Non profit

Lo sterco di Torino contro il pane di Novara

di Paolo Massobrio

Un giorno magari scriveranno su un giornale, andranno in televisione o gestiranno un bar. Oggi invece scaricano letame dentro a un ristorante di Torino. Lo hanno fatto al Cambio, erano in sei e si sono dichiarati anarchici. Il giorno dopo, altri hanno fatto un volantinaggio davanti a Eataly, il tempio del gusto e delle cose buone, ed è bastato questo gesto – differente da quello della sera precedente – per toccare certe corde. Eppure se si scava nel passato di tanti che oggi hanno posti di responsabilità, si scopre magari la medesima irresponsabilità, vissuta in gioventù, che si depreca oggi. Che dire? La storia si ripete: l’imprudenza da una parte e la coscienza che arriva troppo tardi. Il simbolo del male oggi lo identificano col ristorante, senza pensare che dietro ci sono persone che ogni mattina sperano di non perdere il posto di lavoro. E questo vale per il Cambio di oggi come per i McDonald’s di ieri. È un po’ come quella battaglia tra poliziotti e contestatori che Pasolini commentava, giurando che fossero entrambi figli di una stessa condizione.
Detto questo voglio tirarmi su il morale con un’altra serata a Mezzomerico, che è un paese in provincia di Novara, non lontano da Malpensa. Anche qui ci sono dei giovani, che hanno preso in gestione un glorioso ristorante e propongono la loro cucina innovativa. Il posto si chiama Osteria Elena e nella carta dei vini troverete molte curiose novità, a cominciare dai vini dell’azienda Il Roccolo. Poi il pane fatto in casa, per accompagnare i salumi di Sillavengo (Salumificio Valsesia), ottimi, che una famiglia intera, i Bergamaschi, producono da sempre, attuando quella che oggi viene definita la filiera corta. Tra i piatti era buono il trancetto di dentice in camicia profumato allo zenzero con sformato di cavolo romano, piacevole il raviolo aperto di castagne con coniglio e cicoria su crema di mais. Per arrivare a questi risultati, il giovane chef ha girato il mondo; adesso è lì, coi suoi genitori, ad attendere il frutto del suo lavoro, che non è un delitto se ha a che fare con il gusto.


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