Quando una classe politica perde credibilità, quando uno Stato non ha la forza per chiedere esplicitamente un contributo ai propri cittadini, quando i cittadini sono così impoveriti da non vedere speranza nei frutti del lavoro … ecco che qualcuno al governo si ricorda di quella che Garibaldi (si, proprio Giuseppe, l’eroe dei due mondi) definì la tassa sull’ignoranza.
Non stiamo parlando dell’Italia. Questa volta tocca allo Zimbabwe subire gli effetti devastanti della diffusione incontrollata del gambling. Interessante questo articolo dove, sotto il piano della cronaca, si possono leggere in controluce le leve attraverso cui il gambling diventa strumento di potere e controllo. In un paese avanzato come l’Italia del terzo millennio è più difficile arrivare all’essenza del problema. In un paese come lo Zimbabwe di oggi o come l’Italia del 1800 è molto più semplice.
L’articolo descrive la situazione delle zone industriali di Harare, dove la crisi ha generato una massa di disoccupati, disperati e senza quel minimo di protezione sociale presente nei paesi più avanzati. Come in Italia, non è una storia di casinò, di magnati in Rolls-Royce. Non siamo a Monte Carlo. Le sale scommesse sono ovunque nei quartieri popolari, frequentate dai più poveri non dai più ricchi. La differenza rispetto all’Italia è che in Zimbabwe le slot machine costerebbero troppo e quindi le scommesse sono soprattutto sportive.
Il gambling diventa una alternativa al lavoro, incanala la disperazione dei disoccupati nell’illusione della vincita che può consentire di pagare le spese domestiche. “Both young and elderly unemployed say gambling is a way of making money” (“I disoccupati, giovani o vecchi che siano, affermano che le scommesse sono un modo per guadagnare soldi”). L’obiettivo non è capire come mai il lavoro è scomparso (la situazione sul mercato del lavoro è precipitata dopo la rielezione di Mugabe, nella scorsa estate), ma trovare i soldi per scommettere e sognare di cambiare la vita con un colpo di fortuna.
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