Mi ha colpito l'uscita dei presidenti pisani di Croce Rossa Italiana, Misericordia e Pubbliche assistenze: hanno firmato una lettera aperta denunciando preoccupanti episodi di intolleranza contro i volontari. Dalla lettera diffusa alla stampa locale non si capisce che tipo di episodi e perché i volontari sarebbero sottoposti sia di persona sia sui social media a tali gesti. Ma il dato rilevante è che questa notizia non stupisce, anche se deve indignare: è il naturale evolversi della rimozione di filitri personali, sociali e culturali che larga parte della popolazione sta attuando nel dibattito pubblico. E l'arrivo anche in recinti sacri dell'odio.
Il fatto che questo odio colpisca anche chi gratuitamente e al servizio degli altri, in un sistema sociale in cui i servizi del volontariato sono sempre più importanti, è molto più grave di quello che si pensi. "Come rappresentanti delle Associazioni Pisane -scrivono i tre volontari Antonio Cerrai, Enrico Dini e Daniele Vannozzi-, aderenti ai movimenti nazionali di Croce Rossa Italiana, Misericordie e Pubbliche Assistenze, da sempre impegnati con i propri volontari per le nostre comunità, sentiamo la necessità, anche a seguito di recenti episodi di intolleranza verso i nostri volontari impegnati sia nel soccorso sanitario che nell’antincendio boschivo, di evidenziare che i volontari prestano la loro attività in maniera gratuita sottraendo tempo ed attenzioni alle loro famiglie con il solo scopo di essere al fianco dei cittadini più deboli e fragili e di preservare al meglio l’ambiente in cui viviamo". "Riteniamo -proseguono più avanti- che sia necessario ed importante che anche le Istituzioni si adoperino in tutti modi e nelle occasioni e sedi opportune, affinché si plachi questo clima di “ostilità” e di “violenza verbale” che ci coinvolge perfino durante lo svolgimento dei servizi/attività nonché a causa dell’uso improprio dei social network, con critiche ed offese gratuite, che alla lunga mettono a dura prova le motivazioni e lo spirito di servizio dei volontari".
Non è la prima volta che i volontari sono vittime di aggressioni per la loro scelta di aiutare qualcuno. Ricordiamo il blitz degli skinheads alla riunione del Comitato Como Senza Frontiere oppure nella mia città le uscite contro gli immigrati di alcuni volontari stessi della Croce Rossa stigmatizzate dal presidente locale. Solitamente è il giudizio su "quel qualcuno" che scatena tali aggressioni.
E' un clima sociale veramente brutto quello che stiamo vivendo ed è forse la prima volta nella storia italiana del dopoguerra che alcuni valori stanno diventando disvalori: aiutare il prossimo significa essere coglioni; essere aperti sulle posizioni dell'immigrazione è come minimo da buonisti; qualsiasi azione solidale nei confronti di chi ha bisogno diventa una colpa per il fatto di non andare a favore di qualcun'altro ancora più bisognoso, se non altro in virtù della sua origine etnica.
Credo che sia un processo culturale che se non bloccato in qualche modo diventerà irreversibile. E questo è un grande problema per il volontariato italiano perché rischia di inaridire il campo su cui coltiva da decenni, con buoni risultati, i valori della gratuità e della solidarietà. Certo che è un problema politico e parte rilevante di tale problema è rappresentato proprio dal fatto che i politici (non tutti) hanno capito che l'odio paga in termini di consenso. Ma non voglio parlare di questo, lo ha già fatto sapientemente Riccardo Bonacina ieri nel suo commento al profilo mediatico di Matteo Salvini.
Vorrei solo ricordare umilmente, ai miei amici che operano nel terzo settore e nel volontariato, che non deve essere abbassata la guardia; che purtroppo o per fortuna oggi abbiamo una responsabilità più ampia: non solo quella di fare, aiutare e farlo con un pensiero, ma anche e soprattutto quella di dimostrare che tutto ciò che viene fatto ha un valore immensamente grande, bello, utile e positivo. Temo che saremo sempre di più chiamati a questo lavoro e dobbiamo attrezzarci con strumenti comunicativi, educativi, pedagogici e culturali per fare in modo che il campo di intervento resti sempre fertile. Non facciamoci sfilare da sotto i piedi il prato verde su cui camminiamo, con i nostri umani inciampi, dai tempi in cui gli odiatori erano considerati come quello che erano: un problema da isolare.
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