Non profit
L’odissea dei minatori
Ci vorranno mesi per salvare i 33 uomini sepolti vivi dal 5 agosto. E intanto la terra trema
di Redazione

Una notizia buona e una cattiva. Ieri notte è iniziato lo scavo del pozzo di 700 metri per tentare il salvataggio dei 33 minatori cileni intrappolati dal 5 agosto a causa di una frana nella miniera di oro e rame di San Josè, nel deserto di Atacama, che soltanto dopo 17 giorni hanno avuto un contatto con il mondo esterno. Ma oggi un piccolo terremoto (4,7 gradi Richter) nella zona ha ricordato a tutti quando sia precaria la situazione: un altro crollo nelle gallerie potrebbe diventare fatale.
Non ci voleva proprio anche un terremoto a complicare ancora di più la già complessa operazione di salvataggio. La lunga odissea dei minatori sepolti vivi, che solo dopo 17 giorni dall’incidente hanno avuto un contatto con l’esterno, ha commosso il mondo. Soprattutto da quando la televisione cilena ha diffuso le prime immagini filmate da una microcamera arrivata tramite una sonda fino alla “città sotterranea” dove i minatori cercano di sopravvivere. Le immagini hanno mostrato i minatori in buone condizioni: «Siamo molto organizzati», hanno spiegato, mostrando un angolo farmacia fornito di alcool, medicine, deodoranti e dentifricio in pasta. Attraverso tre sonde (La Palomas) larghe sette centimetri i soccorritori sono riusciti a far arrivare molte cose fino al rifugio. E da ieri i minatori possono ricevere anche pasti caldi.
Prigionieri fino a Natale
Le operazioni di recupero però potrebbero durare anche quattro mesi: “forse Natale”, dicevano ieri i tecnici che seguono la perforatrice. L’incubo per tutti è il rischio di crolli. Rischio che il terremoto di oggi ha aumentato ancor di più. La scavatrice Strata 950 australiana ha avviato la trivellazione lungo un fianco della miniera di San Josè, nel nord del Cile, a un chilometro dall’ingresso principale. Si procede lentamente al ritmo di 20 metri al giorno. In una prima fase sarà scavato un pozzo verticale di 15 metri di profondità, poi si procederà con la trivellazione del pozzo vero e proprio largo 33 centimetri che sarà poi allargato a 66 per permettere il passaggio di un minatore alla volta. Gli uomini saranno issati con una corda rigida, bendati e coperti per attutire il brusco passaggio con l’esterno. Ma c’è anche un Piano B, proposto dall’ingegner Walter Herrera, che ha proposto di allargare il passaggio realizzato per far arrivare una sonda fino ai minatori, usando una scavatrice dal diametro più grande. Uno scavo di questo tipo abbrevierebbe i tempi a circa due mesi. Dalla NAsa è rrivata una squadra di esperti (guidata da Michalel Duncan, direttore sanitario aggiunto del Centro spaziale Johnson di Houston, in Texas), composta da due medici, un ingegnere e uno psicologo. E mentre le famiglie dei minatori accusano la proprietà della miniera di aver ignorato le necessarie misure di sicurezza, la magistratura cilena ha ordinato il congelamento di 1,8 mld di dollari di asset della San Esteban in vista di futuri indennizzi.
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