giugno sono state anche riviste al ribasso le stime della produzione stilate ad aprile: l’Italia, sarà 3,7 punti percentuali in meno rispetto al -9,1% delle previsione di aprile. Debito pubblico al 166,1% e deficit al 12,7%.
In Lombardia secondo la Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi il 60% delle imprese della ristorazione e del commercio sta affrontando difficoltà nell’accedere al credito per rilanciarsi e il 10% delle attività, ad oggi, risultano esposte all’usura e ai tentativi di acquisizione da parte di soggetti con legami di natura criminale o mafiosa. In Italia la criminalità organizzata, in Lombardia principalmente la ‘ndrangheta, ha molto denaro liquido. Ha bisogno di ripulirlo e per questo ha la necessità di inserirsi nel tessuto economico, ma anche amministrativo e sociale di un territorio. «Il tutto mentre la macchina degli aiuti e dei sostegni dallo Stato è lenta, a volte troppo, e l’onere dell’aiuto alle famiglie in difficoltà, anche con il credito, ricade sul Terzo settore», spiega Gualzetti.

La faccia “pulita” e quella sporca dell’usura

La pandemia permette alle organizzazioni criminali di impiantare radici stabili dove non e le ha, e di rafforzare la propria rete approfittando della mancanza di liquidità di famiglie e imprese a causa della crisi economica generata dal coronavirus. I centri d’ascolto della fondazione San Bernardino al momento non hanno registrato un incremento del numero di persone avviluppate nelle maglie dell’usura rispetto al pre-pandemia, ma «se non accade ora, questo succederà sicuramente a settembre», ritiene Gualzetti (nella foto).

Questa crisi vedrà le imprese e i lavoratori affrontare non solo l’onda corta, quella del lockdown, ma anche l’onda medio-lunga. Ci sono locali e aziende che non sono riusciti neppure con le riaperture di maggio e giugno a riassorbire il personale lasciato a casa. C’è una grande sete di denaro per poter andare avanti. «Per le imprese già in bilico questo è stato un colpo fatale e per non chiudere si prendono decisioni senza ritorno come quella di chiedere prestiti alla criminalità organizzata che ha una disponibilità illimitata», come illimitato è l’interesse ad entrare nei circuiti legali per avere una “facciata pulita”.

Cosa ci ha insegnato la crisi del 2008?

«Un grave, se non il principale, pericolo oggi è rappresentato dal fatto che un imprenditore su tre, dinanzi ai fenomeni di infiltrazione criminale e di usura, non sappia come comportarsi e a chi rivolgersi», spiega Gualzetti. Questo avviene nonostante ci sia già un precedente. Dopo la crisi finanziaria del 2008, un numero importante di imprenditori in cerca di liquidità si era affidato all’usura. «Questo reato è uno di quelli “tipici” della ‘ndrangheta in Lombardia ma soprattutto è il reato che mette in contatto il mafioso con l’imprenditore e che poi porta alla scalata della criminalità organizzata alle aziende».

Ma perché guardare oggi a quanto accaduto dopo la crisi del 2008? Un esempio: dall’operazione “Bad Boys”, condotta dalle forze dell’ordine e dalla magistratura a Lonate Pozzolo in provincia di Varese tra il 2009 e il 2011, emergeva come dopo quella crisi, fossero addirittura dei funzionari di banca a segnalare alla criminalità organizzata imprenditori con “l’acqua alla gola” e alla disperata ricerca di credito. L’obiettivo della ‘ndrangheta non era allora e non è oggi quello di arricchirsi con la pandemia, ma di ottenere attività “pulite” e usarle per il riciclaggio o come “cavalli di Troia” nel mercato legale.


Azioni e reazioni alle pratiche di usura

«Come San Bernardino stiamo sensibilizzando i territori, le amministrazioni e le dieci diocesi della Lombardia su cui la Fondazione agisce, sul rischio dell’usura. Bisognerà lavorare sia sull’ascolto delle situazioni a rischio, ma anche sul piano della consulenza a famiglie e aziende», spiega il presidente della Fondazione.
Già oggi, però, è necessario pensare ad un piano sociale, prima che economico, per assorbire tutte le situazioni di indebitamento ed evitare che le persone in difficoltà si rivolgano a usurai o alla criminalità organizzata. «Il Terzo settore e le amministrazioni devono lavorare su questo. Un elemento che agevolerà il lavoro sui territori è la commissione antiracket e antiusura istituita da Regione Lombardia».

Visto il momento storico che stiamo vivendo, è tornata in discussione la legge 3 del 2012 chiamata anche “legge antisuicidi”, più correttamente “dello sdebitamento”. «Questa norma va rafforzata ora che non si è ancora verificato il picco di situazioni di sovraindebitamento finite in usura, perché mette in condizione la persona fisica, e non solo l’impresa, di poter trovare strade che azzerino la posizione debitoria mediando tra debitore e creditore. Evitando anche i tanti suicidi portati dalla crisi del 2008», conclude Gualzetti

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