Il caso

Lombardia, palliative a rischio se il donatore si stanca

Uneba, la più grande associazione degli istituti sociosanitari non profit della Lombardia, denuncia il sotto-finanziamento delle cure senza dolore agli inguaribili. Quasi 50 euro fra quanto rimborsato dalla Regione e il costo quotidiano delle cure che solo i donatori degli hospice, pubblici o del Terzo settore, riescono a colmare. Finché questa generosità dura. E dire che il governatore Fontana voleva fare dei centri il fulcro dell'ospedalità territoriale

di Giampaolo Cerri

Si parla sempre più spesso del morire con dignità, del diritto di farlo senza dolore. Un dibattito che spesso si interseca con quello sull’eutanasia e sul suicidio assistito. E nel confronto a queste ultime soluzioni si oppone, con ragione, il diritto al pieno accesso alle cure palliative ossia a una presa in carico, meglio se domiciliare, che possa offrire sollievo agli inguaribili. Un diritto sancito anche dalla legge: la 38/2010.

Per questo si sono per fortuna moltiplicati gli hospice e dovrebbero crescere sempre di più le cure domiciliari, come quelle riservate ai pazienti oncologici di Fondazione Ant in molte regioni d’Italia.

Sugli hospice Riccardo Bonacina vi aveva segnalato, nei giorni scorsi, un bel libro di Emmanuel Exitu, uscito per Bompiani, Di che cosa è fatta la speranza, dedicato alla dottoressa inglese Cecely Saunder, che ispirò negli anni 60 il movimento delle cure palliative.

Oggi però arriva un allarme, documentato e circostanziato come quelli che l’Unione nazionale istituzioni e iniziative assistenza sociale – Uneba lancia: «Gli hospice sono in sofferenza per mancanza di fondi, così il sistema sociosanitario rischia di implodere». A dirlo è Luca Moroni, coordinatore regionale della Federazione Cure palliative e della Commissione Cure palliative della stessa Uneba che in Lombardia gestisce molte strutture dedicate agli inguaribili e che cure palliative spesso offre agli anziani che ospita nelle proprie strutture.  

Cure non adeguatamente rifinanziate

I numeri, spiega Moroni, parlano da soli: «Dal 2010 ad oggi la tariffa giornaliera identificata da Regione Lombardia per sostenere i costi del ricovero in hospice è stata incrementata di soli 16 euro, cioè del 6,2%, a fronte di un’inflazione del 34% (indicatori Istat). Si prospetta quindi un problema di sostenibilità nel breve-medio termine, anche perché molti dei fattori che compongono le spese sanitarie sono aumentati a un ritmo ancora più elevato del tasso di inflazione».

Gli hospice, spiegano in Uneba, costituiscono un tassello indispensabile del sistema sociosanitario regionale. «Se venisse meno il loro operato», sottolineano dall’Unione, «gli altri servizi ne risentirebbero pesantemente: ospedali, pronto soccorso, cure domiciliari e medicina generale sarebbero ulteriormente sottoposti a una pressione crescente senza per altro poter rispondere a bisogni che richiedono interventi specifici.

Luca Moroni

Chi paga per i fondi che mancano?

L’assistenza in hospice è gratuita, pazienti e famigliari non sono tenuti a pagare una retta poiché l’intero onere ricade sul Fondo sanitario nazionale e sulla generosità dei donatori. «La condizione di sofferenza e di fragilità che caratterizza gli utenti degli hospice è alla base della scelta che qualifica il nostro sistema», prosegue Moroni, «ma che mette in capo al decisore politico e alla pubblica amministrazione, a livello nazionale e regionale, la piena responsabilità di intervenire periodicamente per adeguare la remunerazione delle prestazioni in coerenza con l’aumento dei costi».

Il gap lombardo: 48,6 euro a carico di chi dona

Come sempre Uneba scegliere di dare in numeri con moltra trasperanza: «Oggi la tariffa definita da Regione Lombardia è di 280,6 euro al giorno», osservano «ma quanto costa in realtà una giornata in hospice? Per rispondere Moroni cita due studi promossi dal ministero della Salute. Il primo, del 2010, che rilevava già nel 2008 un costo medio per giornata di degenza di 297 euro, il secondo, affidato alla Federazione di Cure palliative, che identificava il costo medio in 328 euro».

«Attualizzando tali valutazioni ai costi odierni», riprende Moroni, «emerge che il costo medio effettivo della giornata di degenza in hospice è nettamente superiore alla tariffa riconosciuta dalle delibere regionali. Chi si fa carico oggi della differenza tra il costo e la tariffa regionale sono i cittadini che sostengono sia le realtà del Terzo Settore che gli hospice negli ospedali pubblici con le loro cospicue donazioni liberali. Con questo scenario non è più possibile assicurare sostenibilità, stabilità e la necessaria crescita del settore».

Fontana e De Gaulle

E dire che proprio il governatore lombardo, Attilio Fontana, intervenendo in novembre a un convegno Uneba in materia, aveva osservato che: «Le reti di cure palliative potrebbero essere una grande opportunità per creare quel collegamento ospedale – territorio offrendo, ad esempio, oltre le cure farmacologiche, un’assistenza tout court, anche di tipo sociale».

Vaste programme, ossia “vasto programma”, avrebbe detto il generale Charles De Gaulle: in attesa di attribuire ai centri di cure palliative tante (intelligenti) prerogative, si potrebbe cominciare a pagare loro la tariffa fino in fondo.

Lombardia: 820 posti letto
e 112 unità di cure domiciliari

A quasi 14 anni dalla già citata legge 38, in Lombardia sono disponibili 820 posti letto distribuiti in 75 hospice cui si aggiungono 112 unità di cure domiciliari. «Il trend in questi anni è stato positivo e la crescita importante, anche se queste cure restano ancora accessibili quasi solo ai malati di tumore e sono frequentemente attivate troppo tardi», dicono quelli di Uneba.

Scenari drammatici con l’invecchiamento

«Assicurare le cure palliative per i malati alla fine della vita e per i pazienti cronici complessi», conclude Moroni, «ancora di più in uno scenario in cui il fabbisogno aumenta in seguito all’invecchiamento progressivo della popolazione, costituisce un dovere etico e un traguardo di civiltà che il nostro Paese sta faticosamente raggiungendo, seppure in modo disomogeneo. Gli importanti risultati ottenuti in alcune regioni rischiano però di essere vanificati da una politica di riduzione della spesa poco lungimirante».

Foto in apertura Simone Fensore/Sintesi


Scegli la rivista
dell’innovazione sociale



Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione


17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.