Cultura

Lo scritto di Ratzinger su Galileo

Ecco cosa il cardinal Ratzinger disse proprio alla Sapienza, da cardinale nel 1989, su Galileo. Leggere per giudicare e, nel caso, obiettare ragionando

di Riccardo Bonacina

Scherzi del destino. Proprio alla Sapienza era stato tenuto il discorso con il passaggio dedicato a Galileo, lo si ricava (come nota il vaticanista Andrea Tornielli) da una nota dell?edizione tedesca del libro di Ratzinger (Wendezeit fuer Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Johannes Verlag, Einsiedeln/Freiburg 1991): «La prima versione di questo testo risale a una conferenza tenuta a Rieti il 16 dicembre 1989 ancora sotto la fresca impressione degli avvenimenti in Europa dell?Est come tentativo di una prima riflessione di quegli avvenimenti; la versione qui presentata servì come conferenza all?università romana della Sapienza il 15 febbraio 1990». A pagina 71 del libro c?è la citazione del filosofo (agnostico e libertario) Paul K. Feyerabend: l?allievo ribelle di Popper, l?anarchico del metodo scientifico, uno che nel 1964 era in cattedra a Berkeley e applaudiva la rivolta degli studenti libertari e antidogmatici. È citando lui che Joseph Ratzinger, il Papa, si è visto affibbiare dai professori della Sapienza di Roma l?etichetta di oscurantista. Tutta colpa di questa frase del filosofo austriaco: «All?epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Un discorso (leggete qui sotto uno dei passaggi), che, peraltro, rappresentava una critica alla religiosità irrazionale, alla religiosità che diventa «una droga» e conteneva un significativo elogio della ragione. Il testo del Cardinal Ratzinger del 1989 Nell?ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall?uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo. Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne ? già nel secolo successivo ? elevato a mito dell?illuminismo. Galileo appare come vittima di quell?oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l?Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l?avversario della libertà e della conoscenza. Dall?altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell?uomo dalle catene dell’ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell?oscuro Medioevo. Secondo Bloch, il sistema eliocentrico ? così come quello geocentrico ? si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l?affermazione dell?esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. (?) Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell?accaduto. Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae: «Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo. Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive: «La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4). Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica. Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?». Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. […] 

Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica”.


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