E per tutte quelle volte che nella vita hai promesso a te stessa di strappare un biglietto di sola andata per la Papuasia, perché i tempi sono quel che sono, perché di chiacchiere se ne fanno tante e mai uno straccio di proposta, di prospettiva, di obiettivi chiari, determinati, perseguibili.
Sono nata negli anni ’60 e poco più, in una Italietta che a bordo di una Fiat 600 usciva dagli anni bui del dopoguerra e attraversava impavida il boom economico. Ho vissuto il piombo degli anni ’70 che rabbuiava il paese scardinando le certezze e paventando rivoluzioni che avrebbero trasformato il sistema. Anche io avrei voluto fare la rivoluzione, ma poi mi sono accontentata di bruciare un grembiule nel parco della scuola.
Il femminismo avanzava e mai avrebbe immaginato di dismettere gonnelloni e zatteroni per il più conveniente dress code delle Politiche di Genere. Erano gli anni della scomunica per chi votava sì al referendum per il divorzio e per l’aborto, ma eravamo troppo giovani per dire la nostra e l’impegno era roba da “grandi”.
Ho conosciuto le prime sconfitte d’amore di pari passo con la sconfitte delle idee e intanto gli yuppies rampanti prendevano il sopravvento anticipando il non senso che più tardi avrebbe segnato il sistema economico.
Sono arrivati gli anni ’90 con il qualunquismo di chi non ha più nulla da guadagnare né da perdere, scossi dai grandi delitti di mafia, da quelle bombe che sotto la polvere seppellivano i corpi dei “servitori dello Stato” (ma quale Stato?) e con essi la nostra coscienza. Erano anche gli anni di tangentopoli, al grido di “ W la seconda repubblica “ abbiamo bruciato sul rogo della Procura di Milano tutti gli eretici che avevano osato inquinare il sistema con mazzette e tangenti…peccato che fosse solo un gran polverone, di veramente pratico non se ne ricavò nulla se non la fama per qualche magistrato, un paio di morti suicidi e la scoperta dei processi fatti sui giornali e non nelle aule di tribuanle.
Il duemila è arrivato all’improvviso, carico di aspettative che andavano ben oltre l’Odissea nello spazio…abbiamo brindato sicuri che nulla più avrebbe potuto sconvolgerci, il terzo millennio era lì…ma ci buttarono giù due torri, una spicciolata di guerre sparse qua e là per il mondo e un mercato che s’è mangiato tutto, fagocitando il futuro tra le spire del successo a tutti i costi.
Siamo passati dal bianco e nero al colore, una rivoluzione e non solo in termini televisivi…un passaggio che ha segnato l’avvento della sfumatura, di una liquidità che rende mobile qualsiasi tentativo di definizione. Non esistono più i confini netti, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, non esistono più valori identificabili, tutto è negoziabile, contrattabile, tutto è contemporaneamente il contrario di tutto. Anche la politica diventa un contenitore indefinito ed il concetto di Idee è divenuto un vuoto a perdere.
E ora siamo qui, passiamo il tempo a dirci quel che siamo diventati, che contiamo solo per quel che lavoriamo e non per quel che siamo e cioè per il nostro vivere sociale, per l’apporto che ciascuno di noi può dare nell’ambito in cui vive.
Abbiamo relegato le relazioni a pratiche da manuale, abbiamo inventato i reality per soppiantare la realtà, abbiamo sdoganato l’assuefazione e infine lo abbiamo chiamato Welfare, perché ci hanno detto che se non sai le lingue non vai da nessuna parte…ma tant’è … e lo Stato Sociale naufraga sotto i cambiamenti che stiamo vivendo.
Avrei voluto andare, sì, tante volte…ma sono rimasta, lasciandomi trascinare dagli eventi, marcandone il passo laddove possibile… e così ho scoperto che si può cambiare vita senza bisogno di staccare un biglietto, anche aderendo semplicemente alla chiamata degli amici di Vita.it e aprendo qui la “succursale” del mio blog l’Oca Sapiens, per raccontarvi – esattamente cosa ancora non lo so- ma per aggiungere voce alle Voci sicuramente.
E sarà un bel viaggio, ne sono certa.
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