Non profit

Lombardia, il Terzo settore è ripartito, ora deve “diventare grande”

Fondazione Cariplo ha presentato i risultati della prima rilevazione del progetto “Mille voci per comprendere” sullo stato di salute degli enti non profit. Secondo Gian Paolo Barbetta, coordinatore dell’Evaluation lab che ha condotto l’indagine, nel post pandemia emergono due punti chiave: affrontare la crisi energetica, che non sarà breve. Svoltare nella capacità di pianificazione strategica. La Fondazione sarà, come sempre, in campo

di Nicola Varcasia

Ogni voce è importante. Ma, per capire come va il coro, bisogna anche ascoltarle tutte insieme. Per questo, nel 2021, Fondazione Cariplo ha lanciato il progetto Mille voci per comprendere, un’indagine realizzata dall’Evaluation lab della Fondazione social venture Giordano dell’Amore per sondare lo stato di salute degli enti di Terzo settore. Al panel hanno aderito 1.135 realtà, 900 delle quali hanno risposto alla prima rilevazione dell’indagine che, grazie alla collaborazione con Istat, ha potuto estendere, attraverso una ponderazione statistica, i risultati ottenuti all’intero territorio di riferimento della Fondazione Cariplo, cioè la Lombardia e le zone di Novara e del Verbanese. Ne parliamo con Gian Paolo Barbetta, docente universitario e coordinatore dell’Evaluation lab della Fsvdga (nella foto in basso).

Perché avete condotto questa rilevazione?

L’obiettivo è stato quello di iniziare ad avere il polso congiunturale di ciò che sta succedendo nel Terzo settore, con difficoltà e punti di forza. Questo consentirà a Fondazione Cariplo di elaborare una visione più precisa dei bisogni e dei problemi emergenti, in modo da costruire strumenti erogativi, quali bandi e progetti, sempre più focalizzati sulle esigenze reali di chi opera sul campo.

Come utilizzerete questi dati?

Partire da questi approfondimenti ci permetterà di indagare, di volta in volta, anche su alcune questioni di carattere più strutturale e quindi di raccogliere informazioni che aiuteranno la Fondazione a costruire le proprie strategie di risposta ai bisogni.

Come stanno, dunque, le realtà non profit che lavorano nel vostro campo d’azione?

La lunga crisi Covid ha avuto un impatto significativo sul Terzo settore. Nel 2020 questo si è tradotto in un livello piuttosto elevato di organizzazioni in perdita e che hanno dovuto interrompere, o modificare radicalmente, le modalità attraverso cui erogavano i servizi, soprattutto in ambiti quali arte e cultura.

Come si è evoluta la situazione?

Qui emerge un primo elemento positivo: i dati più recenti ci permettono di dire che gli aiuti erogati, pubblici e privati, sono stati almeno in una certa misura efficaci. In particolare, hanno contribuito a contenere il numero di chiusure complessive degli enti. Con il 2021 si registra una ripresa complessiva anche riguardo alla diminuzione del numero di organizzazioni che sperimenta perdite.

Quali indicazioni si possono trarre dal terremoto di questi ultimi due anni?

L’aspetto più interessante è che, proprio come è accaduto per la società in generale, la crisi è stata un’occasione di ripensamento. Per molte organizzazioni, le enormi difficoltà sperimentate hanno aiutato a rivedere le modalità di erogazione dei propri servizi. La seconda parte della rilevazione ha infatti messo in evidenza punti di forza e debolezza della ripartenza, ad esempio rispetto alla transizione digitale e alla capacità di progettazione: sebbene questi due fattori siano stati messi sotto stress, in molti casi si sono trasformati in punti di forza delle organizzazioni.

Queste indicazioni toccano anche il piano della pianificazione strategica?

Da questo punto di vista restano delle difficoltà. Gli Enti si percepiscono più carenti rispetto alla visione di lungo periodo. Non manca, insomma, la capacità di gestire progetti, lavorare in partnership, stabilire collaborazioni con altri enti o con soggetti anche di altri settori non strettamente del proprio settore di attività. Soprattutto al di sopra di un certo livello dimensionale, la capacità di rilanciare professionalità al proprio interno dedicate alla scrittura dei progetti è una caratteristica che potremmo definire standard. Un po’ più problematico è lo sguardo sul lungo termine, se vogliamo sul che cosa si vuol fare da grandi.

Che cosa chiederete nella seconda rilevazione che partirà a gennaio?

Immaginiamo una parte continuativa sull’andamento degli enti riguardo a fatturato, costi, personale, utili e perdite, in modo da costruire una base dati permanente con indicatori e anticipatori. Approfondiremo poi la questione degli immobili e del costo di gestione: il forte innalzamento dell’energia continuerà infatti ad avere un impatto massiccio anche nel medio termine, non solo nell’immediato, in particolare per gli Enti con strutture di tipo residenziale. Vorremmo perciò capire meglio che cosa la Fondazione può fare non solo attraverso aiuti diretti per fronteggiare l’emergenza di una stagione, ma per provare a mettere in campo interventi più strutturali di contenimento dei costi che abbiano un effetto benefico anche dal punto di vista ambientale generale.

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