Non profit

Lo show mondiale e le regole tribali

L'editoriale di Riccardo Bonacina sulla situazione attuale in Italia.

di Riccardo Bonacina

Ma siamo sicuri che i deficit di coesione e d?identità nazionale si curino eccitando le più elementari pulsioni tribali e i sentimenti nazionalistici più retrò? Saranno i carri armati, i militari in parata, le Frecce tricolori, i gadget nazionalistici nei giornali di destra e sinistra, i cd e gli ipertesti per Mameli; sarà la decretata edizione in tricolore della Gazzetta Ufficiale a soccorrerci in quest?era sospesa tra la reale assenza di sovranità e la pretesa di esercitarla comunque? Ci riconosceremo nelle star televisive convenute al Quirinale il 2 giugno? Costruiremo il nostro sistema di valori sulla grammatica delle dirette tv? Serve a questo la nouvelle vague di una festa della Repubblica che quest?anno non ci ha dato scampo? Siamo dei sovversivi noi che abbiamo cercato scampo a quest?overdose di retorica in cui frustrazione e aggressività si sono alimentate a vicenda? Siamo in preda a un spleen psichiatrico quando cerchiamo scampo dal pensiero unico nazionalpopolare che ci intima, a ogni ora e minuto, di urlare «Italia banzai», oppure «Tutti-uniti-dietro-Totti-e-Vieri»? Cosa resterà dopo che il vertice Russia-Nato del 28 maggio a Pratica di Mare, la Festa della Repubblica del 2 giugno e il debutto azzurro ai Mondiali di calcio del 3 giugno hanno trasformato l?Italia in un immenso set televisivo che raduna bambini e anziani, umili e potenti? Che resterà dopo questa colata di plastica televisiva, di colori azzurrini e bianchi per set adibiti a reality show in mondovisione? Davvero rischiamo di diventare «cittadini di un Paese che non c?è». Mentre la realtà scorre su un piano inclinato in cui si gioca sempre più al ribasso, sui diritti, sui valori, sui doveri. Bisognerà stare attenti perché, come la recente storia insegna, molti nazionalismi e molti integralismi sorgono sulle ceneri di identità sperdute, di patrie depresse o represse, e sono alimentati da modelli astratti e calati dall?alto e da riduzionismi culturali progressivi. Un esempio? La nuova legge sull?immigrazione che si fonda su tre principi cardine che sviliscono e riducono uno sconvolgimento e un dramma di portata globale a poche regole tribali. La prima: l?extracomunitario è una minaccia da cui difendersi e da controllare. Da qui, le impronte digitali (e non solo nel caso in cui sia impossibile accertare altrimenti l?identità); la sottovalutazione del diritto all?asilo politico; più difficoltà ai ricongiungimenti familiari; più difficoltà a ottenere il permesso di soggiorno; l?introduzione del reato di clandestinità per gli espulsi che provano a rientrare. La seconda: l?extracomunitario ci è utile per tenere in piedi attività e lavori a basso costo che gli italiani non vogliono più fare. Da qui, l?assoluta e totale coincidenza tra il permesso di ingresso e di soggiorno e il contratto di lavoro, permesso che automaticamente decade quando il rapporto di lavoro si interrompe. Abolita la figura dello sponsor che garantiva un periodo di ingresso e di inserimento e, in caso di perdita del lavoro, un periodo per trovare un rimedio. Il terzo principio tribale: nessuna attenzione ai percorsi di integrazione ed enfatizzazione degli strumenti repressivi. Pericolosi rivoluzionari come Andreotti, le Nazione Unite, padre Mioli, responsabile dell?ufficio Cei per la pastorale degli immigrati, hanno parlato di «legge discriminatoria e che acuisce il conflitto sociale». Forza Italia, dunque?


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